Egitto, l'ambasciatore Hisham Badr: «Così cambieremo il Paese»

Egitto, l'ambasciatore Hisham Badr: «Così cambieremo il Paese»
di Elena Panarella e Rossella Fabiani
9 Minuti di Lettura
Mercoledì 5 Settembre 2018, 18:59 - Ultimo aggiornamento: 6 Settembre, 14:18
L’Egitto è al lavoro per realizzare la sua “vision 2030”, la strategia di sviluppo sostenibile che il Paese ha lanciato nel marzo del 2015 e che sta portando avanti riforma dopo riforma. Tre gli obiettivi principali: sviluppo economico, competitività del mercato e capitale umano. Per quanto riguarda il capitale umano, le direttrici di sviluppo sono la formazione e la salute; in particolare, per la formazione, l’obiettivo principale è quello di fare dell’Egitto uno dei primi 30 Paesi per la qualità dell’istruzione di base, portando a zero il tasso di analfabetismo e almeno all’80 per cento il rapporto di iscrizione alla scuola materna. Per l’istruzione superiore l’obiettivo è ambizioso: inserire 10 università egiziane nella lista delle 500 migliori università del mondo. Anche il settore energetico, infine, è centrale per lo sviluppo di un Paese che basa la sua economia su manifattura, agricoltura e costruzioni. 

Di tutto questo abbiamo parlato con l’ambasciatore egiziano a Roma, Hisham Badr, arrivato nella Capitale lo scorso anno, sempre più convinto che «il meglio verrà».

Quali sono le grandi sfide in questa nuova fase della storia dell’Egitto?
«I risultati delle elezioni del marzo scorso hanno confermato la scelta del popolo egiziano, decisione presa anche 4 anni fa. Il presidente Al Sisi ha esposto un piano ambizioso per modernizzare il Paese in questa fase storica, nelle infrastrutture, nella sanità, nell’istruzione e nella qualità della vita. Il governo continuerà a seguire il programma della riforma economica e gli obiettivi sono: aumentare la crescita economica fino al 5,5 – 6 per cento nel 2018/2019; creare nuovi posti di lavoro; abbassare la disoccupazione al 10 per cento e diminuire il rapporto debito/pil al 90 per cento. Non solo, il governo continuerà inoltre i grandi progetti che ha intrapreso nella strategia “Egitto 2030” per lo sviluppo economico sostenibile, come l’espansione della zona del Canale di Suez, per la quale è previsto che diventi il Centro Industriale e Commerciale nel Medio Oriente e nel Mediterraneo. Contemporaneamente si sta impegnando, con un investimento di 45 miliardi di dollari, per la costruzione di una nuova capitale amministrativa, che occuperà 700 chilometri quadrati con 5 milioni di abitanti, e per sviluppare 12 zone industriali per piccole e medie imprese, contribuendo alla nascita di altre 14 grandi città, nonché progettando la costruzione di case popolari destinate a quei cittadini che non hanno i mezzi finanziari per permettersi un’abitazione di proprietà. Nel piano strategico, le forze armate mirano alla sicurezza del Paese impegnandosi in una campagna antiterrorismo sia in Sinai, sia rafforzando il controllo sul confine con la Libia per bloccare l’entrata dei terroristi. L’Egitto ha un ruolo centrale per la stabilità del Medio Oriente - a partire dalla Palestina, passando per la Libia, la Siria, lo Yemen - tenendo conto che altri Paesi giocano un ruolo di opposizione che contribuisce alla destabilizzazione del bacino del Medio Oriente».

Come vede l’interazione fra la civiltà cristiana e la civiltà musulmana in Egitto?
«L’Egitto è da secoli la terra in cui tutte le grandi culture e religioni hanno convissuto intrecciando reti di scambio e offrendo un esempio di dialogo. Negli ultimi anni molti sono stati i tentativi di spezzare questo coerente tessuto sociale, ma posso con forza affermare che questi fatti non rappresentano i sentimenti reali del popolo che invece continua la storica convivenza all’insegna della pace». 

La cultura e l’educazione sono state i due grandi pilastri della storia dell’Egitto. L’Università dell’Azhar fu la prima al mondo con il nome di “università” e risale all’anno 972. Qual è il rapporto fra cultura ed educazione nei vari contesti della società egiziana? 
«Se con educazione si intende anche istruzione (perché education in inglese non corrisponde ad educazione in italiano ma ad istruzione) e se si parte dal presupposto che una grande civiltà lo è in base all’educazione civica e all’istruzione impartite alle giovani generazioni, l’Egitto si presenta quale mosaico finemente costruito da diversi e numerosissimi tasselli attraverso lunghi secoli di scambio mistico e culturale con le nazioni confinanti e lontane. Questa tematica, assieme al ruolo che l’arte e la cultura svolgono ovviando alle ferite delle guerre e dei conflitti, è stata uno degli assi principali del Forum Internazionale dei giovani che si è tenuto a Sharm Sheikh l’anno scorso in novembre. Negli ultimi anni, e soprattutto dopo la rivoluzione del 30 giugno 2013, l’istruzione è diventata un forte mezzo per capire i giovani, per aiutarli a elaborare la propria scala di valori e per incitarli ad analizzare il complesso di luoghi comuni tramandati di generazione in generazione in maniera tale cha possano scegliere chi essere da adulti, quale ruolo avere nella società e come integrarsi nel mondo globalizzato. Va da sé che un processo del genere non può che essere lungo e complesso, anche se è già arrivato ad un buon punto considerando che il governo ha lanciato la strategia “Egitto 2030” che vede sempre più i giovani chiamati in causa, valorizzando le risorse umane del Paese e migliorando gli ambienti sia di studio sia di lavoro. La stessa strategia “Egitto 2030”, che si fonda sul concetto di sostenibilità, prevede una intelligente apertura verso le esperienze di gran valore, a testimonianza proprio di quanto istruzione e cultura si intreccino insieme per tessere diversi contesti della società egiziana».

Pensa che le varie correnti di pensiero presenti in Egitto possano convivere insieme attraverso gli spazi comuni della cultura? 
«Sono convinto che il mio Paese da sempre è stato una terra che ha saputo accogliere tutte le culture dando loro il “sapore” egiziano. Quanti sono gli italiani, i greci, i francesi gli arabi e gli inglesi che hanno vissuto fianco a fianco sulle rive del Nilo? Allora non possiamo oggi, alla luce della globalizzazione e della diversità culturale promossa dall’Unesco e alla luce della pace e della tolleranza richieste dall’Onu, non parlare di convivenza tra diverse correnti di pensiero, sapendo che l’Egitto è stato tra i primi Paesi ad avere firmato nel 2005 l’impegno per la promozione della diversità culturale. Per darvi un esempio, nel cantiere della “nuova capitale amministrativa” stanno costruendo una accanto all’altra, una chiesa e una moschea di importanti dimensioni per riflettere il principio di tolleranza alla base di questa relazione. Va da sé che in un Paese di quasi 100 milioni di abitanti, la convivenza civile e la tolleranza sono una condicio sine qua non per la sopravvivenza e lo sviluppo di questo meraviglioso mosaico multiculturale e, a tal proposito, il ruolo del governo è quello di garantire e di far rispettare tutte le ideologie presenti. L’età che più mette alla prova l’efficacia della convivenza civile è quella giovanile, essendo questa la più portata al dialogo e al confronto anche e soprattutto con le generazioni precedenti. Pertanto, come precedentemente accennato, il presidente Al Sisi ha lanciato un’iniziativa mai tenuta precedentemente in Egitto e nel Medio Oriente e cioè quella di organizzare forum, ai quali anche il Presidente partecipa, per ascoltare i bisogni e le esigenze dei giovani».

La questione della salvaguardia dell’ambiente e della lotta all’inquinamento è vitale per la sopravvivenza del pianeta. Qual è la politica del governo egiziano su questo tema?  
«L’Egitto è un membro attivo in tutte le iniziative per la salvaguardia e la sopravvivenza del pianeta incluse UN agenda 2030 e COP 21 e sul piano nazionale il governo ha nominato un Consiglio nazionale per coordinare e guidare l’adattamento dei cambiamenti climatici attuando strategie per la lotta all’inquinamento e per implementare la strategia nazionale dello sviluppo sostenibile 2030. Il governo ha ampliato le fonti rinnovabili solari ed eoliche a 4300 megawatt e tutti i nuovi progetti di infrastrutture e trasporti rispettano le norme per la lotta all’inquinamento». 

Cosa intende fare il governo per lo sviluppo del Sud del Paese e in generale per il ripopolamento delle campagne e per un ritorno degli egiziani all’agricoltura?  
«Il governo è proiettato verso lo sviluppo del Sud del Paese, non solo nel campo del ripopolamento delle campagne, con strategie di bonifica relative a un’area di 4 milioni di acri, ma anche costruendo nuove città moderne e 12 zone industriali che si trovano in maggior parte proprio nel Sud del Paese. Per citare un esempio, la Samsung ha inaugurato una nuova fabbrica di apparecchiature elettroniche nella città di Beni Suaif nel Sud dell’Egitto. Inoltre il governo punta allo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura che attualmente è il più grande settore di produzione ittica in Egitto, rappresentando il 51 per cento della produzione ittica totale. Le aziende del settore privato rappresentano oltre il 98 per cento della produzione dell’acquacoltura. Basti pensare che l’Egitto è classificato al primo posto a livello mondiale nella produzione di allevamenti ittici ed ha istituito il più grande allevamento di pesci in Medio Oriente».

Qual è la figura della donna oggi in Egitto, non soltanto nelle città ma anche nelle zone rurali?
«Per l’Egitto il 2017 è stato un anno tinto di rosa in quanto dichiarato dal presidente Abdel Fattah Al Sisi “Anno della donna egiziana”. Da sempre la donna egiziana è regina, fidata consigliera, abile ambasciatrice della prosperità del proprio Paese e della propria cultura. Ed è appunto rintracciando lo splendore del suo ruolo lungo le diverse epoche storiche, che la donna egiziana contemporanea può dare il meglio di sé. Oggi a la donna è una interlocutrice privilegiata del Presidente. Al Sisi le si è rivolto quando è stato il momento del voto per le elezioni sia del 2014 sia del 2018, nonché quando è stato il momento del referendum sulla Costituzione del 2014, ma anche quando ha lanciato il concetto della sostenibilità ambientale nell’ambito della strategia “Egitto 2030”. L’attuale presidente del Consiglio egiziano, Mustafa Madbouli, ha affidato otto ministeri – tra i quali Cultura, Turismo, Solidarietà sociale e Salute - a donne. Inoltre, il ruolo della donna nella società di oggi è pienamente supportato dal Consiglio Nazionale per le Donne il quale opera in collaborazione con l’Unfpa (Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione) e con UN Women per garantire una altissima percentuale di adesione da parte delle donne ai programmi e alle campagne di sensibilizzazione condotte per migliorare la condizione della donna egiziana ovunque essa risieda».

La questione demografica. Come intende affrontare questo tema il governo? Con quali politiche?
«Il nostro Paese è uno degli stati più popolosi del Medio Oriente se consideriamo i suoi 94,8 milioni di abitanti secondo gli ultimi dati del Campas (Agenzia centrale per la mobilitazione pubblica e statistica). Quindi, se con “la questione demografica” si intende la crescita della popolazione, c’è da dire che lo Stato in questo caso lavora su diversi piani contemporaneamente. Da una parte, mira ad aumentare i posti di lavoro in maniera tale che l’incremento della popolazione non sia controproducente, calcolando che si ha l’ingresso di quasi 800.000 persone nel mercato del lavoro annualmente. In questo ambito lo Stato ha cominciato ad avviare una serie di progetti di grandissima portata in maniera tale anche da attrarre gli investimenti stranieri. Da un’altra parte, il ministro della Solidarietà Sociale, Ghada Wali, ha dichiarato che è stato lanciato il piano “Bastano due” - che il governo intende attuare con la collaborazione di cento organizzazioni della società civile - come parte integrante della strategia nazionale elaborata per limitare la crescita della popolazione per garantire che non superi 112 milioni di persone nel 2030. Anche in questo caso, sia l’istruzione che la cultura diventano mezzi più che validi per affrontare la questione non solo sensibilizzando le giovani generazioni alla questione, ma anche alla serie di problematiche ad essa annesse, come per esempio l’emigrazione clandestina e la salvaguardia dell’ambiente».
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