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Jaffe nel libro 'Presidenti' di Adam Smulevich

Il fondatore del Casale Calcio

Uno dei motivi per cui 30 anni fa ho smesso di seguire il Casale allo stadio è stato quando “nella curva” mi è stato chiesto di intonare “Grigi Ebrei”. Ora,ci sta che in una partita di derby ci si mandi insulti creativi, ma che provocazione è dare ad un tifoso dell'Ebreo? Perchè allora non apostrofarlo con “Ugro-Finninco”, o “Giansenista”? Il bello è che dall'altra parte gli Alessandrini rispondevano con lo stesso epiteto: “Nerostellati Ebrei!”. Con una differenza importante però: loro avevano ragione.

Non so sei i cori al Natal Palli siano cambiati nel tempo (la conoscenza storica di alcuni tifosi temo di no), ma di certo oggi conosciamo tutti la storia di Raffaele Jaffe, fondatore del Casale, l'uomo che con 11 ragazzi e una bella forza di volontà ha cucito sulla maglia nerostellata il tricolore.

Molti di noi hanno scoperto quest'uomo con il libro di Pansa “Il Bambino che guardava le donne”, poi approfondito con le opere di Ramezzana e di Aimo dedicate alla squadra, o nelle memorie di Lilliana Picciotto.

Oggi per ricordare questo mecenate ed educatore morto ad Auschwitz nel 1944 esce il bel volume di Adam Smulevich “Presidenti” (ed Giuntina, € 12), dove scopriamo fin dal sottotitolo che Jaffe è in buona compagnia: “storie scomode dei fondatori delle squadre di calcio di Casale, Napoli e Roma”. Si Parla quindi Jaffe, dell'imprenditore partenopeo Giorgio Ascarelli e di Renato Sacerdoti, con cui la Roma conquistò anche il suo primo scudetto. Vita parallela quest'ultima: come Jaffe anche Sacerdoti si convertì al cristianesimo. Cosa che non fece molta differenza, né per i fascisti né per i nazisti.

Adam Smulevich, è una penna vivace e preparata: giornalista per l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, è emotivamente partecipe delle vicende dei suoi protagonisti, sia quelle umane che calcistiche (però è super partes, è nota la sua passione per la Fiorentina). Il libro è appassionante proprio per i due piani di lettura.

C'è un ricostruzione, anche intima, della condizione ebraica tra l'inizio del '900 e la Shoà, in cui Smulevich si serve anche di documenti poco conosciuti fino ad oggi. Si parte da un contesto di completa integrazione dove è perfettamente normale che un didatta di grande tempra morale come Jaffe che insegna al Leardi voglia dedicare tempo e denaro a fondare una squadra di uno sport che prende sempre più piede. Nel 1914 l'Avvenire gli commissionerà una storia della sue squadra e nel quadro generale il fatto che fosse ebreo è un particolare del tutto irrilevante. Eppure Jaffe ebreo lo era, e lo resterà fino al 1937, una conversione quindi non dettata dall'avvicinarsi della tempesta, ma ponderata dal 1927 quando aveva sposato una ragazza cattolica,

Poi c'è l'altra storia, quella che lo lega al Casale Football club. Una vicenda che raccontata da Smulevich acquista quei toni epici che solo lo sport riesce ancora a regalare. Ci sono tutti gli elementi per un film: la passione, i primi passi con una squadra di ragazzini della scuola, un prato e un approssimativo pallone di cuoio, e poi quattro anni in cui quel gruppo diventa una compagine in grado di competere con le migliori, compresa la storica rivale della Pro Vercelli. Infine il racconto della finale contro la Lazio per lo scudetto del 1914. Più che la partita (il Casale travolse gli avversari sia all'andata che al ritorno) è bello leggere la ricostruzione di Smulevich, rigorosamente da documentazione dell'epoca, di come furono accolti gioiosamente i giocatori della Lazio a Casale. E sì, una volta il terzo tempo esisteva anche nel calcio.

L'epilogo dell'uomo Jaffe è triste: nel 1938 preside del Leardi dovette lasciare l'insegnamento per le leggi raziali. Nel 1944 dal campo di transito di Fossoli dove era internato Jaffe scrive una commovente lettera alla moglie, conservata insieme a molte altre nell’archivio storico della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano: «Voglio che tu sia sempre la donna forte che ho conosciuto, che ho ammirato adorandola e che è stata per lunghi anni il faro luminoso della mia esistenza. Spera come spero io, e prega il Cielo perché un giorno si possa ancora essere riuniti nella nostra casetta, angelo mio. Tu devi essere coraggiosa, anche al di là dei limiti delle tue forze, per Tilde nostra [la figlia Clotilde], che ha ed avrà in te l’unico appoggio, l’unico sostegno ».

La lettera è datata 30 luglio. Poche ore e il convoglio partirà verso la Polonia. Troppo vecchio per lavorare verrà inviato subito alle camere a gas. Per molto tempo spariva dalla storia. La maglia nerostellata scelta da lui, continua a scendere in campo ogni domenica. C'è da essere orgogliosi di essere stati fondati da Jaffe.

Alberto Angelino

Il libro verrà presentato domenica 5 novembre a Casale in Sinagoga