Reporter ucciso in guerra, ora la verità: "Andremo fino in fondo, come avrebbe fatto lui"

Al via il processo al soldato ucraino per l’omicidio del reporter di Pavia. La battaglia dei genitori del fotoreporter Andrea Rocchelli

Andrea Rocchelli aveva 30 anni

Andrea Rocchelli aveva 30 anni

Il processo per la morte del fotoreporter Andrea «Andy» Rocchelli si è aperto ieri mattina davanti alla Corte d’Assise di Pavia. Imputato con l’accusa di omicidio volontario, il soldato della Guardia nazionale ucraina Vitaliy Markiv, ventinove anni. Rocchelli fu ucciso a trent’anni il 24 maggio 2014, in Ucraina a Slovjansk, nella regione di Donetsk, dove si trovava per documentare gli scontri della guerra civile. Con lui morì anche il giornalista russo Andrei Mironov e fu ferito il reporter francese William Roguelon. Proprio la testimonianza di quest’ultimo è stata cruciale per ricostruire i fatti. Markiv era stato arrestato l’anno scorso mentre si trovava in Italia per andare a trovare la madre. Rinviato a giudizio a maggio, ha scelto il rito ordinario e quindi ora sta affrontando il dibattimento di persona davanti alla Corte d’Assise. All’udienza di ieri – tra il pubblico c’erano anche alcuni cittadini ucraini con camicie tradizionali e una bandiera del loro Paese – la Corte ha accolto le costituzioni di parte civile dei genitori, della sorella e della compagna di Rocchelli, della Federazione nazionale stampa italiana e dell’Associazione lombarda dei giornalisti, oltre che di Cesura lab, l’associazione di fotografi indipendenti di cui Rocchelli era co-fondatore. È stata avanzata la richiesta di citare come responsabile civile lo Stato Ucraino nella persona dell’ambasciatore pro tempore in Italia, la Corte si è riservata di decidere. L’udienza è stata rinviata al 14 settembre per iniziare a sentire i testimoni.

Pavia, 7 luglio 2018 - La verità. È quello che cercava Andrea Rocchelli sul campo di battaglia in Ucraina. Ed è la stessa cosa che ora vogliono i suoi genitori. Papà Rino e mamma Elisa Signori. Insieme alla loro figlia Lucia, al termine della prima udienza del processo a carico di Vitaliy Markiv, accusato dell’omicidio volontario del fotoreporter pavese, lo hanno ribadito a gran voce: «Lui andava fino in fondo e così faremo noi. Noi ci aspettiamo che arrivi la verità, i giudici decideranno cosa fare ma a noi interessa sapere cos’è successo, quali sono le responsabilità». «Sono lieta che sia stata accettata la costituzione di parte civile della sua associazione, è un messaggio importante», l’orgoglio della mamma riferendosi a Cesura Lab. Ed è stato «importante anche accogliere quelle di Fnsi e Associazione lombarda dei giornalisti, è un riconoscimento del diritto all’informazione e della libertà di costruire un’informazione serena». Testimone chiave del processo sarà William Roguelon, il reporter francese rimasto ferito nello stesso agguato, che sarà chiamato dall’accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Andrea Zanoncelli, dal procuratore aggiunto Mario Venditti e dal procuratore capo Giorgio Reposo. I Rocchelli hanno «parlato molte volte con William. Era lì, è la persona più importante». In aula la famiglia della vittima ha potuto vedere anche Markiv: «È molto provato dalla detenzione, si dichiara innocente – ha spiegato l’avvocato del soldato ucraino, Raffaele Della Valle–. Vorremmo ricordare il contesto in cui si è svolta la vicenda. C’era la guerra. Nella mia carriera non ho mai visto il processo a un soldato identificato tra tanti presenti in battaglia come responsabile di omicidio volontario di civili». E annuncia: «Non presenterò eccezioni iniziali: vogliamo fare il processo, che è delicato, con possibili ricadute politiche». All'udienza era presente una delegazione di cittadini ucraini, in abiti tradizionali. Uno di loro ha portato in aula la bandiera del proprio Paese, i carabinieri sono intervenuti per chiedergli di lasciarla fuori. C’erano anche i genitori di Markiv, che hanno preferito non rilasciare dichiarazioni. Per le associazioni dei giornalisti, assistite da Giuliano Pisapia, erano presenti Giuseppe Giulietti, Paolo Perucchini e Anna De Feo, la quale ha annunciato che porterà all’attenzione della Federazione europea dei giornalisti la vicenda. Giulietti ha spiegato: «Con quanto accaduto è stato ferito e ammazzato anche l’articolo 21 della Costituzione. Non c’è desiderio di vendetta, ma di verità».