Sospetti e veti, il secondo round delle consultazioni è già in salita

Sospetti e veti, il secondo round delle consultazioni è già in salita
di Marco Conti
Lunedì 9 Aprile 2018, 09:58
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Un vertice ad Arcore, un raduno ad Ivrea, qualche intervista e si torna al punto di partenza. La passione con la quale partiti e leader si impegnano in un formidabile gioco dell'oca, viene seguita con preoccupazione da parte del Quirinale. Molte, se non tutte, delle raccomandazioni che il presidente della Repubblica ha fatto ai partiti nel corso delle consultazioni, e che Sergio Mattarella ha riassunto nelle brevi considerazioni di giovedì scorso, risultano disattese.

Tra veti, ricatti e condizioni, nessuno dei partiti - Pd compreso - sembra muoversi nello schema proporzionale che loro stessi hanno disegnato con la legge elettorale proporzionale con la quale si è votato il 4 marzo. Malgrado la mancanza di un reale vincitore - ovvero in grado di poter contare su una maggioranza in grado di sostenere un governo - fosse annunciata ancor prima del voto, tutti continuano a muoversi come se avessero vinto (M5S e centrodestra) o come se, avendo perso (Pd), il problema del governo non li riguardasse completamente. Il vertice di ieri tra Salvini, Berlusconi e Meloni conferma le divisioni interne. Anche se il centrodestra andrà unito ai colloqui, il Cavaliere guarda ancora con sospetto l'alleato leghista che continua a sostenere la necessità di un'intesa con il M5S e a chiudere ogni spazio ad una trattativa con il Pd. Al punto da rifiutare l'ipotesi, avanzata dalla Meloni e sposata dal Cavaliere, di un incarico a Salvini che dovrebbe andare in Parlamento a cercarsi i voti mancanti. Ipotesi, questa, che oltre a non essere contemplata dal Colle che vuole numeri certi prima di dare un incarico, viene rifiutata dallo stesso Salvini che teme la trappola e magari ritrovari con i voti di un pezzo di Pd.
 
Malgrado il dialogo sia difficile la Lega - anche con il veto posto dai grillini sul Cavaliere - continua a guardare al M5S. Al punto che il numero due del Carroccio Giancarlo Giorgetti in tv punzecchia il Cavaliere e apre all'ipotesi del premier-terzo. Un nome, tutto interno al centrodestra - forse lo stesso Giorgetti - che dovrebbe azzerare i nomi di Salvini e Di Maio. Quest'ultimo però non sembra intenzionato a passi indietro. Continua a proclamarsi vincitore delle elezioni e a tenere aperta la porta al Pd mentre esercitare pressioni sulla Lega invitando Salvini a mollare il Cavaliere.

Resta il fatto che molte delle affermazioni del weekend risultano stonate alle orecchie attente del Colle. Oltre all'incarico al buio - che Meloni e Berlusconi vorrebbero per Salvini - c'è l'ipotesi strampalata di poter cambiare la legge elettorale senza un governo. Così come la possibilità di tornare al voto con la stessa legge che non assicurerebbe comunque una maggioranza. Senza contare i veti e i no grazie che ripetono formule da campagna elettorale.

Malgrado tutto spinga per la nascita di un governo M5S-Lega, e buona parte del Pd sia convinto dell'esistenza di un patto tra Di Maio e Salvini, il sentiero che porta ad un governo-politico resta in salita anche se sembra l'unico sbocco possibile di forze che hanno promesso troppo per potersi permettere passi indietro o potersi permettere di andare al governo con l'altro all'opposizione pronto a scagliarsi contro i buchi nell'acqua che inevitabilmente ci sarebbero specialmente sul fronte europeo. La fragilità a Bruxelles dei grillini come dei leghisti rischia infatti di emergere al primo giro di boa. Privi di sponde e fuori dalle due grandi famiglie europee, Ppe e Pse, Di Maio e Salvini avranno infatti una strada molto in salita che gli impedirà di mantenere molte delle promesse fatte in campagna elettorale.

Salvini, che sulla carta ha la percentuale più alta per poter pensare ad un governo, lo ha compreso e non intende perdere il contatto con il M5S suo diretto concorrente su molti temi che riguardano le politiche europee.

Malgrado lo stallo, resta l'intenzione del Quirinale di convocare per fine settimana un altro giro di consultazioni in modo da verificare se i partiti hanno fatto i compiti a casa. Ovvero se stanno lavorando per costruire una coalizione di governo. In tutto ciò nel Pd continua lo scontro interno via social. Al punto che Lorenzo Guerini invita tutti i colleghi di partito «a darsi una calmata». Domani nella riunione dei gruppi si parlerà anche dell'invito di Di Maio, ma il rischio di una nuova scissione viene evocata da Goffredo Bettini. Anche se Renzi non pensa a ritirare le dimissioni da segretario, il percorso per trovare un successore si intreccia con quello del governo trasformando il dibattito in una rissa che indebolisce anche la disponibilità di Dario Franceschini a sostenere l'iniziativa del Quirinale.
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