Le attese del Nord

In quella che sembra una corsa del governo verso la moltiplicazione di nemici interni ed esterni si avvicina la scadenza della presentazione dei decreti sull’autonomia delle Regioni dallo Stato centrale

Milano, 10 febbraio 2019 - In quella che sembra una corsa del governo verso la moltiplicazione di nemici interni ed esterni si avvicina la scadenza della presentazione dei decreti sull’autonomia delle Regioni dallo Stato centrale. Al di là dei contenuti di quegli atti legislativi rimangono fortissime incognite sulla capacità di Lega e Movimento 5 Stelle di trovare una sintesi anche su questo tema, considerate le posizioni di partenza molto distanti. I governatori delle Regioni del Nord, anche l’Emilia Romagna governata da Stefano Bonaccini (Pd), premono per il riconoscimento di più ampie competenze in materie cruciali per il governo del territorio e delle comunità. In particolare i due presidenti di Lombardia e Veneto, entrambi leghisti, spingono sull’acceleratore affinché queste loro richieste vengano soddisfatte quanto prima. Alle loro dichiarazioni si sommano quelle di autorevoli esponenti del Carroccio, in particolare quelle del sottosegretario Giancarlo Giorgetti, che addirittura si spinge a mettere in discussione la tenuta stessa dell’esecutivo in carica. 

Non solo. Giorgetti paventa addirittura la crisi di governo, qualora l’autonomia venisse frenata dalle resistenze pentastellate, legate al forte radicamento dell’elettorato grillino nelle regioni del Sud. Le prese di posizione ufficiali dei grillini sul tema oscillano tra la prudenza, la freddezza e la contrarietà. In molti ambienti vicini alla presidenza del Consiglio e quindi all’ala pentastellata del governo si agita lo spauracchio della cosiddetta «secessione dei ricchi». E cioè di un’autonomia che le regioni del Nord conquisterebbero a scapito di quelle meridionali, destinate secondo loro a impoverirsi ancora di più. Dunque l’equilibrio dei rapporti fra Lega e 5 Stelle appare appeso al filo della definizione dei contenuti dell’autonomia regionale, già votata dai cittadini lombardi e veneti nel referendum dell’ottobre 2017.I leghisti sono certamente più sensibili al tema, ritenuto uno snodo fondamentale per l’affermazione dei principi di autogoverno e responsabilizzazione delle singole comunità territoriali. Il principio di gestirsi all’interno la maggior quantità di risorse possibile senza doversi rapportare per ogni decisione al governo nazionale rappresenta la frontiera verso cui tendono le aspirazioni degli amministratori locali del Carroccio, e di questo Matteo Salvini non può non tenere conto. Se nel braccio di ferro continuo con i 5 Stelle la Lega riuscirà a spuntarla sul tema dell’autonomia, potrà consolidare il suo rapporto con i ceti più produttivi delle regioni settentrionali e accreditarsi come loro principale interlocutore. Se al contrario le spinte centralistiche molto forti fra i grillini dovessero frenare il disegno autonomista, non è da escludere che si formino nuovi raggruppamenti politici attenti a interpretare le istanze autonomiste dei territori. sandro.neri@ilgiorno.net