La comunità: «Non frequentava la nostra moschea»

Domenica 8 Aprile 2018
La comunità: «Non frequentava la nostra moschea»
LE REAZIONI
UDINE «È un caso come altri che si sono verificati in Italia. La cosa che hanno in comune è che sono lupi solitari, lontanissimi dalla moschea. Nascono, crescono e lavorano sul web». Mohammed Hassani, portavoce del centro islamico Misericordia e solidarietà di via Marano, la più frequentata fra le tre moschee cittadine (vede un migliaio di fedeli in media per la preghiera del venerdì), commenta così la vicenda del ragazzino finito nei guai per dei messaggi pro Isis. «Non lo conosco e non è un ragazzo che frequenta la nostra moschea - premette Hassani -. Chiaramente, condanniamo il gesto, ogni italiano lo farebbe. Anche in questo come negli altri casi, il web è la palestra dei terroristi, come l'ha definita il ministro Minniti. E, come gli altri casi, anche questo è frutto del fallimento del sistema, mi riferisco alla società civile. La domanda a cui dobbiamo dare risposta adesso è come contrastare questo fenomeno».
VIA MARANO
Anche secondo Hassani, come secondo l'assessore Antonella Nonino, la strada è quella della prevenzione. «Voglio sottolineare il gran lavoro delle forze dell'ordine e della Polizia postale. Ma la prevenzione è compito soprattutto della società civile, ossia di associazioni, centri culturali e autorità. Se i ragazzi rispondono a questi appelli su internet è perché c'è un problema di identità». Hassani assicura che il centro si occupa molto dei suoi ragazzi: «Facciamo attività di educazione alla cittadinanza e di formazione». Ci sono progetti specifici per contrastare la radicalizzazione che nasce sul web? «Noi siamo disponibili a contribuire a qualsiasi progetto e qualsiasi attività. Crediamo fortemente nella prevenzione, che va fatta in modo completo, anche se non ho la ricetta magica». Ma Hassani lancia un appello preciso alle istituzioni: «Ci vuole un impegno molto più forte e continuo per la prevenzione. Facciamo squadra. Noi saremo i primi a scendere in campo». L'idea del jhadista - o presunto tale - della porta accanto non può non sconcertare. Che possa succedere proprio qui, nel tranquillo Friuli. «L'unica consolazione - dice Hassani - è che conosco tanti giovani musulmani perbene, che vogliono bene alla società e sono culturalmente sani». Per il ragazzino coinvolto nella vicenda, «le porte sono sempre aperte in moschea, come lo sono per tutti i musulmani. Tendiamo la mano anche a questo ragazzino: è un dovere, come nei confronti di tutti». Sconcerto anche nel centro di via della Rosta. «Non ne sapevo nulla», dice Shahdat Hossain.
VIA SAN ROCCO
Anche al centro islamico di via San Rocco, che al venerdì, per la preghiera, vede «un centinaio» di fedeli, il presidente di Al Salam Alessandro Spartà assicura che «non siamo a conoscenza di chi sia il ragazzo. Chissà cosa gli è passato per la testa. La notizia è stata un fulmine a ciel sereno». E in serata il portavoce Bouraoui Slatni, algerino, assicurava che «non conosco questo ragazzo. Ma vorrei parlare con la famiglia, che dovrebbe vigilare sul figlio. Io insegno e so quante volte la Polizia postale fa interventi di prevenzione sul cyberbullismo. Il padre potrebbe passare a dare un chiarimento in moschea. Ma potrebbe anche chiedere aiuto. Se ci chiederà aiuto, siamo disponibili. Per fortuna che questa cosa è stata scoperta in tempo. Vedremo se si tratta solo di una ragazzata o di qualcosa di più serio».
Camilla De Mori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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