Frodi all'ombra della Ndrangheta ditta edile nei guai per fatture false

Mercoledì 3 Aprile 2019
L'INDAGINE
TREVISO C'è anche un'azienda edile, con sede alla prima periferia di Treviso, tra le dodici ditte coinvolte in una maxi-inchiesta della Guardia di Finanza di Soave (Verona) che ha scoperto un vero e proprio supermercato delle fatture false con sede a San Bonifacio. A capo dell'organizzazione, stando alle indagini coordinate dalla Procura scaligera, c'erano tre soggetti di origine calabrese che, già condannati in passato per analoghe condotte illecite, si sarebbero riorganizzati per commettere gli stessi reati. La frode fiscale ammonterebbe, secondo gli investigatori, a oltre 10 milioni di euro. Sono stati sequestrati 400mila euro (collocati in otto conti correnti bancari) e ventotto immobili tra case e terreni, per un valore complessivo che supera i due milioni e mezzo di euro. Le denunce riguardano venticinque cittadini ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata all'emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti e al riciclaggio e all'autoriciclaggio.
I TENTACOLI DELLA MALA
Gli utilizzatori delle fatture false sarebbero dodici aziende operanti nel settore dell'edilizia, della carpenteria metallica e della lavorazione pelli. Sei di queste sono di Verona, due di Vicenza, due di Crotone, una di Treviso e una di Venezia. E a fare da intermediari tra coloro che emettevano le fatture e chi le utilizzava ci sarebbero state anche persone affiliate alla famiglia ndranghetista Grande Aracri e già condannate nel processo Aemilia celebratosi a Bologna . Le fiamme gialle hanno portato alla luce come i responsabili delle aziende utilizzatrici delle fatture false, non appena appuravano, in sede di liquidazione periodica dell'Iva, di aver maturato un debito nei confronti dell'Erario, si rivolgevano al supermarket delle fatture false per annullare il debito con il Fisco attraverso l'emissione di fatture relative a operazioni fittizie. Così avrebbe fatto negli ultimi anni, per un valore di circa 100mila euro, anche la ditta trevigiana finita nell'inchiesta.
RICICLAGGIO
I responsabili dell'organizzazione criminale si occupavano anche del lavaggio del denaro movimentato a seguito dell'utilizzo delle fatture false. Il meccanismo prevedeva che le aziende utilizzatrici delle fatture inesistenti effettuavano, mediante bonifico bancario, il pagamento relativo all'importo riportato nella fattura fittizia e la società che aveva emesso tali fatture restituiva l'importo percepito, trattenendone una parte (circa il 20%) pari al compenso stabilito per la commissione dell'attività illecità. Ma prima di essere restituito, il denaro transitava per almeno due passaggi attraverso conti bancari e postali intestati a compiacenti e poi veniva prelevato in decine di bancomat. La ricostruzione di tutti i movimenti di denaro hanno permesso di individuare il complesso dei beni acquistati e le attività economiche in cui sono stati investiti i proventi illeciti, beni ora sequestrati dalle Fiamme Gialle, le quali hanno così recuperato a tassazione redditi per oltre otto milioni di euro e Iva dovuta di circa tre milioni di euro, nonché di determinare proventi illeciti riciclati pari a oltre 800mila euro.
Nicola Cendron
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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