Costi e debiti, la strategia dei clan: «Diamo il ristorante al calciatore». L'obiettivo del medico era Maggio

Costi e debiti, la strategia dei clan: «Diamo il ristorante al calciatore». L'obiettivo del medico era Maggio
di Leandro Del Gaudio
Sabato 19 Maggio 2018, 09:34 - Ultimo agg. 20 Maggio, 08:45
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Quando parlano di affari, chiudono sempre allo stesso modo: «Qua ci vogliono avvocati, medici e calciatori...». Concordano Mimmo Mollica, il presunto ragioniere dei Lo Russo, ma anche i due medici Luigi e Antonio D’Ari, tutti finiti in cella con l’accusa di reimpiego di capitali sporchi in attività di ristorazione. Per loro, per i manager alla conquista del Lungomare, ogni problema ha la sua soluzione, tanto che quando sono a corto di soldi, non riescono a fare fronte alle spese (tra debiti pregressi e spartizioni varie), c’è una sola scappatoia: «Mettiamo i calciatori in mezzo»; oppure: «Diamo il locale al calciatore». Hanno un modello, i due medici e il loro interfaccia nella mala Napoli, ed è Marco Iorio: che è «il marpione» che sta facendo un sacco di soldi appresso, che tiene i calciatori», tanto da fantasticare su una possibile partnership con il bomber argentino Maurito Icardi. 
Ma entriamo nel vivo delle conversazioni intercettate, quelle che stanno a sostegno della misura cautelare firmata giorni fa dal gip Emilia Di Palma. Dice Domenico Mollica: «Gigi li sta deviando nel pomeriggio i giocatori del Napoli, sono più contenti di venire il pomeriggio che la sera... sì, Gigi li sta deviando perché si mangia una latrina! Insomma, Gigi ha detto: “io li prendo i calciatori”, tiene Maggio pronto». 
Ecco: sul difensore del Napoli Cristian Maggio, ci sono almeno un paio di riferimenti da parte dei sedicenti imprenditori, che fanno di tutto per averlo nella propria compagine societaria. Chiacchiere, dal momento che non c’è traccia di un interessamento da parte di Maggio nei confronti di questi soggetti (probabile che Maggio neppure li conosca i fratelli D’Ari), che bastano da sole a dimostrare l’esistenza dello stesso «protocollo», dello stesso cocktail: i soldi della camorra (secondo i pm), volti presentabili (quelli dei professionisti in carriera, in questo caso due medici), vip del mondo del calcio.  
Difesi dal penalista Pasquale Coppola, i fratelli D’Ari sostengono di essere estranei alle accuse, di aver subìto il pressing estorsivo, negano di aver fatto affari - da pari - con quelli dei Lo Russo. Eppure, nei loro confronti pesano intercettazioni e verbali di collaboratori di giustizia, al termine delle indagini dei pm Celeste Carrano, Henry John Woodcock e Enrica Parascandolo (sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Filippo Beatrice). Torniamo al caso giocatori. Dice Mollica: «Tiene Maggio pronto, vuole cacciare cinquecentomila euro». 
Anno 2016, ci sono anche intercettazioni di Luigi D’Ari, assieme al fratello Antonio alle prese con la gestione di Pizza Margherita. Ricordate il caso? I due medici finiscono in cella per favoreggiamento e per reimpiego di denaro sporco, reati ritenuti aggravati dal fine mafioso: avrebbero accettato di affittare tre ristoranti dei fratelli Iorio, per poi restituirli allo stesso Marco Iorio (le chiavi in un borsello di raso), il giorno dopo la sua scarcerazione. Un piacere chiesto ai medici da Antonio Iorio (deceduto) padre del re delle pizzerie, che produce incastri e sovrapposizioni sospetti: entrati nell’affare, i medici scoprono di essere debitori verso i Lo Russo di duecentomila euro, finendo per accettare ancora soldi dai Lo Russo per ricapitalizzare la propria impresa. Scenario complesso, nel corso del quale matura anche il progetto, poi decisamente abortito, di rivolgersi al «ragioniere» Mollica per assoldare uno dei più feroci killer di Miano per uccidere Marco Iorio (con il quale era montata una esposizione debitoria di quattrocentomila euro). 
Ma a finire sotto intercettazione anche Giovanni Russo Saladino, ex caposala di uno dei ristoranti del lungomare (non coinvolto in questa vicenda), e Vincenzo De Gaetano: discorso su costi e debiti, pare che a nutrire un certo interesse per uno dei ristoranti in questione ci fosse anche Mirko Valdifiori (estraneo all’inchiesta), che viene citato come un possibile acquirente in uno scenario del tutto privo di riscontri.
Insomma, gli ingredienti restano gli stessi, mentre l’inchiesta punta a ricostruire in modo definitivo il tracciato dei soldi. Stando alla posizione difensiva (espressa nel corso di un interrogatorio investigativo, mesi fa, prima degli arresti), i fratelli D’Ari si sono detti vittima di estorsioni, al punto tale da essere costretti a vendere un appartamento di famiglia - in via Salvator Rosa - pur di ripianare debiti. Diversa la posizione della Procura, che punta a ricostruire la traiettoria dei soldi. Ipotesi investigative portano addirittura a Malta, una sorta di paradiso fiscale spesso usato da organizzazioni criminali e da manager senza scrupoli per dirottare i propri capitali. Come spunta Malta in questa vicenda?
È il tre agosto del 2016, in una conversazione emerge il proposito di Luigi D’Ari di «investire i propri beni nell’isola di Malta, circostanza non riscontrata nel corso del prosieguo delle indagini». 
Attorno allo stesso tavolino sono presenti Sono presenti ancora Domenico Mollica, Luigi D’Ari e Vincenzo De Gaetano: è la scena immortalata dalla Dia (agli ordini del capocentro Giuseppe Linares), quella del filmato degli uomini che contano le banconote di soldi. Scrivono gli uomini della Dia: «D’Ari conta i soldi, poi dice che a fine agosto vorrebbe portarli a vedere un posto; si ribadisce che i soldi che ha in mano finiranno a Malta
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