Garlasco, delitto Sgherbini: chiesti 20 anni per Piazza

L'omicidio per questioni di denaro, il processo conrito abbreviato andrà a sentenza il 12 luglio

La scena del crimine

La scena del crimine

Garlasco (Pavia), 29 giugno 2018- Il pm ha chiesto la condanna a vent’anni di reclusione per Massimo Piazza, accusato dell’omicidio di Jader Sgherbini. Piazza, 44 anni, assistito dal legale Roberto Grittini, è a processo davanti al Gup di Pavia con rito abbreviato, formula che consente di ottenere lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. L’udienza si è aperta ieri, il giudice - dopo la discussione delle parti - ha rinviato al 12 luglio per la sentenza.

Sgherbini, trent’anni, lavorava in un’azienda di Tromello e stava per diventare papà. È stato ucciso a colpi di pistola il 10 luglio dell’anno scorso in piazza Unità d’Italia, a Garlasco. Il movente, secondo la ricostruzione degli inquirenti e le affermazioni dell’imputato Piazza, sarebbe riconducibile a questioni di denaro e dissidi personali tra i due. Sia Piazza che Sgherbini erano già noti alle forze dell’ordine per reati di droga e legati allo sfruttamento della prostituzione.

Il delitto è stato filmato dalle telecamere della videosorveglianza di un locale che si trova nella piazza. Erano circa le 18 quando i due si sono incontrati. Piazza aveva prima affrontato un amico di Sgherbini, prendendolo a pugni, poi aveva inveito contro lui stesso. I toni si erano fatti sempre più accesi finché la situazione era degenerata. Piazza aveva preso una pistola dalla sua auto e aveva sparato, freddando Sgherbini che, per la ferita, è morto nonostante i rapidi soccorsi. Poi Piazza era fuggito ad alta velocità, recuperando lungo la strada la sua compagna e il di lei figlio. Raggiunto dai carabinieri dopo un inseguimento, aveva detto di non essere in fuga ma di voler raggiungere lo studio del suo avvocato ad Abbiategrasso.

Interrogato dal Gip, aveva poi riferito la sua versione dei fatti, secondo cui temeva Sgherbini e già aveva subito aggressioni in precedenza. Aveva raccontato al giudice che i loro diverbi erano nati da un assegno che Piazza aveva acquistato da lui, ma che aveva poi scoperto essere stato rubato e che quindi non aveva potuto utilizzarlo. Aveva anche sottolineato di aver portato con sé la compagna e suo figlio perché temeva ripercussioni. Ora per lui la vicenda giudiziaria seguita al delitto sta giungendo alla conclusione.