«Albino Luciani un prete umile dal cuore fragile»

Sabato 25 Agosto 2018
LA TESTIMONIANZA
«Albino Luciani, un uomo dai segni semplici, un prete umile e fragile». Monsignor Ettore Fornezza definisce così Sua Santità Giovanni Paolo I a distanza di 40 anni dalla sua scomparsa. L'attuale delegato patriarcale di Torcello e San Michele a Venezia era da poco entrato in seminario quando conobbe l'allora Vescovo di Vittorio Veneto da Canale d'Agordo e fresco di nomina a Patriarca di Venezia. «Mi scambiò per l'autista e mi disse: Con me diventerai prete. E così fu. Mi scelse come suo aiutante personale e lo seguii fino alla partenza per il conclave di Roma che poi lo vide diventare Papa».
LA MALATTIA
Trentatré giorni di pontificato discussi, chiacchierati, su cui si è scritto e detto molto. Ma la verità, per monsignor Fornezza è semplice e limpida. «Papa Luciani già non stava bene a fine luglio. Quell'anno rinunciò al suo consueto soggiorno a Pietralba, sopra Bolzano, per passare un po' di giorni ospite dell'istituto Carlo Steeb al Lido di Venezia racconta Fornezza Diceva di avere dei formicolii alle punte dei piedi e delle mani e di sentirsi mancare un po' il respiro. Era un problema di circolazione e il medico gli consigliò di riposarsi all'istituto del Lido raccomandandogli di fare lunghe camminate al mattino sulla sabbia». Il Patriarca Luciani, dunque, già prima di andare a Roma, conosceva la sua patologia. «Papa Giovanni Paolo I non è morto per complotti o avvelenamenti, come si è insinuato per anni. Il suo è stato un arresto cardiaco, un infarto, provocato dalle sue già, purtroppo, fragili condizioni fisiche. Poteva succedere qualche settimana prima, quando era a Venezia. È accaduto a Roma, di notte, nel letto della sua stanza in Vaticano. Nessuna stranezza».
IL SALUTO A SAN MARCO
Il Patriarca Luciani lasciò Venezia ai primi di agosto. La sua ultima messa in Basilica San Marco la celebrò per commemorare Papa Paolo VI. «Vennero in molti a salutarlo, istituzioni, autorità. E qualcuno gli chiese per chi avrebbe votato. Estrasse dalla tasca un foglietto e sopra c'era un nome: cardinale Aloísio Leo Arlindo Lorscheider, un prete brasiliano, teologo di nuova generazione». Poi monsignor Fornezza andò a trovarlo anche a Roma e lo incontrò prima del conclave nel convento degli Agostiniani dove alloggiava. «Ricordo un episodio di quell'incontro: rovesciò sbadatamente il caffè per terra e corse a prendere uno straccio per asciugare e pulire. Lui era così, umile, sempre. Mi disse salutandomi: Vedrai che ci sbrighiamo presto che a Venezia ci sono tante cose da fare e la nuova stagione diocesana da programmare. Ma a Venezia non fece più ritorno». Il 26 agosto del 1978 Albino Luciani da Canale d'Agordo divenne Papa Giovanni Paolo I. E iniziò i suoi 33 giorni di pontificato.
IL PONTIFICATO
«Riuscii a rivederlo una sola volta nell'udienza del mercoledì. Avevo un compito: portargli la lettera del suo padre confessore francescano don Tiveron. Lui mi vide, ero vicino a sua nipote Pia. Gli consegnai la lettera e mi disse: presto avrò bisogno di te». La chiamata a Roma per monsignor Fornezza, però, non arrivò mai. «Solo dopo scoprii che aveva deciso per me un ruolo di direttore di una emittente televisiva che oggi potremmo paragonare a Sat 2000».
Un prete d'altri tempi diventato Papa e rimasto come quando faceva il parroco di Paese. «Un personaggio unico aggiunge Fornezza - come unico resterà quel periodo breve ma intenso del suo pontificato, la sua testimonianza di vita. Per me era Santo già quando era vivo. Aveva questo rapporto umile con la gente, avvicinava tutti, sorrideva a tutti. Un uomo dai segni semplici. Il prete di casa. Di famiglia anche una volta fatto Papa».
Monsignor Fornezza ripete ogni volta di sentire ancora forte la sua presenza. E lo ricorda soprattutto quando si trova a Ghisel di Cencenighe nell'Oasi Papa Luciani tra le Dolomiti: una serie di case di montagna recuperate grazie al lavoro di tanti volontari, amici e benefattori per dare ai giovani veneziani un posto dove pregare, stare insieme. «Lui ci teneva a questo progetto, perché il patronato a Venezia non bastava per togliere i ragazzi dalla strada e tenerli lontani dalle tentazioni. Oggi a 40 anni di distanza molti di loro ancora vengono a Ghisel e portano i loro figli. E Papa Luciani ne sarebbe felice. Anzi lo è sicuramente da lassù, dove ci protegge e ci guida».
Raffaele Rosa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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