A Leggiero «ho comunicato di aver chiesto all'Avvocatura Generale dello Stato - scrive il ministro su Facebook - un resoconto complessivo su tutte le pendenze giudiziarie in corso». «Voglio approfondire - spiega Trenta - ogni singolo caso separatamente, perché ogni caso ha le sue specificità. E voglio ascoltare ogni singola voce: ad oggi, infatti, sul tema c'è stato un silenzio spaventoso e questo non è più accettabile. Occorre rompere questo silenzio e affrontare una problematica che c'è, esiste, e che oggi la Difesa, sotto la mia guida - continua la Trenta - ha inserito tra le sue priorità, nell'ambito dei provvedimenti a tutela del personale e della salute dei nostri militari». Parallelamente allo studio dei casi, spiega ancora il ministro della Difesa, «sarà avviato un tavolo tecnico che vedrà coinvolti »i principali attori competenti sulla materia«.
La Trenta ricorda, sul punto, che quasi un anno fa e cioè a inizio 2018, la Commissione parlamentare di inchiesta che ha indagato sui casi di militari morti o ammalatisi per presunta contaminazione da uranio impoverito, «si è pronunciata con delle conclusioni chiare e inequivocabili, che come governo abbiamo il dovere di considerare».
Proprio sui risultati dell'inchiesta parlamentare - che ha tra l'altro sancito l'esistenza del controverso «nesso di causalità tra l'esposizione all'uranio impoverito e le patologie denunciate» dal personale in divisa - si era consumato un duro e inedito scontro tra la Commissione e la Difesa. La prima ha denunciato come nel settore della salute e della sicurezza sul lavoro delle forze armate vi siano state criticità sconvolgenti, che «in Italia e nelle missioni all'estero hanno contribuito a seminare morti e malattie tra i militari», malgrado il "negazionismo" dei vertici della Difesa e gli «assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle Autorità di Governo». «Accuse inaccettabili», per lo Stato maggiore.
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