Napoli, il ponte del Papa verso l'Islam

di Angelo Scelzo
Martedì 2 Aprile 2019, 22:30
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Un viaggio breve, di chilometri e durata, l’annunciato ritorno - il 21 giugno prossimo - di papa Francesco a Napoli. E più di ogni altro inusuale, con il Papa in veste di relatore, seppure tra le mura di casa della Facoltà teologica di Posillipo, sezione San Luigi, tenuta dai gesuiti; la relazione e subito dopo la presentazione del documento di Abu-Dhabi sulla “Fratellanza umana”.

Le sorprese sono pane quotidiano nel pontificato di papa Bergoglio, ma davanti a questa scelta, a Napoli tocca prendere coscienza di come la sua storia, non solo ecclesiale, possa trovarsi di fronte a un colpo d’ala, a una svolta di quelle che lasciano il segno. Si schiera in qualche modo dalla parte di Napoli anche la cronaca di questi giorni con il pellegrinaggio, appena concluso, del papa in Marocco, subito dopo gli incontri al Cairo e la visita negli Emirati Arabi Uniti. Evocare primavere parlando del mondo arabo, visto come è finita, è quantomeno rischioso. Ma come chiamare quel fermento che, dopo Abu Dhabi, patria dello storico documento firmato in febbraio da Papa Francesco e dal grande Imam di Al- Azhar, Amad Al- Tayyeb, sta scuotendo Paesi e popoli del Mediterraneo? Se di primavera si tratta, cambia stavolta la natura: niente moti di piazza, ma dell’anima sì, come ha confermato la tappa di Rabat. 
Ed è qui che c’entra Napoli, il valore dei suoi centri del sapere e la necessità di rispondere oggi ai cambiamenti d’epoca con una “coraggiosa rivoluzione culturale”, di cui è visibile segno la stessa intensissima peregrinazione di Francesco nel mondo arabo e musulmano- tanto da evocare l’accostamento con la missione del santo di Assisi, culminata otto secoli fa, nello storico incontro con il Sultano. Un cambio di rotta, quello di Bergoglio, non solo geografico, ma culturale, non limitato alla sfera, pur decisiva, del dialogo Interreligioso, bensì proiettato verso una nuova condizione di tutta la famiglia umana.

E a partire dalle terre dove il cristianesimo è nato e dove è chiamato oggi a misurarsi con le questioni e i drammi emergenti al tempo di una globalizzazione che certo scruta i mercati più dell’anima. Nel documento (la Costituzione apostolica Veritatis Gaudium) con il quale due anni fa ha indicato con forza la via del rinnovamento ai corsi di studio delle Facoltà e delle università ecclesiastiche, Francesco è andato sul concreto chiedendo che anche la teologia, pur guardando al cielo, aiuti a capire meglio “la vita il mondo, gli uomini “di questo tempo così difficile e complesso. Nel documento si parla di una “vera ermeneutica del Vangelo”, che nel linguaggio corrente, di fronte alla dimensione sociale dell’evangelizzazione, si traduce nel bisogno di aggiornamenti e confronti, in modo che sia possibile guardare il mondo in faccia, accettare più consapevolmente le sue sfide, mettendo in campo il meglio di sé: non solo la passione e la cura per l’uomo, ma le ragioni che rendono credibile ogni sua scelta. 

Napoli ha di fronte il Mediterraneo, è una delle sue capitali riconosciute. Ma oggi anche i problemi di una metropoli così dissestata, e aggredita da ogni genere di problemi, sono il riflesso appannato delle tragedie che continuano a consumarsi in quel bacino di morte, diventato sempre più il grande cimitero dove vengono seppellite le speranze dei senza terra e dei senza patria. Anche per Napoli si rende quindi necessario un cambio di prospettive, che ha poco a che fare con le fragilità di semplici prese di posizione o atteggiamenti nuovi. Il segno reale di cambiamento, come indica la Veritatis Gaudium non può essere che quello di una “rivoluzione culturale”, nelle modalità in cui essa può scaturire dai centri del sapere ecclesiale. È la via di un rinnovamento sapiente e coraggioso richiesto dalla trasformazione missionaria di una chiesa realmente “in uscita”. 

Scegliendo di ritornare a Napoli, Francesco sa che proprio nella sua Facoltà questa via è già aperta, anzi è spalancata perché in nome della “teologia dell’accoglienza” le aule di Posillipo, accanto ai corsi ordinari, hanno visto alternarsi studiosi e testimoni di diverse confessioni a confronto soprattutto sul grande tema delle migrazioni (giovedì, come tappa di preparazione all’incontro, si svolgerà una tavola rotonda a carattere ecumenico). Un laboratorio attivo e di grande rilievo culturale che ha contribuito a rimettere in campo tutta la vasta serie di documenti magisteriali che dal Concilio in poi - a partire dalla Optatam Totius - hanno segnato gli indirizzi educativi e dottrinali delle università e delle Facoltà ecclesiastiche. La teologia dell’accoglienza ha preso forma da questi apporti, rafforzati dall’elaborazione offerta dal contatto vivo con la realtà cittadina. Il Mediterraneo è geograficamente sotto gli occhi e storicamente dentro il cuore di Napoli. È in quest’area che può ancora investire, o meglio rinverdire, il ruolo di antica capitale, capace di guardare lontano, avere visioni e semmai, dare un senso più maturo e concreto a quel mito del suo “buon cuore”, sempre più strattonato e messo in ombra dall’efferatezza di molte sue cronache. Se l’accoglienza può essere un’attitudine, la teologia dell’accoglienza, elaborata nei suoi luoghi del sapere- e alla quale Papa Francesco verrà a rendere omaggio- diventa la voce dell’anima e parla “in nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre”. Non a caso sono parole del documento della “Fratellanza umana”, in poco tempo diventato la carta magna del rapporto tra fedi e religioni in tutta l’area del mediterraneo. 

Su queste carte di viaggio Napoli è da sempre un punto di riferimento. E la scelta di presentare proprio nelle aule dei gesuiti di Napoli questo straordinario documento rappresenta una solenne consegna, quasi un atto di affidamento alle grandi potenzialità di una città che, nell’occasione, riprende confidenza e coraggio nel proprio futuro. Ritorna ad essere centro di elaborazione oltre che di dialogo tra le culture. È un fatto che da Napoli il Mediterraneo continua a vedersi meglio che altrove.
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