Napoli, 200 chiese antiche: la metà
sono in abbandono e a rischio crollo

Napoli, 200 chiese antiche: la metà sono in abbandono e a rischio crollo
di Paolo Barbuto
Domenica 4 Febbraio 2018, 13:56
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Agli inizi dello scorso autunno il giovane fotografo parigino Hugo Martin è piombato a Napoli: aveva letto delle chiese abbandonate, degradate, distrutte; era convinto che fosse una delle solite esagerazioni all'italiana. Scattò foto, chiese di leggere quel che era stato scritto. L'ultimo giorno aveva nelle mani trenta rullini e sulla bocca una domanda: «Pouquoi?». Nella prefazione al volume fotografico che sta per pubblicare, ha raccontato con delicatezza la battaglia del nostro giornale in favore del patrimonio abbandonato, l'ha definita, con affetto, «donchisciottesca» perché s'è accorto pure lui che la battaglia è perduta.

«Pouquoi?». Già, perché Napoli guarda il suo passato andare in malora e non si muove? Il simbolo dell'orrore nel quale sono finite tante chiese napoletane è il Sacro Tempio della Scorziata. Sta esattamente nel cuore della Napoli antica e tutelata dell'Unesco, ha resistito per oltre 400 anni prima di arrendersi. Un giorno del 1978 la confraternita che gestiva la chiesa e l'annessa casa conventuale decise di mollare: troppi problemi, troppi lavori da affrontare. Quel luogo finì nelle mani del Comune. Per un po' il convento accolse anziani senza reddito. Poi a metà degli anni 80 i pavimenti iniziarono a sprofondare, gli anziani vennero sfrattati, la struttura abbandonata. Venne il tempo dei predatori: la chiesa è stata «smontata» pezzo dopo pezzo. Prima i marmi dell'altare poi il pavimento antico poi il coro ligneo. Alla fine ha vinto il degrado: un giorno è crollato il soffitto. Quel crollo ha aperto una botola sul pavimento, è stato scoperto un antichissimo affresco che potrebbe risalire all'anno mille. Ma nessuno è mai andato a guardarlo. La struttura s'è lentamente disgregata e oggi viene tenuta in piedi da tubi innocenti. Ma non c'è nessun progetto in atto. L'unica salvezza sarà il «suicidio» della struttura che fra un po' crollerà, così smetterà di essere un problema per la città.

Nel solo centro storico di Napoli, la Curia, in un documento di qualche anno fa, segnalava la presenza di 203 edifici di culto. Sono quelli che convinsero un anonimo viaggiatore spagnolo dell'800 a scrivere nel suo diario che «Napoli ha più chiese della stessa Roma». Oggi di quelle 203 chiese solo 79 svolgono l'iniziale funzione e accolgono i fedeli. Altre 124 sono state cancellate dall'itinerario della cristianità: 49 sono state trasformate e accolgono officine, ristoranti, negozi di scarpe o semplici autorimesse. Altre settantacinque sono semplicemente abbandonate, lasciate al loro destino di degrado, distruzione, abbandono.

Il nostro giornale, nel tempo, ha raccontato decine di queste chiese in abbandono. L'allarme non è mai stato raccolto con puntualità: tutte quelle strutture antiche e colme d'arte e storia sono rimaste com'erano, orribili e degradate. Davanti all'imponente chiesa dell'Immacolata a Pizzofalcone c'è ancora un muro che vieta l'accesso. Un identica sequenza di mattoni è stata piazzata all'ingresso di San Nicola dei Caserti a Forcella. In quest'ultima chiesa, dicono, un tempo si rifugiavano i latitanti. La gente del quartiere sostiene che fu luogo di iniziazione alla camorra: oggi c'è un portoncino piccolo piccolo nel quale ogni tanto qualcuno di buona volontà s'infila per controllare che la struttura non sia crollata. Ma non succede nient'altro.

In una traversa di Corso Umberto c'è la chiesa di Santa Maria in Cosmedin che affaccia su piazza Portanova. Era una delle prime sette parrocchie della città, era un gioiello. Da cinquant'anni è abbandonata e nei precedenti cinquant'anni era stata governata poco e male: oggi è un rudere dal quale è sparito tutto. L'ultimo reperto, un fonte battesimale realizzato utilizzando una vasca di epoca romana, è sparito in una notte di qualche anno fa. Adesso in quello che fu un gioiello d'architettura, arte e fede rimane solo un crocifisso al quale sono appese le braccia di Gesù inchiodate e un piede: il resto della statua è venuto giù, strappato dalla croce, roso dal degrado e dalla distrazione di chi avrebbe dovuto dargli sostegno. Fino a qualche anno fa c'era anche un altro Cristo scivolato giù dalla croce: si trovava all'interno della chiesa di Santa Maria Vertecoeli, nell'omonimo vicolo del centro antico. Anche quella statua s'era arresa alla disperazione dell'abbandono: dopo la denuncia del nostro giornale la statua è stata rimossa (speriamo) per un tentativo di restauro. Ma la devastazione della chiesa è rimasta intatta: provarono a riaprirla, ma il tentativo durò qualche settimana. I problemi strutturali sono troppi, bisogna intervenire ma non ci sono soldi. Così adesso è avvolta da tubi innocenti ma non ha un futuro.

 

Procediamo per singoli racconti, ché un percorso puntuale della devastazione sarebbe impossibile e, certamente, troppo drammatico. Procediamo per immagini perché sono quelle che rendono meglio la situazione, che permettono di comprendere con immediatezza quale e quanta incuria circonda il patrimonio della fede napoletano. Facciamo un salto al cimitero antico dove troneggia la chiesa di Santa Maria del Pianto: i due campanili mettono paura, aggrediti dalle erbacce e in bilico sulla struttura; all'interno l'abbandono è tale che le sepolture antiche hanno ceduto di schianto facendo ruzzolare giù brandelli di legno delle casse e resti di ossa. Eppure l'orrore più grande nella superba e antichissima chiesa, sale quando provi a muovere qualche passo all'interno: i piedi affondano in un tappeto molliccio alto più di dieci centimetri. È un immenso mare di guano, di cacca di piccione, per intenderci, che ricopre ogni cosa e ha sostituito il pavimento strappato via dai ladri più di un decennio fa. In mezzo a quel guano «galleggia» la sepoltura del cardinale Sisto Riario Sforza, storica figura della chiesa napoletana d'un tempo. No comment.
In mezzo a tanto degrado, però, merita una citazione la chiesa di Santa Luciella nascosta dietro San Gregorio Armeno. Devastata come le altre, abbandonata come le altre. Solo che qui, stavolta, il degrado non sta vincendo: un'associazione di giovani, «Respiriamo Arte», ne ha chiesto le chiavi. Le ha ottenute. Adesso si batte alla ricerca di fondi per riaprirla. Viene voglia di chiamare il fotografo francese e dirgli «corri qui, Napoli forse ha capito che bisogna fare qualcosa. Un manipolo di ragazzi ha deciso di iniziare a salvarla».
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