Terni, Antonello Fiorucci (Pd):
«Aprirsi alla città e cambiare
il modo con cui fare politica»

Terni, Antonello Fiorucci (Pd): «Aprirsi alla città e cambiare il modo con cui fare politica»
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Martedì 10 Aprile 2018, 17:32
TERNI Continua il dibattito dentro al Pd per il percorso da attuare verso le elezioni del 12 giugno e la scelta del candidato sindaco.
Questa volta a prendere la parola è Antonello Fiorucci, una delle voci giovani del partito che chiede che il partito esca allo scoperto, che non abbia paura delle primarie nè di chiedere scusa per gli errori fatti. «Noi abbiamo deciso di restare dentro al Pd ma vogliamo metterci in gioco e chiedere alla città di sfidarci»
«Da quel "Possiamo diventare" fatto da giovani che volevano autonomamente cambiare un Pd in cui vedevano grandi prospettive per una politica diversa è passato molto tempo - scrive Fiorucci - Abbiamo deciso di restare dentro al Pd e abbiamo scoperto anche che nel partito democratico di Terni  c'erano persone piene di esperienze, conoscenze, capacità che messe a sistema, in un sistema sano, avrebbero potuto farli cambiare davvero, il partito e la città». 
Anche l'amarezza, però è stata tanta, quando «negli anni abbiamo anche capito quanto poco contino le idee quando per vincere un congresso bastano le tessere e quando il criterio di selezione troppo spesso è la fedeltà. L’esperienza e gli errori insegnano, ma noi quell'idea di partito e di città non la abbandoniamo. L’abbiamo ribadita, da “Nativi Democratici”, in un congresso in cui partecipare per noi significava dimostrare che un Pd che sa ancora lottare per un principio esiste, nonostante tutto. L’abbiamo ribadita dicendo che i candidati alle politiche andavano fatti scegliere ai nostri elettori con le primarie, così come il candidato sindaco». 

Per questo Fiorucci invita il partito ad aprirsi: «Un Pd così chiuso per noi resta un Pd da cambiare. Ma siamo consapevoli non basti chiederlo da organismi depauperati dove anziché chiedere scusa alla città si pensa ancora che basti passare la nottata, dove il potere economico e quello politico sono venuti a fondersi in un connubio che per noi non è accettabile. L’unico modo che vediamo, oggi, per cambiare lo stato delle cose a Terni restando Democratici è invitare la città a sfidarci, a misurarci e a confrontarci con un percorso che noi per primi dovremmo ritenere necessario, facendo dell’apertura a quel che c’è fuori di noi il primo e necessario punto di ripartenza».  

Fiorucci dunque invita il partito «a un profondo cambiamento nel modo di fare politica, di servire una comunità, di interpretarne le esigenze. Noi siamo pronti a metterci in discussione, al servizio della città, ma solo per un progetto diverso da quel che è stato fino ad oggi. Non parliamo di una “mano di bianco”, ma di una sfida che bisogna giocare, dentro e fuori il partito, con idee, con proposte, con personalità, con l’impegno collettivo e personale che non sappia di telecomandato. Pretendete questo dal Pd! Perché questo è quel che dobbiamo a questa città, senza che qualcuno senta l’esigenza di mascherarsi dietro al civismo in questa fase, mancando ancora una volta il tempo della vera responsabilità e della vera dignità, politica ed umana».

Fiorucci ribadisce l'intenzione a non uscire dal Partito «come hanno fatto molti in questi anni, anche alcuni degli amici che con noi volevano cambiarlo e che oggi stanno provando a costruire fuori dal Pd, portando nell’associazionismo quei metodi e quei temi da cui si era partiti e che è importante appartengano alla nuova politica, ma anche alla nuova società. Non la molliamo l’idea che i cittadini possano “associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” e locale. Un'idea la cui difesa è costata troppo cara a questo Paese per poterci rinunciare. Ma continueremo a cercare di cambiarlo, nei metodi, nelle idee e nella capacità di dare gambe a quelle idee. Non lavoreremo per chi, anche tramite il Pd, ha portato la città ad essere com’è oggi, ma con chi vorrà costruire quello spazio largo e comune in cui le idee contano più dei nomi di chi comanda».
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