Elezioni comunali a Viterbo: il Pd in caduta libera, ma il partito tace

Viterbo: Palazzo dei Priori
di Carlo Maria Ponzi
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Venerdì 15 Giugno 2018, 10:25 - Ultimo aggiornamento: 20:01
Dal 20,19% delle elezioni comunali 2013, all’ 8,09% raccolto domenica scorsa. Non dimenticando che il 4 marzo, le urne per la Camera dei deputati contenevano consensi pari al 15,60%, mentre quelli per il Senato pari al 16,16%.

Fedele al vecchio aforisma secondo il quale la vittoria ha tanti padri e la sconfitta è sempre orfana, il Partito democratico viterbese tace sulla negativa sequenza dei risultati elettorali che, continuando di questo passo, senza il necessario scatto di reni lo relegherà alla clandestinità.

Il silenzio è forse dovuto al fatto che la federazione di via Polidori è acefala, dopo le dimissioni, presentate l’indomani delle regionali e delle politiche, dal segretario Andrea Egidi, dalla sua vice Tiziana Lagrimino, nonché dalla presidente dell’assemblea provinciale Lisetta Ciambella? O si vuol far cadere l’oblio su una stagione che, grazie alla complicità delle primarie per la segreteria nazionale e per il congresso provinciale dello scorso anno, ha provocato la profonda e quasi insanabile divaricazione tra le varie anime del partito?

Eppure ci sarebbe da riflettere sugli accadimenti, inediti e soprattutto inaspettati, andati in scena negli ultimi tre mesi. A cominciare dai ko subiti dalla filiera che fa capo a Giuseppe Fioroni, rimasto fuori dal Parlamento dopo ventidue anni di permanenza sugli scranni di Montecitorio, e dalla sua fedele scudiera Luisa Ciambella, dapprima esclusa dal novero degli eletti alla Regione e quindi beffata il 10 giugno con un risicato 10,88% di voti, peraltro inferiore ai consensi ottenuti dalle tre liste che hanno appoggiato la sua corsa verso la poltrona più alta di palazzo dei Priori (Pd, Orizzonte Comune, La voce dei giovani: 12,47%).

Nella sua aspirazione a indossare la fascia tricolore, albergava la voglia di rivincita sullo smacco subito alle regionali. Ma il sogno si è infranto per una lettura superficiale della realtà cittadina, non consapevole della delusione, mista a scontento, patita da quanti avevano risposto fiducia nella prima giunta di centrosinistra dopo la lunga stagione dominata dal centrodestra.

E allora additare il flop alle divisioni del partito e alla conseguente diaspora di Francesco Serra (alle urne con due liste civiche, ha ottenuto il 10,94%) è una mera giustificazione consolatoria, in quanto, si sa, le colpe sono sempre degli altri.

E invece non è solo così. Perché i viterbesi aspettavano il 10 giugno per dare la pagella – come si è visto, zeppa di insufficienze - alla compagine guidata da Leonardo Michelini, l’unico forse che aveva percepito con largo anticipo che tirava un’aria nefasta, tal che se si fosse presentato per un secondo mandato sarebbe stato respinto. Ne ha fatto le spese la sua vice che, mentre negli incontri di propaganda ha raccontato la magnifiche sorti e progressive dell’esecutivo insediato cinque anni fa, non si è accorta che i cittadini non erano dello stesso parere, scuotevano la testa ed esprimevano espressioni non lusinghiere che poi si sono materializzate nelle urne.
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