Pacifico: "Il mio bellissimo viaggio... da fermo"

Il nuovo album “Bastasse il cielo” fra intimità e iCloud

Luigi 'Gino' De Crescenzo, in arte Pacifico, nella redazione de Il Giorno

Luigi 'Gino' De Crescenzo, in arte Pacifico, nella redazione de Il Giorno

Milano, 12 marzo 2019 - Le parole, prima di avere un significato, hanno un peso, un odore, un sapore, un suono che Pacifico cattura, con la complicità di grandi musicisti internazionali, tra le nuances di quel “Bastasse il cielo” presentato in redazione al Giorno prima di parlarne poi con Francesco Bianconi dei Baustelle nel corso di un incontro pubblico in Galleria. «Ho scoperto tardivamente di saper scrivere testi», spiega il cantautore milanese di origini partenopee, all’anagrafe Luigi “Gino” De Crescenzo, in concerto il 5 aprile al Santeria Social Club. «E col tempo ho cercato di dare alle mie canzoni un equilibrio maggiore, seguendo l’esempio di cantautori enormi come Dalla, Fossati e tanti altri ancora. Il modo che ho trovato è stato quello di avere tanti musicisti; questi dieci nuovi brani sono nati nel mio studiolo, ma poi ho voluto condividerli il più possibile per evitare il gioco di specchi in cui chi fa il mio mestiere rischia a volte di rimanere imprigionato».

L’ha definito «un bellissimo viaggio da fermo» perché l’album è nato a Parigi, al Pippapà Studio, la sala di registrazione che s’è ricavato in casa, ma poi tutto il resto è arrivato dalle provenienze più disparate.

«Sì. ‘Pippapà’ è il modo in cui il mio piccolo chiamava, indicandomi, il momento in cui mi congedavo da lui per andare a lavorare. Le canzoni sono nate in casa, ma poi, grazie all’opera del produttore Alberto Fabris, collaboratore storico di Ludovico Einaudi, sono state affidate a musicisti sparpagliati ai quattro angoli del pianeta».

Artisti di gran caratura come il trombettista Michael Leonhart (Steely Dan, Bruno Mars), il vibrafonista degli Steps Ahead Mike Mainieri o il tastierista dei Dire Straits Alan Clark.

«Grazie ad iCloud mi ritornavano queste cose straordinarie al di là delle più alte aspettative. Tutto missato nei Real World Studios di Peter Gabriel a Bath».

Com’è Parigi?

«È una città dura. Ma anche un sogno, che rafforza quella mia idea secondo cui nei posti più disordinati spesso c’è anche più libertà che altrove. Perché ci sono sì tante regole, ma pure tante eccezioni. L’effetto è che ora, quando torno, Milano mi sembra una città quieta».

“Sarà come abbracciarsi”, “Molecole” e “A casa” erano già uscite lo scorso anno in “ElectroPo”, un EP in vendita solo nei luoghi di concerto.

«Sì, ho pubblicato quell’EP per portarmi avanti e iniziare a preparare il terreno per questo ritorno. C’è da dire che scrivo tanto e ho i cassetti pieni di cose; scrivere per se stessi significa sentirsi molto liberi davanti ad un foglio bianco in cui ci si può anche perdere, mentre farlo per altri comporta la necessità di sostituire un ritratto ad un autoritratto e mettere la tua firma, il tuo stile, accanto a quello di un altro. Devi capire chi hai difronte e adattare umori vocabolario alle circostanze».

Il suo parco collaborazioni va da Bocelli a Celentano, da Giorgia o la Nannini a Morandi e Zucchero. Con chi ha rapporti più stretti?

«Con Gianna Nannini, Malika Ayane e Samuele Bersani ho un rapporto d’amicizia che va al di là del lavoro. Fra l’altro sto lavorando con Gianna al suo nuovo disco, tra Parigi e Londra».

Mai pensato d’incidere un album con le canzoni composte conto terzi in tutti questi anni?

«L’autore ha una sua visione delle cose, ma poi è il cantante a reinventare tutto. Basta pensare che quando inviai alla Nannini la mia versione di ‘Sei nell’anima’ era una bossa».

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