Dashkova, dalla Russia con amore

Domenica 3 Marzo 2019
Dashkova, dalla Russia con amore
IL PERSONAGGIO
Non capita a tutte di essere omaggiate con due Canaletto, invece è quel che accade a Caterina Dashkova, quando viene in visita a Venezia, nel 1782. A farle il gentile presente è il marchese Pano Maruzzi, console russo nella Dominante, nonché uno dei personaggi che hanno caratterizzato la Venezia di quegli anni. La Dashkova è amica intima e consigliera di Caterina II, con l'imperatrice di tutte le Russie condivide il nome e anche una certa somiglianza fisica che, non per caso, veniva accentuata nei ritratti. A raccontare questa movimentata storia è Margherita Belgiojoso, giornalista che per oltre dieci anni ha vissuto a Mosca. È autrice del bel libro La dove s'inventano i sogni. Donne di Russia (Guanda, 19 euro) dove ha scritto le biografie di quindici donne russe, tra le quali Svetlana, la figlia di Stalin.
NEL CERCHIO DELLA ZARINA
Caterina Dashkova era un personaggio di grandissimo rilievo nella Russia di Caterina la Grande, era una delle poche ammesse nell'intimità della sovrana, con la quale poteva colloquiare a tu per tu durante la toeletta mattutina. Ha avuto una storia interessante e intensa, ma quel che ci interessa, in questa sede, è la sua visita a Venezia. La principessa intraprende una lunga peregrinazione per l'Europa, un Grand Tour, come si usava al tempo. Comincia da Edimburgo, dove studiava il figlio, e poi si sposta a sud. A Venezia dal 1768 è console russo il marchese Pano Maruzzi, di origine greca (la fede ortodossa univa russi e greci). Pano e suo fratello Simone, che a Venezia abitavano a Ca' Maruzzi Pellegrini, al ponte dei Greci, erano diventati proprietari, probabilmente per un'eredità in linea femminile, della villa dei Marcello di Levada di Piombino Dese, in provincia di Padova (oggi nuovamente della famiglia Marcello).
LA VILLA DI LEVADA
I fratelli Maruzzi per dimostrare la loro ricchezza fanno eseguire lavori grandiosi sulla villa: fanno erigere una nuova facciata su quella precedente cinquecentesca (quella odierna) e incaricano di affrescarla il pittore Giovanni Battista Crosato, allievo di Giambattista Tiepolo. Prima di tornare alla principessa Dashkova rimaniamo sulla villa perché ha pure questa una storia interessantissima: i marchesi Maruzzi rimangono consoli di Russia fino alla caduta della Serenissima e questo spiega perché l'ultima rampolla della famiglia, Alessandrina, nel 1827 sposi un nobile russo: Sergei Pavlovich Sumarokov, aiutante generale dello zar, generale dell'artiglieria, nonché reduce di molte guerre. La villa di Levada fa parte della dote e di conseguenza passa al conte Sumarokov. Questi, però, come talvolta accadeva in quei tempi, la perde al gioco: in quel di Costantinopoli e in una sola mano, la proprietà finisce a un ungherese, che la tradizione riporta esser stato il conte Helicay (ma si potrebbe trattare di una trascrizione errata).
TORNANO I MARCELLO
Comunque l'aristocratico magiaro non sa proprio che farsene di una villa tanto lontana e nel 1847 la vende a prezzo di saldo a Girolamo Marcello che in questo modo riunisce nuovamente la proprietà nelle mani della famiglia di origine. Comunque Pano Maruzzi mette a disposizione della principessa Dashkova il palazzo di Venezia. Lei spiega che aveva ricevuto da suo zio, il cancelliere Mihail Voroncov, un'importante decorazione, l'ordine di Sant'Anna, e per questo motivo aveva fatto decorare l'edificio con sculture e dipinti che rappresentavano il nastro e la stella, i simboli dell'ordine zarista. «Comunque devo perdonare la sua vanità», scrive Dashkova nelle memorie, «a motivo della sua generosità, alla quale devo i due Canaletto che mi ha regalato». Così, en passant, come niente fosse. Possibile che uno dei due quadri fosse L'arrivo dell'ambasciatore francese a Venezia, finito nella collezione di Caterina la Grande e da lì all'Ermitage di San Pietroburgo, dove tuttora si trova (ora è esposto alla mostra inaugurata recentemente a Palazzom Ducale ndr).
INTIMITÀ VENEZIANE
La principessa non aggiunge altro riguardo la sua visita veneziana, non dice, per esempio, se avesse incontrato il figlio di Caterina, lo zarevic (e futuro zar) Paolo e la moglie, che nel gennaio 1782 sono a Venezia in incognito (ma tutti sapevano chi fossero in realtà, però non potevano dirlo) e si facevano chiamare Conti del Nord. Da un lato, viste le sue intimità e ammirazione per la zarina, appare improbabile che taccia di averne visto il figlio e la nuora. Dall'altro, però, visto che ufficialmente non se ne doveva parlare, può essere che non li nomini per questo motivo. Di quella visita esiste una relazione a stampa, scritta da Giustiniana Rosenberg-Orsini Wynne, altro personaggio di primo piano di quegli anni. Figlia del console inglese Riccardo Wynne, moglie dell'ambasciatore cesareo (ovvero dell'impero asburgico) Philipp-Joseph Rosenberg-Orsini era anche stata l'amante di Andrea Memmo (il patrizio che realizzà l'isola Memmia, nel Prato della valle, a Padova) e, naturalmente, visti gli anni, di Giacomo Casanova. «Mi sembrò di ravvisare nella faccia della principessa una mescolanza di dignità e di soavità ben amalgamate», scrive Giustiniana che aggiunge: «Il Conte del Nord s'accosta alle persone con un'affabilità che va al cuore».
IMPERO E SERENISSIMA
Venezia al tempo costituisce forse la più importante rappresentanza diplomatica russa nella penisola italiana. Già nel 1748 lo zar Pietro III aveva tentato di stabilire relazioni ufficiali con la Serenissima, ma non aveva avuto successo. Vent'anni più tardi ci riesce invece Caterina II che nel 1767 manda in missione segreta il conte Grigorij Orlov, il suo favorito, con il compito di normalizzare i rapporti con gli stati italiani. Questi incontra i veneziani, i Savoia, i Medici e riesce a stabilire una serie di relazioni che, come visto, sfociano l'anno successivo nella nomina a console di Pano Maruzzi, anche se i rapporti ufficiali tra Serenissima e impero russo saranno stabiliti soltanto dal 1782. Dopo Venezia, la principessa Dashkova va a Pisa. Anche lì incontra il console russo che afferma essere un nobiluomo appartenente a un'altra celebre famiglia veneziana, Demetrio Mocenigo. In questo caso, però, qualcosa non torna: i Mocenigo si chiamavano tutti Alvise. Non era solo un vezzo, era previsto dai legati familiari, tanto che quando si ha a che fare con un Mocenigo è sempre difficile identificarlo con precisione (sarà Alvise III o Alvise IV?). Quindi Demetrio era un nome che non c'entrava nulla con la famiglia patrizia veneziana. Demetrio fa pensare a un greco, il che risponderebbe anche alla logica di assegnare la rappresentanza diplomatica russa a un ortodosso, quindi o si trattava di una famiglia greca che aveva assunto il cognome veneziano (possibile, basti pensare ai Barbarikos che ancora oggi popolano Corfù) oppure la principessa si è sbagliata nel riferirne il nome. Comunque i rapporti tra Venezia e San Pietroburgo, come si vede, era intensi e interessanti.
Alessandro Marzo Magno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci