1° marzo 1968: la 'Battaglia di Valle Giulia'. Quando Evola e Marcuse si 'davano la mano' e Pasolini raccontava una verità scomoda

Pubblicato: Giovedì, 01 Marzo 2018 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – L’inizio del ‘68 ha una data precisa, dove fascisti e comunisti erano ancora dalla stessa parte della barricata. Due settimane dopo cambiò tutto

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Per la storia è l’inizio del ‘68 italiano, ma in realtà non fu così. Perché la ‘battaglia di Valle Giulia’, del 1° marzo, arrivò quando le agitazioni studentesche erano già iniziate. Nel mese di febbraio, le facoltà erano state sede di numerose iniziative politiche risoltesi nell'occupazione studentesca, tanto che il 29 febbraio era avvenuto lo sgombero della Polizia. Nell’aria c’era qualcosa di mai respirato prima (leggi 19 febbraio 1968: gli ‘Uccelli’ occupano la cupola del Borromini. La cultura e la fantasia come mezzo di protesta), il prologo di qualcosa di più vasto ed ampio che avrebbe caratterizzato la storia d’Italia per almeno un decennio e che proprio in quei si sviluppava con le sue idee ed anche con la sua violenza (leggi C’era una volta l’autunno degli operai e degli studenti).

Venerdì 1º marzo, la scintilla: circa 4mila ragazzi si radunano in Piazza di Spagna, animando un corteo che si divide verso la città universitaria e Valle Giulia, nell'intenzione di riprendere l'occupazione. Giunti sul posto, gli studenti si trovarono davanti un imponente cordone di forze dell'ordine. In quelle ore, c’erano tutti: i comunisti che non portano, né alzano bandiere rosse, e le organizzazioni di destra che fanno altrettanto. In accordo. Anche gli slogan sono decisi: “Castro, Mao, HO Chi Min”, “Fascismo, Europa, Rivoluzione”. Dalla fine del 1967 al marzo 1968, il periodo iniziale della “contestazione”, il breve lasso di tempo che anticipa la saldatura tra studenti-operai e della inquadratura del PCI, prima che il tutto cadesse in mano al radicalismo e all’estremismo, i giovani di destra occupavano le università accanto a giovani di sinistra, ed effettivamente Evola si leggeva accanto a Marcuse senza ostracismi. L’illusione si esaurì presto. Poi vi fu la decisione ufficiale del MSI di opporsi alle occupazioni, ma la leggenda narra che nei giorni dell’occupazione che seguirono Valle Giulia ragazzi di destra e di sinistra organizzassero anche partite di calcio tra loro.

Valle Giulia, dicevamo. Il teatro di una vera e propria battaglia dove a colpi di bastoni e manganelli giovani e poliziotti si fronteggiano veementemente. Al termine degli scontri, gli studenti di destra occuparono la facoltà di Giurisprudenza, mentre gli studenti di sinistra quella di Lettere. Si registrarono 148 feriti tra le forze dell'ordine e 478 tra gli studenti. Ci furono 4 arrestati e 228 fermati. Otto automezzi della polizia furono incendiati. Cinque pistole furono sottratte agli agenti. L’Italia apprese la notizia con sorpresa. Mai era successo prima un evento di tali proporzioni nel dopoguerra. Mai in questo modo, almeno.

Al PCI tutto questo non piacque e non non piacque neanche al Msi. I dirigenti della federazione giovanile comunista vennero rimproverati dai dirigenti Paietta e Valori per “essersi lasciati strumentalizzare dai fascisti”. Due giorni dopo, i comunisti inscenarono una dimostrazione, nel corso della quale si deplorarono gli incidenti che vennero attribuiti ai “picchiatori fascisti”. In realtà alla sommossa avevano partecipato in tanti, di diversa origine politica.

Da questo momento si creò una frattura tra i giovani di destra e il Msi, che per bocca del suo segretario, Arturo Michelini, bacchettò i suoi militanti: “A chi avesse per caso delle perplessità a questo proposito - disse - diciamo francamente che non ha capito che cosa significa militare nel nostro partito”. La crisi raggiunse l'apice il 16 marzo, quando i Volontari Nazionali guidati da Giorgio Almirante si recarono presso l'Università occupata per ‘liberarla dalla bandiere rosse’. Il tentativo di coinvolgere gli studenti di destra a Giurisprudenza non ebbe grande effetto. Anzi, alcuni militanti missini constatarono la presenza all'interno della facoltà occupata. Il successivo tentativo deii Volontari Nazionali di penetrare all'interno di Lettere provocò invece durissimi scontri. Alcuni studenti della destra si posero a scudo degli studenti di sinistra, mentre altri uscirono dalla facoltà di Giurisprudenza e si organizzarono sui gradini del Rettorato in segno di protesta. Ad essi si aggiunsero i militanti del FUAN. Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, ricorderà: “Volevamo in questo modo manifestare la nostra estraneità a quell'iniziativa e non partecipare agli scontri. In effetti non me la sentivo di schierarmi con nessuno dei due contendenti”.

I missini furono respinti e costretti a ritirarsi, rifugiandosi all'interno di Giurisprudenza. Qui non cessarono di difendersi, tanto da gettare le suppellettili contro gli assedianti e ferirli anche in modo grave. Di quelle ore rimase il sangue a terra ed una ripercussione politica irrimediabile. La componente neofascista della contestazione venne sostanzialmente cacciata dal movimento studentesco. Iniziò un’altra storia. Di contrasto, di divisione, che poi sfociò negli anni settanta. Dove alla stagione dei diritti si contrappose la violenza delle armi, con un potere subdolo che più volte determinò le sue strategie al fine di portare una strisciante guerra civile che potesse garantire l’ordine e alcun cambiamento sul piano dell’assetto governativo della nazione. Fino al ‘Compromesso storico’ tra Pci e Dc, interrotto e annientato dall’omicidio Moro. Ma questa è davvero un’altra storia. Non lontana, ma complementare. Va detto che le strade si sarebbero comunque divise. Perché il grosso del movimento, con i suoi valori, si pose mano mano in netta divergenza con le idee dei giovani di destra dell’epoca Lo strappò fu dunque solo una anticipazione di quello che sarebbe accaduto dopo.

PASOLINI - Sulla rivolta di Valle Giulia il poeta, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini scrisse una famosa poesia, intitolata ‘Il PCI ai giovani’. La sua presa di posizione costò allo scrittore un isolamento politico con il Pci e i contestatori, ma catalizzò l'attenzione del mondo culturale, creando una grande discussione sul cosiddetto ‘movimentismo’. Pasolini colse un aspetto. A Valle Giulia, per la prima volta, almeno in Italia, non si consumò un contrasto politico in cui si era verificata una rottura con le istituzioni e si opponevano ad esse anche in modo violento. Non solo questo. In questa moltitudine di ragazzi che contestavano c’era anche insita la fine di un patrimonio di valori che secondo Pasolini stava aprendo la strada a quello che si sarebbe palesato come il ‘pensiero unico’ dei costumi, anticipatore del vento omologante che si sarebbe instaurato nei decenni a venire, anche sul piano economico e ideologico.

Questo ciò che scrisse Pasolini:

Avete facce di figli di papà. Vi odio, come odio i vostri papà: buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo, siete pavidi, incerti, disperati. Benissimo; ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati: prerogative piccolo-borghesi, cari. Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte con i poliziotti io simpatizzavo con i poliziotti, perché i poliziotti sono figli di poveri, hanno vent'anni, la vostra età, cari e care. Siamo ovviamente d'accordo contro l'istituzione della polizia, ma prendetevela con la magistratura e vedrete! I ragazzi poliziotti che voi, per sacro teppismo, di eletta tradizione risorgimentale di figli di papà, avete bastonato, appartengono all'altra classe sociale. A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento di lotta di classe e voi, cari, benché dalla parte della ragione, eravate i ricchi; mentre i poliziotti, che erano dalla parte del torto, erano i poveri”.

Vedendo i contestatori di allora occupare le scuole di ieri e di oggi, le università e i centri di potere, diventando con il tempo i nuovi ‘baroni’, i nuovi borghesi e le nuove lobby, le sue parole ci tornano oggi con il sapore di una grande verità.

Non è un caso che di quella battaglia sia rimasto quel grande atto di accusa, qualche foto. Neanche più l’odore di lacrimogeni è rimasto, neanche i manganelli, le parole che spezzavano l’ordine, il rumore dei pugni. Tutto il resto è finito nella storia, in parte dimenticato se non fosse per i ‘reduci’. Tutto il resto è stato catalogato come una grande sconfitta sul piano politico-ideale e una vittoria su quello delle relazioni interpersonali, dei nuovi diritti e di una nuova visione della quotidianità.