Pd, vertice fiume De Luca-Casillo: siglata la tregua imposta da Roma

Pd, vertice fiume De Luca-Casillo: siglata la tregua imposta da Roma
di Adolfo Pappalardo
Martedì 23 Gennaio 2018, 08:50 - Ultimo agg. 11:03
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Giovedì o venerdì la direzione nazionale metterà comunque la parola fine al balletto di nomi. O, comunque, tra deroghe da concedere e criteri da rispettare si avrà un quadro più chiaro per limare la composizione delle liste del Partito democratico. Lavoro ormai appannaggio solo dei tavoli romani dei capicorrente per piazzare meglio i loro ras locali. Discorso chiuso, quindi, a Napoli dove i circoli continuano a sollecitare nomi dal basso che non verranno mai presi in considerazione. Scenario ben conosciuto dagli aspiranti che, in queste ore, solcano corridoi di Montecitorio o del Nazareno alla ricerca dell'ultimo posto a sedere.

In tutto questo, però, non è passato affatto inosservato il lavoro di queste ore del governatore De Luca e del capogruppo pd Mario Casillo. Da un lato la richiesta perentoria, dei vertici nazionali pd, di chiudere una volta per tutte i veleni congressuali e dedicarsi solo alla campagna elettorale, dall'altro la necessità di delineare il quadro post voto anche a palazzo Santa Lucia. Perché, deroga o no per i consiglieri regionali, è ormai acclarato come le prossime manovre all'interno della giunta regionale siano previste già subito dopo il 4 marzo. Campagna elettorale e rimpasto. Sarebbero questi gli argomenti affrontati ieri mattina a palazzo Santa Lucia dal governatore e dal capogruppo in un faccia a faccia durato mezza mattinata (dopo la pace suggellata in un ristorante romano la settimana scorsa).

Ragionamenti, toni pacati e non certo l'aria tesa di tre mesi fa quando Casillo rispedì duramente al mittente (l'ex sindaco di Salerno) l'ipotesi di un nome unico per il congresso metropolitano. E se il rimpasto è solo accennato, il vero tema è il voto del 4 marzo. Con ben sette richieste di altrettanti consiglieri per correre alle politiche. Non un posto sicuro in listino ma solo nei collegi, come ha pure chiarito Renzi nell'ultima Direzione al Nazareno. Dovranno accontentarsi, se vogliono fare il salto, Topo, Marciano, D'Amelio e Marrazzo. Mentre Stefano Graziano tenta sempre la carta del listino (Camera o Senato) in una realtà come Caserta dove il Pd riuscirà a portare a casa, sondaggi alla mano, solo un deputato e un senatore condiviso con il Sannio. Vedremo.
 
Sicura l'attenzione, dal lato deluchiano, è per Giovanni Porcelli, l'ex numero uno della Soresa, nel collegio di Giugliano. Nel vicino Casoria-Afragola, invece, ci sono Francesco Russo, ex sindaco di Frattamaggiore per la Camera, e Nicola Marrazzo per il Senato, mentre a Nola (il collegio più forte del centrodestra in tutto il Mezzogiorno esclusa la Sicilia) l'uscente Massimiliano Manfredi. A Castellammare invece Casillo ha interesse a spingere i suoi: Antonio Milo (Camera) e il presidente della Juve Stabia Franco Manniello (Senato). A Ercolano-Torre del Greco corre Teresa Armato, capo dell'areaDem a Napoli, mentre Portici-San Giorgio è una contesa tutta interna all'area Orlando (Peppe Russo, Marco Sarracino o Marco Di Lello). A Barra-Ponticelli invece ipotesi Giovanni Palladino mentre a Napoli-Chiaia ecco Leonardo Impegno, appoggiato dal governatore. Verso Sud c'è da sistemare la richiesta pressante dell'ex sindaco di Agropoli, Franco Alfieri. Vorrebbe il collegio del Cilento se al Nazareno scioglieranno i nodi decidendolo di candidare.

O altrimenti al suo posto andrebbe l'uscente Simone Valiante dell'area Emiliano (in alternativa dirottato a Napoli) e il capostaff di De Luca dovrebbe accontentarsi di attendere il rimpasto presagito dal governatore e prendere posto nella sua giunta.

Questo a grandi linee sempre che si trovi la quadra sugli ultimi nomi da sistemare. Anzitutto il posto per il ministro De Vincenti ma anche per un altro collega di governo donna, secondo le intenzioni di Matteo Renzi (capolista al Senato proprio a Napoli).

Un gioco dell'oca, un borsino tutto regolato dal bilancino interno democrat, in cui i nomi vengono calati sul tavolo in base ai desiderata dei vari capicorrente, interessati più alle quote che alle strategie. Un braccio di ferro a Roma in cui alla fine decideranno chiusi in una stanza solo Renzi e il fidatissimo Luca Lotti.
 
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