Cpl, Diana riabilitato: «Ho sofferto
​senza essere mai interrogato»

Cpl, Diana riabilitato: «Ho sofferto senza essere mai interrogato»
di Luigi Roano
Mercoledì 28 Febbraio 2018, 10:40
4 Minuti di Lettura

Ventuno anni sotto scorta perché fu il primo a scoprire la nascita del clan dei Casalesi che volevano eliminarlo. Per Lorenzo Diana - originario di Casal di Principe - tra le altre cose ex senatore Ds ed ex presidente della Commissione antimafia, finisce un incubo. Era coinvolto - proprio lui che nel 2008 ha ricevuto il premio Borsellino - con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa nell'inchiesta sulla metanizzazione del Casertano affidata alle Coop rosse di Cpl Concordia. I giudici ieri hanno sentenziato l'estraneità della Cpl Concordia e di Diana a qualsiasi legame con i clan. «La sentenza conferma - dice - la mia estraneità a vicende investigative a concorsi esterni alla camorra e ribadisce il mio ruolo istituzionalmente corretto: mi sono battuto per la modernizzazione del mio territorio, per promuovere lo sviluppo in un'area depressa e anche per avere visibilità politica».

Allora senatore, in questi casi si dice: tutto è bene quel che finisce bene. Vale anche per lei o è più complicato vista la sua storia?
«Prima di approfondire mi lasci dire un'altra cosa sulla sentenza. Dove è ben fissata la natura del mio intervento politico. La metanizzazione avviene nel 1997, la camorra viene a conoscenza dell'opera solo nel 2000. La sentenza fa pienamente chiarezza che la camorra non c'entra nulla. Ovviamente non essendo io rinviato a giudizio ho assistito solo a un dibattimento, in cui non potevo dire nulla. Io sono titolare di un avviso di garanzia del 2015 e una comunicazione di conclusione indagini a novembre 2016. Come prevede la legge attraverso il mio avvocato abbiamo chiesto due volte di essere sentiti».

Quindi non è stato mai interrogato?
«No. Stiamo rinnovando la sollecitazione a essere ascoltati».

 

Si è fatto un'idea di come nasce questa vicenda?
«Mah».
Proviamo a capire. Alla fine lei viene tirato dentro l'inchiesta perché scoppia la vicenda Cpl Concordia a Ischia e sempre per la metanizzazione. Il gruppo investigativo è lo stesso dell'inchiesta Consip finito a sua volta sotto inchiesta, alludo al maggiore Scafarto. Stanno così le cose o no?
«Faccio ancora fatica ad avere chiarezza su queste vicende e seguo con grande curiosità ed interesse: comunque sì, è lo stesso gruppo investigativo. Le risposte potrebbero trovarsi nel caso Consip? Vedremo, certo sarebbero ipotesi inquietanti. Una cosa è certa: la sentenza, arrivata anche dopo intercettazioni di mie interviste a Il Fatto dove già si confermava la mia posizione, riconosce che ciò che per la Procura fu l'atto di accusa, per i giudici è stato motivo di deduzione per il non coinvolgimento mio nell'inchiesta stessa».
Dal punto di vista umano come ha vissuto questi tre anni? «Sofferenza immensa ma sono sempre rimasto sereno perché certo della mia estraneità e della storia della mia vita».
Vale a dire?
«Sono stato 21 anni sotto scorta, ho messo a repentaglio la mia vita e quella di chi mi sta vicino. E lo sa perché? Per il mio impegno civile. Di me se si vuole si può conoscere tutto. Basta dare una occhiata al diario di bordo che la scorta compila ogni giorno e lo hanno fatto per 21 anni. Lo Stato mi ha protetto e lo Stato stesso ha chiarito quale fosse il mio grado di esposizione contro le mafie e la camorra. Ecco perché sono sereno nell'attesa».
Il sindaco Luigi de Magistris la nominò a capo del Caan, in questi anni le è stato vicino?
«Fece subito dichiarazione a mio sostegno e mi ha riconosciuto come persona impegnata contro la camorra. Al Caan - nel secondo anno del mio mandato - si tornò ad avere il pareggio di bilancio. Anche lì sono andato in Procura e ho allontanato quelle ditte che facevano i servizi ma gravate da interdittive antimafia della Prefettura. Ovunque sono andato ho fatto la mia opera di contrasto alle mafie».
La cosa che l'ha ferita di più?
«Una delle cose insopportabili è la gogna mediatica. Quando ero al Caan ho fatto qualche regalo istituzionale e legale: un cesto di frutta da 38 euro, una confezione di ostriche dal costo di 10 euro e sono finto sulle pagine di tutti i giornali e nei telegiornali».
C'è qualcosa che non rifarebbe?
«L'impegno politico-sociale porta a mettere le mani nel fango. Quello che non accetto è che per il fango non ci si debba sporcare. Nel corso della mia vicenda tante brave persone mi hanno detto: Chi te lo ha fatto fare?. Io rifarei le stesse cose altre mille volte, certo farei tesoro di questa esperienza. Quello che mi sento di dire è che manca ancora un impegno complessivo di tutta la società nel combattere i fenomeni della camorra».
Faccia un esempio.
«Penso al mio amico Renato Natale, sindaco di Casal di Principe, e lo vedo solo. La stessa solitudine che provammo quando insieme ci rendemmo conto - per primi - e quando lo Stato non lo capì ancora, che stava nascendo un sistema pericoloso: quello dei Casalesi».
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