«Non aver approvato lo ius soli? Assurdo». 80 anni il prossimo 28 novembre,

Lunedì 5 Febbraio 2018
«Non aver approvato lo ius soli? Assurdo». 80 anni il prossimo 28 novembre,
«Non aver approvato lo ius soli? Assurdo». 80 anni il prossimo 28 novembre, don Aldo Danieli non smette di essere in prima linea sul fronte dell'accoglienza, che nel tempo gli ha attirato non poche critiche. Ma racconta anche la sua nuova dimensione di ex parroco ormai in pensione, e guardandosi indietro spiega perché rifarebbe tutto quello che ha fatto, a cominciare dal farsi prete. Per trent'anni parroco di Paderno di Ponzano, è tornato a vivere nel suo appartamento di viale Luzzatti. Celebra la messa nelle case di riposo e dà una mano dove serve. Cristiano autentico, con il Vangelo come faro e i classici come compagni di un lungo viaggio.
Don Aldo, la legislatura si è conclusa senza che lo ius soli venisse approvato. Cosa ne pensa?
«Penso che sia assurdo che non sia stato portato a termine. È un tema che è stato spiegato malissimo: non è che se una donna viene a partorire qui il figlio è automaticamente italiano, ci dev'essere un percorso dietro, non capisco davvero cosa ci sia di strano ad approvare una legge di questo tipo. La politica purtroppo è una brutta bestia: devi dire male di un provvedimento solo perché non l'ha proposto il tuo schieramento. Io penso che i confini andrebbero tutti aboliti: avevano senso quando le distanze erano insuperabili, ma oggi le distanze non esistono più. Siamo tutti figli di questo pianeta: si va per pianeti, oggi, non per villaggi».
Lei è stato tra i primi ad accogliere i migranti, non senza attirarsi critiche. Come sta andando l'accoglienza nei comuni?
«Si discute tanto di un numero esiguo di persone entrate nel nostro Paese. Una volta eravamo in 40 milioni, oggi in 60, se dicessimo alla gente siamo in 61 nessuno ci farebbe caso. C'è molta suggestione su questo tema».
Andrà a votare il 4 marzo?
«Certo che andrò. Se ho le idee chiare? La politica, oggi, non si occupa di cercare il bene. Tutti vogliono fare i capi, non pensando alla gente, ma alla poltrona. I politici dovrebbero farli solo i veri missionari. Facendo voto di castità, povertà e obbedienza. Allora sì avremmo una vera politica di servizio».
Come vive da ex parroco?
«Dico messa tra gli anziani, do una mano in parrocchia a S. Maria del Rovere, ho sostituito per una settimana il prete del Sacro Cuore. E' una dimensione a cui mi sono adeguato facilmente. Curo solo l'aspetto pastorale, senza pensare alle mille altre incombenze di cui si deve occupare un parroco. Mi definisco un tassista di Dio: accompagno le persone fino alle porte del paradiso... »
A novembre compirà 80 anni.
«Sono sulla soglia, come dice San Paolo, ho corso la mia corsa. Sono nella fase più importante della corsa della vita, quella in cui si anela a tagliare il traguardo, la morte che per noi cristiani ha il significato di rinascere a vera vita. Siam vermi nati a formar l'angelica farfalla, scrive Dante».
La parrocchia del Sacro Cuore ha vissuto l'abbandono da parte dell'ex parroco. Che ha lasciato il sacerdozio. Come hanno vissuto i fedeli quella decisione? «Rispetto al passato, oggi la gente non si scandalizza più di decisioni di questo tipo. Un tempo un sacerdote spretato era una vergogna. Per la comunità e per la sua famiglia. Oggi la gente è più indifferente, ma ha anche il pregio di essere più rispettosa. Quando parlo con i parrocchiani del Sacro Cuore mi sento dire: L'importante è che trovi la sua strada, che sia felice. E questo mi sembra molto bello».
E' ancora sostenibile il celibato tra i sacerdoti?
«Un tempo ci impedivano il dialogo con l'altro sesso, maturare una scelta consapevole era complicato. Con il paraocchi la realtà la potevi scoprire solo poi. I giovani di oggi spesso hanno avuto una o più fidanzate, la decisione di farsi prete arriva dopo. Il celibato ha pregi e difetti: ti solleva dagli impegni di una famiglia, ti permette di dedicarti pienamente al sacerdozio. Per fare il prete oggi devi essere un missionario. Di contro, ti tarpa le ali in quella che dovrebbe essere un'immersione totale nella realtà. Io sono per la libertà di scelta, mettere imposizioni è sempre pericoloso».
Rifarebbe il sacerdote?
«Sì. Sono andato prete perché l'ho voluto a tutti i costi e contro tutti. Mia mamma era dalla mia parte, ma lei stessa mi ha voluto mettere alla prova. Dei 39 che siamo partiti, in seminario, quando facevamo la quinta elementare, siamo arrivati in due. Non è mai stata un'imposizione, avendo una casa mia e uno stipendio da insegnante, se avessi voluto avrei potuto smettere in qualsiasi momento».
Lei si muove poco in auto e molto in bicicletta.
«Quando i miei studenti mi chiedevano: Prof, perché viene in bicicletta anche quando fa freddo?, io rispondevo: Perché vi voglio bene. Non possiamo avvelenarci con l'inquinamento. Ora che sono anziano se piove o fa molto freddo prendo la macchina, ma sempre con rimorso e gratitudine. Mi dico: quanto sono fortunato a poter usare l'auto, a non bagnarmi o raffreddarmi, ma resto convinto che sia necessario ripensare tutto a livello mondiale. Se siamo in sette miliardi non possiamo andare tutti in auto».
Lina Paronetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci