IL PERCORSO
UDINE Continua a vivere a casa con i genitori e i fratelli minori

Domenica 8 Aprile 2018
IL PERCORSO
UDINE Continua a vivere a casa con i genitori e i fratelli minori e ad andare a scuola nello stesso istituto superiore che frequentava con profitto prima che la Polizia scoprisse che su internet e sui canali Telegram inneggiava alla Jihad e si mostrava come un sostenitore dell'Isis. Intorno al ragazzino, friulano di origini algerine, nato e cresciuto in Italia, accusato di aver compiuto attività di proselitismo a favore dell'Isis, si è stretto un cerchio di riservatezza per garantirne un percorso di recupero e deradicalizzazione.
PRIMO TENTATIVO
È il primo tentativo del genere in Italia. Dopo aver accertato il suo ruolo nella traduzione di diversi messaggi di propaganda dell'Isis pubblicati sul canale Telegram, la polizia e la procura dei minori di Trieste hanno avviato per lui un percorso di recupero. Per gli under 18 che finiscono nei guai con la giustizia l'attenzione principale è rivolta verso la rieducazione e il reinserimento sociale prima ancora che verso la condanna del comportamento scorretto. L'obiettivo è quello di scollegare il ragazzino dalla cyber jihad. Il percorso di recupero viene fissato dai Servizi sociali. Sono loro che stanno seguendo ora il giovane insieme a un team di psicologi ed esperti. Non è da escludere neppure che possa venire affiancato nel percorso anche da un imam che gli fornisca una visione più ampia dell'Islam.
MASTELLONI
«Il caso del minore jihadista, diffusore di messaggi pro Isis attraverso un canale Telegram da lui gestito, e la storia del suo percorso rieducativo, attestano il livello sofisticato di prevenzione raggiunto dalla nostra polizia di Stato, dalla Digos e dalla polizia postale», ha affermato il procuratore capo di Trieste Carlo Mastellloni. «Il difficilissimo lavoro risulta tessuto con rara intelligenza insieme con la procura per i minorenni di Trieste - ha aggiunto Mastelloni - i cui magistrati hanno impiegato strumenti idonei alla rieducazione, senza inficiare la formazione religiosa del ragazzo».
FAMIGLIA INTEGRATA
Arrivata in Italia tra fine anni '90 e inizio anni 2000, la famiglia del ragazzo è ben integrata nella comunità e non segue precetti islamici radicali. Il papà, che lavora e provvede al sostentamento della famiglia, e la mamma, casalinga, erano completamente all'oscuro di quanto faceva il figlio su internet e sui social, sfruttando le sue abili conoscenze informatiche. Completamente all'oscuro di tutto anche gli amici e i professori. Da quanto si è appreso, infatti, pare che il minore non avesse mai confidato a nessuno i propri orientamenti religiosi radicali. La scuola non è stata neppure informata della denuncia del giovane che, monitorato costantemente per quasi un anno dalla Polizia, ha vissuto sempre una vita apparentemente normale, identica a quella di tanti adolescenti suoi coetanei. La scuola non è stata informata della denuncia. I percorsi di recupero dei minori possono essere generalmente di due tipi: su base volontaria o disposti dal tribunale per i minorenni. «Se i genitori sono nel pieno dell'esercizio della responsabilità genitoriale e aderiscono al programma non è necessario l'intervento del tribunale per i minorenni spiega in linea di principio come normalmente avvengono i percorsi di recupero la presidente del tribunale per i Minorenni di Trieste, Carla Garlatti -. Il tribunale interviene solo quando i genitori presentano dei deficit o delle criticità nell'esercizio della responsabilità genitoriale. L'ottica è sempre nella tutela del minore».
I PRECEDENTI
Non è la prima volta che a Udine si riscontrano casi di estremizzazione islamica. Nell'agosto 2015 era stato espulso dall'Italia un cittadino kosovaro di 31 anni, artigiano impiegato nel settore edile, in Italia con un regolare permesso di soggiorno, rintracciato dalla Digos a Udine. Avrebbe voluto andare a combattere in Siria, ma non essendo riuscito a partire avrebbe cercato di fare proselitismo, per reclutare foreign fighters in Italia. Aveva vissuto a lungo a Udine anche l'imam algerino, guida del centro islamico di Schio, espulso sempre nel 2015 per motivi di ordine pubblico.
Elena Viotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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