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(...) Ma è una spiegazione che non spiega: pare

Lunedì 2 Luglio 2018
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(...) Ma è una spiegazione che non spiega: pare poco razionale far cadere un governo nazionale per rischiare di perdere la maggioranza assoluta in un governo regionale. Un'altra spiegazione è ancor meno convincente: che, come un nube tossica, si sia sprigionata unonda nera che avrebbe spostato all'estrema destra Seehofer e la Csu. Un partito sempre molto conservatore, nel solco però della democrazia sociale cattolica, che aveva persino resistito, nei limiti del possibile, al maglio del nazismo. Un partito di borghesia e di popolo, la Csu, che gestisce anche alcune banche, in una delle regioni più ricche della Germania, improvvisamente diventato un covo di populisti e di naziskin? Suvvia. Chi si accontenta di queste spiegazioni temiamo non abbia capito che siamo entrati in una nuova fase, per certi aspetti in un nuovo mondo: la Csu invece sembra averlo inteso prima di altri. Questo nuovo mondo richiede, di fronte, non alla emergenza, ma al carattere strutturale e di lunga durata della questione migratoria, una politica di rigido controllo delle frontiere esterne. Non potendoci arrivare per insipienza della Ue, la Csu vuole tutelarsi nel controllo più severo delle frontiere interne. L'incidenza dell'immigrazione non è, poi, solo numerica. L'immigrazione, al di là delle conseguenze sociali ed economiche che comporta, produce anche un forte choc culturale: sulla identità di una nazione e del suo tessuto religioso. E la Baviera cattolica è quella che, più di altre regioni, ha sempre cercato di coniugare modernità, sviluppo economico e difesa della tradizione. Un equilibrio che ora rischia di essere minacciato dal costituirsi di società multiculturalista, che i cristiano-sociali, legittimamente, ritengono pericolosa. La seconda ragione dell'irrigidimento della Csu va collocata nel più generale panorama politico tedesco: la Merkel si è spostata progressivamente a sinistra, anche sui temi identitari, facendo crescere un malumore pure nell'ala conservatrice del suo partito, non molto dispiaciuta della ribellione di Seehofer. Soprattutto il centrismo merkeliano ha fatto defluire gli elettori democristiani verso l'Afd: se, come i sondaggi prevedono, nelle elezioni nazionali questa superasse l'Spd, seguirebbe il blocco totale del sistema politico e il rischio di una crisi di sistema. Qualcosa che ai tedeschi, soprattutto a quelli della generazione del quasi settantenne Seehofer rimanda ad atroci ricordi, sia pure uditi dai padri. È diffusa poi la sensazione, in Seehofer ma anche in molti esponenti della Cdu, che Merkel abbia perso il suo tocco: che non sia più in grado di dirigere il paese di fronte a un Trump che ha messo nel mirino la Germania e alla crescita dei movimenti euroscettici e nazionalisti. Insomma di fronte a un mondo nuovo. La Csu non guarda infatti tanto e solo alle elezioni locali: ma soprattutto a quelle europee del prossimo anno, in cui la crisi del Ppe e quella ancora più radicale del Pse potrebbero segnare davvero il crollo della governance della Ue. Il problema è che Seehofer e la Csu non hanno, almeno per ora, un disegno veramente alternativo: quello che li muove è la forza di una disperazione, razionale, ma pur sempre disperazione. Per cui il disastro che vogliono evitare potrebbe essere favorito proprio dalla loro azione: mandare in pensione Merkel.
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