Nell'ex casa del boss il centro antiviolenza
Rainbow Center apre le porte alla città

Nell'ex casa del boss il centro antiviolenza Rainbow Center apre le porte alla città
di Rossella Grasso
Mercoledì 31 Gennaio 2018, 17:18
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Rainbow Center apre la porte alla cittadinanza con il centro antiviolenza in via Genovesi 36 ai Ponti Rossi. Nello stesso appartamento dove fino a poco tempo fa la camorra organizzava i suoi loschi affari, adesso ci sono divani, letti e scrivanie, un'ambiente confortevole dove chiunque si trovi in difficoltà può trovare rifugio, un pasto caldo e tutto il supporto psicologico e legale che può essere utile. L'iniziativa è dedicata a Gay, Lesbiche, Bisessuali Transgender ma anche a tutta la cittadinanza e a chiunque voglia partecipare alla creazione di una cultura dell'inclusione. All'inaugurazione hanno partecipato Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Calogero Mauceri, capo Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, Alessandra Clemente, assessore ai Giovani del Comune di Napoli e Vladimir Luxuria che è stata la madrina dell'evento.

Il progetto si chiama «Questa casa non è un albergo». Non è un albergo perchè gli ospiti possono rimanere solo tre giorni: devono rimboccarsi le maniche e fare di tutto per risolvere i problemi e le conflittualità. «Apriamo questo bene che è stato confiscato alle mafie - ha spiegato Carlo Cremona, presidente I Kan Onlus, coordinatore del progetto - e lo destiniamo all'antiviolenza, all'incubazione di poloitiche e buone prassi della cultura, ai giovani, alla rinascita di un quartiere bellissimo e importante come San Carlo all'Arena, cambiando la targa che era fuori alla porta che sequestrava questa casa alla camorra e lo restituiamo alla città». Rainbow Center progetto cofinanziato co finanziato da i Ken e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Gioventù e della Protezione Civile nazionale per la riqualificazione dei beni pubblici e l'imprenditorialità giovanile. 

Tutto il quartiere partecipa alle attività del Rainbow Center per creare una nuova cultura dell'accoglienza e della diversità. «Il primo caso che abbiamo affrontato qui - racconta Cremona - è stato quello di una giovane donna - racconta Cremona - che è arrivata qui vittima di maltrattamenti da parte della mamma. La ragazza è omosessuale e non era stata accettata in famiglia. Attraverso il nostro servizio di psicologi siamo riusciti a darle tutto il supporto necessario per affrontare la difficile situazione conflittuale e alla fine mamma e figlia si sono riappacificate e la ragazza nono ha avuto bisogno dei nostri letti».

«Credo che questo luogo sia importantissimo, proprio perché i fatti hanno dimostrato che c'è la concreta possibilità di riconquistare questi beni, destinarli ad una finalità sociale, con una dimensione economica importante», ha detto Poletti. «Ci sono diverse aree del nostro Paese in cui questi beni confiscati hanno dato origine a iniziative di grande valore sociale, ma anche di grande dimensione economica - ha aggiunto - Siamo in una fase nuova, c'è stata anche una nuova legislazione in materia, stiamo cercando di fare tutti gli sforzi affinché il passaggio dei beni produca il miglior esito possibile, il che vuol dire un potenziamento delle attività dell'Agenzia per i beni confiscati e una grande collaborazione con il territorio perché per farlo c'è bisogno degli enti locali, ma anche della comunità locale. Dobbiamo investire su questo versante. Sappiamo che ci sono delle complessità perché questi beni hanno le spalle delle storie difficili, i proprietari di questi beni fanno di tutto per impedirne l'uso preferiscono distruggerlo piuttosto che vederli riutilizzati. Dopo la confisca, c'è una battaglia continua per poterlo recuperare. Credo che questo sia un obiettivo da perseguire sempre perché i fatti ci dicono chiaramente che l'intervento sul patrimonio è quello più efficace».

«È una battaglia doppia perché da un lato c'è la lotta per i diritti civili per dare accoglienza a persone che si trovano in un momento difficile, di smarrimento che è quello in cui ti ritrovi senza casa senza porto - ha detto Vladimir Luxuria - Poi c è la battaglia contro la criminalità. Dove siamo oggi un tempo si tenevano riunioni per attività losche, oggi si accolgono persone che hanno problematiche. Siamo nel cuore di Napoli, per entrare qui bisogna attraversare più cancelli, c'è ancora conservata una porta antiproiettile che dimostra che qui prima c'era una famiglia potente che faceva attività criminali. Oggi c'è accoglienza non solo per gay, lesbiche e trans ma per persone che hanno bisogno di auto. È bello pensare che le istituzioni, che spesso vengono viste come distanti, possano diventare la famiglia di chi dalla famiglia è stato rifiutato o addirittura violentato e discriminato».

«Tendiamo la mano a chi pensa che non ce ne sia nessuna -  ha detto Alessandra Clemente - Il Comune di Napoli ha 60 beni confiscati riutilizzati socialmente.

Tempo fa ci è stato presentato un progetto dall'associazione 'I Kan' candidandosi al bando del dipartimento della Gioventù e di servizio civile nazionale. Un bando ottenuto per merito e qualità dell' offerta. Una casa rifugio per ragazzi allontanati dalle proprie famiglie per il loro orientamento sessuale - ha concluso Clemente - Siamo orgogliosi di poter raccontare che le istituzioni possono fare questo e a Napoli lo stanno facendo».

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