Napoli, la città del dialogo ferita dal guevarismo pret-à-porter

di Pietro Treccagnoli
Sabato 11 Novembre 2017, 09:33
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La politica è fatta anche di vasi comunicanti. Ogni spazio si riempie fino a trovare un suo equilibrio, anche se l'equilibro, alla resa dei conti, è squilibrato. Se a Napoli i partiti, a cominciare dal Pd, e i «movimenti istituzionali» (ci si passi l'ossimoro), a partire dai CinqueStelle, sono evanescenti, è naturale che tutto lo spazio viene occupato da chi vuole e può prenderselo. Perché è troppo semplicistico bollare come squadrismo e prevaricazione l'azione di quel groviglio di sigle, militanze, collettivi, reti e centri sociali che fiancheggiano e tengono in ostaggio l'attuale amministrazione comunale. È facile. Li si rubrica come antidemocratici e ci si mette in pace con la coscienza. Sia chiaro l'ultimo episodio nelle aule di Giurisprudenza della Federico II, con il quale si è impedito alla segretaria del maggiore sindacato italiano, Susanna Camusso, e a uno dei leader di Mdp, l'ex-premier Massimo D'Alema, è antidemocratico e gratuito. Senza nessun dubbio e senza nessuno sconto. A qualcuno ha ricordato la cacciata di Luciano Lama dall'Università di Roma, nel 1977. Giusto quarant'anni fa. Ma si era davvero in un'altra epoca, in un contesto sociale e politico ormai consegnato ai libri di storia. Eppure non manca chi ancora oggi vorrebbe replicare un passato archiviato (ma forse pure ignorato), guardando costantemente indietro, fino a diventare strabico.

Comunque l'interdizione alla Camusso arriva dopo una serie di contestazioni analoghe (qualcuna molto violenta) che vengono esercitate come per una coazione a ripetere. Sono prevedibili e scontate perché servono solo a marcare il territorio, a dare forza all'idea della città ribelle, predicata dal sindaco Luigi de Magistris, che se non mette la bandana su queste forme di protesta certamente non ne prende le distanze. L'altro giorno a Giurisprudenza a impedire l'incontro della Camusso e di D'Alema sono scesi in campo le Reti studentesche autorganizzate e i ragazzi dell'ex-Opg «Je So' pazzo» che con un post sula pagina Facebook, annunciando «La marcia degli esclusi» di venerdì 17, hanno contestato quello che per loro è un falso concetto.

«Stiamo qui, abbiamo deciso di reagire e farci sentire» scrivono. «Per noi “democrazia” vuole ancora dire: “potere al popolo”. E il popolo a volte si incazza, soprattutto se si sente preso in giro. Preparatevi perché è solo l’inizio». Questo torrente di pesante disagio subito da giovani sempre più marginalizzati e di prevaricazione ingiustificata può solo aumentare quando non suscita sdegno in chi governa la città, quando non trova dighe politiche che lo arginino, quando si vuole mascherare la propria insufficienza amministrativa con un guevarismo pret-à-porter.