Giancarlo Giorgetti a Napoli: «No allo Stato-mamma, nuove regole per attrarre gli investimenti stranieri al Sud»

Giancarlo Giorgetti a Napoli: «No allo Stato-mamma, nuove regole per attrarre gli investimenti stranieri al Sud»
di Valentino Di Giacomo
Martedì 21 Settembre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 22 Settembre, 09:31
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«No allo Stato Mamma, il Paese cresce solo se il Sud dà il suo contributo, è un fatto matematico perché al Sud c'è la risorsa umana. Le intelligenze ci sono e vanno messe a sistema. Per il Sud c'è la necessita di creare un ambiente credibile per fare impresa. Bastano poche regole certe per attirare le imprese estere, ma questo vale per l'intero Paese». É la sfida lanciata dal ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, tornato di nuovo a Napoli dopo la visita in città di appena dieci giorni fa. Stavolta Giorgetti ha voluto incontrare il tessuto produttivo della città nella splendida cornice di Palazzo Partanna dell'Unione Industriali presieduta da Maurizio Manfellotto, con decine di imprenditori partenopei convocati dal presidente della Fondazione Mezzogiorno ed ex numero uno nazionale di Confindustria, Antonio D'Amato. Come suo costume, da uomo del fare, Giorgetti non è venuto in città nelle vesti del politico giunto per promettere o accarezzare gli istinti della platea, ma ha utilizzato parole di franchezza anche quando si è trattato di parlare di quel Sud per tanti anni avversato dal suo partito d'origine, quella Lega Nord che oggi prova a farsi partito a vocazione nazionale. Eppure, quando si è trattato di parlare dei problemi del meridione, Giorgetti non ha usato giri di parole solo per raccogliere applausi: «Qui al Sud - ha spiegato - ci sono intelligenze che vengono messe a frutto altrove, all'estero, per esempio, in America dove giovani meridionali fanno la fortuna delle corporation. Occorre farlo anche qui». Parole di chiarezza per dire che prima bisogna creare le condizioni rimboccandosi le maniche. 

Incalzato dalle domande del direttore del Mattino, Federico Monga e dal direttore del Corriere del Mezzogiorno, Enzo d'Errico, il titolare del Mise ha spiegato che non sarà semplice utilizzare quei fondi del Pnrr che gli industriali meridionali vorrebbero ripartiti con maggiore attenzione nel Mezzogiorno. «I piani è semplice a scriverli - ha detto - ma poi bisogna vedere la loro concreta applicazione».

Poi, con una battuta, ha ribadito che «del Recovery plan al momento c'è il plan, ma il punto essenziale è il Recovery, quindi fare in modo che le risorse siano utilizzate per far crescere realmente il Paese».

Di qui il riferimento al reddito di cittadinanza - tra i pochi punti toccati per entrare nel vivo della polemica politica - ma solo per esplicitare che le norme possono anche essere scritte correttamente, è poi la loro declinazione nella realtà a fare la differenza.

«Il problema non è il reddito di cittadinanza, la norma così scritta ha un suo senso e ha anche similitudini con altri casi europei. Il problema è la cultura che lo ha originato, che è quella dell'invidia sociale, del rancore, e che si miscela in tutt'uno con la cultura della mamma, quel fenomeno tutto italiano dei giovani che restano in famiglia e si fanno mantenere fino ad età avanzata. Girando per l'Italia in settori diversi di attività produttive ho trovato tantissimi imprenditori che mi hanno detto la difficoltà di trovare forza lavoro se non con il compenso in nero. Questa esigenza, ora che si manifesta il momento della ripartenza, è un fenomeno inaccettabile». Esplicitando il concetto ha concluso: «Con la cultura dell'assistenza o vivi a debito o prima o poi salta il sistema, questo non può funzionare». 

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Un'intesa di ferro tra gli industriali convocati da D'Amato e il ministro Giorgetti c'è stata sul nuovo corso dell'Europa intenzionata ad investire prevalentemente nel digitale e nella riconversione energetica. Tutti gli intervenuti hanno spiegato al ministro che in un Paese ad alta vocazione manufatturiera, anche nel settore dell'auto, bisogna ponderare ogni conseguenza con attenzione. Anche su questo Giorgetti è stato chiaro: «Nessuno è contro a ridurre l'inquinamento e avere un mondo pulito, ma ha senso se questo viene fatto da tutti i Paesi, non solo dall'Europa». Aggiungendo anche un problema di natura industriale, come sui piani europei sui trasporti. «Si prevede di passare tutti gli autobus all'elettrico entro il 2030 - ha detto - la domanda che dobbiamo farci adesso è: ma noi possiamo produrli? E quali condizioni bisogna creare per farlo? Altrimenti facciamo un favore ad altri Paesi».

Se Salvini ha spesso aperto dei fronti di scontro con il governo, Giorgetti invece ha rimarcato la credibilità internazionale di cui nutre il premier, Mario Draghi. L'inciso arriva rispondendo ad una domanda del direttore del Mattino su come impedire le tante delocalizzazioni di aziende italiane e come invece mettere a frutto al Sud le energie esistenti. «Non è che fai la legge e vieti le delocalizzazioni, ma devi avere solide argomentazioni. Diventa difficile quando discuti con questi Ceo a livello internazionale e non puoi raccontare la storiella che fai il decreto legge, bisogna essere affidabili. Oggi se vai in crisi chiedi a Draghi di fare un colpo di telefono e la risolvi perché credono a Draghi, non perché dici che fai il decreto legge». Prima dell'arrivo a Napoli, il tour di Giorgetti era partito dal Casertano dove ha visitato anche l'azienda leader nelle laminazioni di Luca Moschetti, lodando la storia di quest'impresa anche attraverso gli account social del Mise. 

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