Moschea, il presidente degli islamici si difende: "Nessuna truffa"

Bergamo: la versione di Imad El Joulani, accusato di aver ingannato la fondazione Qatar Charity

Imad El Joulani, sotto processo per truffa

Imad El Joulani, sotto processo per truffa

Bergamo, 28 novembre 2018 - "Non c'è stata nessuna truffa». Lo ha affermato con decisione ieri, rispondendo alle domande del pm Carmen Pugliese, Imad El Joulani, 58 anni, il cardiologo giordano già presidente del centro culturale islamico di Bergamo, quello di via Cenisio, e ora presidente della Comunità islamica bergamasca (Cib), a processo davanti al giudice Bianca Maria Bianchi per truffa aggravata: secondo le contestazioni, nel giugno 2015, dopo aver ottenuto, a nome del predetto Centro, una donazione di 4 milioni e 980mila euro dalla Qatar Charity Foundation (si occupa di finanziare la realizzazione di moschee in tutto il mondo), prospettando falsamente la costruzione di un nuovo centro islamico in via Baioni, costituiva l’associazione Comunità islamica di Bergamo e procedeva all’acquisto di un terreno e di un capannone in via San Fermo, utilizzando le somme di denaro nel frattempo erogate dalla Charity Foundation, per tramite di Ucoii (Unione comunià islamiche d’Italia).

Per oltre quattro ore, El Joulani ha respinto tutte le accuse, ribattendo punto su punto alle contestazioni del pm Pugliese. «Nell’ottobre 2014 - ha ricordato il medico giordano - quando sfumò il progetto di via Baioni, i rappresentanti della Charity Foundation e dell’Ucoii erano contenti di quello di via San Fermo da me prospettato. Vennero anche a Bergamo a vederlo. Poi a dicembre ricevetti una mail in cui un rappresentante mi prospettava di intestarlo all’associazione che stava per costituire: voleva allargare il progetto e arrivare a prendere un finanziamento di 15 milioni di euro. Io dissi di no, già avevo impiegato 7 mesi per avere tutta la documentazione per quello di via San Fermo. Allora iniziarono a fare pressioni su Mohamed Saleh (attuale presidente del Centro culturale islamico di via Cenisio, parte civile al processo, che con a sua denuncia diede il via all’intera inchiesta, ndr), affinchè mi denunciasse per truffa. Voglio ribadire che nulla vietava, qualora fosse tramontato il progetto di via Baioni, la realizzazione di una moschea in un altro sito. Su questo erano tutti d’accordo».