Torno in Russia, invitato ancora una volta da Vyacheleslav Volodin, presidente della

Domenica 3 Giugno 2018
Torno in Russia, invitato ancora una volta da Vyacheleslav Volodin, presidente della Duma, il parlamento della Federazione Russa, per partecipare come oratore al primo Forum Internazionale fra parlamentari, che riunisce politici, ricercatori, esperti e politologi, da ogni parte del mondo nella costruzione di un'agenda comune e condivisa tra le diverse assemblee legislative. I temi trattati saranno quelli dello sviluppo economico e sociale, dell'immigrazione illegale, della sicurezza e della lotta al terrorismo, della libertà di stampa, della trasformazione digitale. Il fatto che il presidente della Duma mi abbia invitato è un segnale chiaro di stima che mi spinge ad approfondire il dialogo con la Russia, tenere aperte le relazioni con una nazione con la quale, ufficialmente, l'Unione Europea, e di conseguenza lo stato italiano, sono in rotta di collisione. Le sanzioni hanno penalizzato fortemente l'economia veneta oltre a quella lombarda ed emiliana con il crollo dell'export e la sostituzione nel mercato russo delle nostre merci con quelle di Paesi concorrenti: le esportazioni italiane sono scese a un valore di poco inferiore agli 8 miliardi di euro nel 2017, circa 3 miliardi in meno rispetto al 2013, l'anno precedente all'introduzione delle sanzioni che decise dall'Occidente per la guerra in Ucraina nei confronti della Russia che ha fatto scattare l'embargo. Un embargo in verità non rispettato da tutti: è noto, per altro, che Paesi membri dell'Unione, hanno aggirato i meccanismi delle sanzioni e forse non è un caso se Polonia, Austria e anche i Paesi Bassi ci hanno sopravanzato nelle classifiche dell'export verso la Russia. Anche società tedesche sono riuscite ad aggirare le sanzioni: ufficialmente Berlino è più che rigida nelle politiche di chiusura verso Mosca, ma poi, pragmaticamente, chiude un occhio davanti alle triangolazioni delle sue società che ufficialmente rispettano il blocco ma esportando verso un paese extra Ue e da questo poi verso la Russia continuano a fare affari. Ma non solo: molte società anziché esportare prodotti hanno delocalizzato le produzioni, insediando nuovi stabilimenti e non è casuale se la prima investitrice straniera in Russia sia la francese Auchan e, come seconda, la tedesca Metro: la grande distribuzione come veicolo del prodotto realizzato in loco, ma anche come apripista per le produzioni made in France e in Deutschland. Andare in Russia adesso significa tentare di tenere aperte anche queste nicchie di mercato che oggi sembrano perse. Tenere aperta la strada del dialogo è una necessità. E di questo parlerò a Mosca, invitando tutti i presenti a tener sempre conto, nel rapporto con le assemblee legislative, delle diverse culture, sensibilità, tradizioni ed esigenze dei singoli popoli. Sbaglieremmo come Occidentali se continueremo a porci nei confronti dell'universo russo con la mentalità Occidentale nella convinzione di una nostra presunta superiorità: non faremo altro che moltiplicare gli ostacoli e urteremo la sensibilità di una nazione che sta costruendo una propria via verso il benessere. E come Veneti in questa nuova via dobbiamo impiantare laddove possibile la bandiera di San Marco. Come ha fatto, per secoli, la Repubblica di Venezia.
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