Non tutti gli alberghi del mondo tengono nelle camere il Vangelo (o il Corano);

Sabato 6 Gennaio 2018
Non tutti gli alberghi del mondo tengono nelle camere il Vangelo (o il Corano); ma tutti hanno un televisore. E, giocando con lo zapping, è facile imbattersi, in qualche ora del giorno o della notte, a Londra come a Parigi o a Tokyo, in un telefilm di Poirot, o della signora Fletcher, o del tenente Colombo. Così come in qualsiasi aeroporto, anche il più scalcinato e deserto, troveremo in edicola i racconti di qualche giallista famoso. Dalle sue origini, nemmeno tanto lontane, la letteratura poliziesca ha conosciuto importanti evoluzioni, mai crisi. Le nuove mode si sono aggiunte a quelle tradizionali, ma non le hanno sostituite. E il numero complessivo di copie vendute è impressionante. Da sola, e limitandoci al mondo anglosassone, Agatha Christie sta insidiando i record di Shakespeare e della bibbia di King James. Perchè tanto successo?
Credo che le ragioni principali siano due. La prima, abbastanza banale, è quella che determina la fortuna di tutti i quiz: il lettore, o lo spettatore, si sente sfidato personalmente, e quindi partecipa al gioco come un protagonista. Il gusto di trovare la risposta esatta si salda con quello di individuare il colpevole omicida.
La seconda è più complessa, e credo risieda in quella che i francesi chiamano «la volupté de la peur sans le danger»: cioè il brivido di provar la paura sapendo che non si corre alcun pericolo. Se un assassino si aggira per il castello in una notte tempestosa, o elabora avvelenamenti in un tranquillo villaggio del Kent, l'inquietudine della sua minaccia è mitigata dalla rassicurante certezza della sua esistenza puramente virtuale. E' lo stesso principio per cui piacciono tanto le tragedie e in generale le storie di amori infelici: «Il film era bellissimo, ho pianto tanto!»
ABILITÀ
In realtà dietro questo genere letterario vi è un'abilità quasi prodigiosa, assistita spesso da una solida cultura: Edgar Allan Poe, il capostipite, è stato uno dei maggiori scrittori americani; S.S. Van Dine era un erudito critico d'arte; e di George Simenon, il terzo in lista vendite tra gli autori francesi dopo Verne e Dumas, oggi ci si rammarica per la mancata assegnazione del premio Nobel. Quanto al cinema, non c'è attore di teatro elisabettiano, da David Suchet al recente Kenneth Branagh, che non si sia cimentato, e con successo, nella regia di un giallo o nella interpretazione di un suo protagonista. Al compianto Peter Falk, Budapest ha di recente dedicato una statua. E benché Baker street, abbia ospitato, durante la II Guerra mondiale, la sede dei più micidiali agenti segreti, essa resta sempre famosa solo per la residenza di Sherlock Holmes.
La detective story si divide fondamentalmente in due categorie. La prima è quella dove vi è una vittima designata, quasi sempre odiosa, un delitto perfetto, quasi sempre complicato, e un colpevole finale, quasi sempre insospettabile. La seconda è la cosiddetta «inverted detective novel», in cui l'assassino si presenta subito nel preparare ed eseguire il crimine, mentre la suspence risiede nel procedimento con cui viene smascherato: come accade, appunto, nei telefilm del tenente Colombo. In entrambi i casi, vi è una continua sfida a tre: tra il buono e il cattivo si interpone, come terzo protagonista, il lettore o lo spettatore. Una formula magica che non a accenna tramontare.
FAMOSO
Il giallo nacque a metà ottocento, con il famoso racconto I delitti della rue Morgue di E.A Poe, e proseguì in popolarità con il geniale (e odioso) Sherlock Holmes, e le sue deduzioni elementari favorite dalla droga e ingentilite dal violino. Ma le regole del romanzo classico sono state dettate ottanta anni dopo da Willard Huntington Wright, in arte S.S. Van Dine, che negli anni Venti creò quel dandy erudito, annoiato e poliglotta di Philo Vance: per decenni, e ancora oggi, esse costituiscono una sorta di vangelo del delitto, e possono esser ricondotte a quattro principi. 1) Il lettore deve avere la stessa possibilità del poliziotto di risolvere il mistero, con gli stessi indizi che gli consentano di arrivare alla verità attraverso il ragionamento, senza sotterfugi, tracce ingannevoli o sensazionali colpi di scena. 2) Dev'esserci almeno un morto, e più il morto è morto meglio è: duecento pagine sarebbero troppe per una colpa minore dell'assassinio, e il dispendio di energia di entrambi, investigatore e lettore, dev'esser remunerato. 3) Il colpevole deve essere uno solo, con esclusione di società segrete e responsabilità collegiali. E' su di lui che alla fine deve cadere la nostra intera indignazione, tanto più amara quanto più la sua figura ci era diventata familiare. Alcune persone dovrebbero essere rigorosamente escluse da questa categoria: il maggiordomo, naturalmente, perché troppo banale. Ma anche il poliziotto e, naturalmente, il narratore. Agatha Christie sarà la prima a infrangere quest'ultimo comandamento in due capolavori di cui non diciamo il titolo, caso mai vi dovessero capitare sottomano. 4) Nel romanzo non dovrebbe esservi posto per storie d'amore, che distraggono l'attenzione e non c'entrano nulla con la trama: lo scopo è quello di condurre un criminale alla forca, e non due innamorati all'altare. A titolo personale, aggiungerei che anche il sesso e l'eccessiva violenza sono elementi perturbatori.
PASSIONI
E in effetti i grandi investigatori sono immuni da queste passioni plebee. Al massimo hanno una moglie, che comunque ( a parte Maigret) non compare mai.
Con questo viatico, seguito più o meno rigorosamente dai grandi maestri del brivido, l'individuazione del colpevole risulta in realtà facilitata: basta pensare al personaggio meno sospettabile, e quasi sempre si indovina. Ma proprio in questo risiede la genialità degli autori: illuderci di esser anche noi dei mezzi fenomeni del ragionamento deduttivo, e di poter gareggiare in abilità investigativa con i colossi dell'anticrimine, per quanto eccentrici come Poirot, improbabili come miss Marple, introversi come Nero Wolfe, insipidi come Ellery Queen o caserecci come Maigret.
Di questi e di altri proveremo qui a ricostruire la storia e i caratteri, che il cinema, il teatro e la televisione ci hanno peraltro resi familiari, attraverso interpretazioni magistrali spesso assistite, soprattutto nelle produzioni inglesi, da un'ambientazione accurata e incantevole, degna della fantasia degli assassini e della genialità dei loro delitti. I quali, a differenza del brutale grigiore del crimine ordinario, brillano per varietà e inventiva, e ci fanno sognare, come tutti ammettiamo di aver fatto almeno una volta nella vita, sul modo di sbarazzarci di una persona molesta, con ottime probabilità di uscirne impuniti. A meno che, s'intende, non abbiamo la sventura di imbatterci nei baffi di Hercule Poirot o nello sgualcito impermeabile del tenente Colombo.
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