Le polemiche intorno alle foto di Alessio Mamo

Si discute da giorni di un suo lavoro sullo spreco di cibo e la fame in India, che è stato accusato di aver spettacolarizzato il dolore e aver superato i confini del fotogiornalismo

Da giorni si parla di alcune foto che il fotografo italiano Alessio Mamo ha pubblicato sull’account Instagram del World Press Photo, il più importante e conosciuto premio di fotogiornalismo al mondo. Le foto – che mostrano persone e bambini indiani che si coprono gli occhi con le mani, davanti a tavole imbandite di cibo finto – sono state accusate di scarso rispetto per la difficile situazione delle persone ritratte e hanno portato a domande più estese sul fotogiornalismo e su cosa possa essere considerato tale.

Quest’anno Mamo ha vinto il secondo premio del World Press Photo nella categoria “Persone”, con la foto di una bambina di 11 anni ritratta in seguito a una delicata operazione di chirurgia plastica al viso, dopo essere stata ferita nell’esplosione di un missile in Iraq. Come altri vincitori, Mamo ha avuto l’occasione di gestire per una settimana l’account Instagram del World Press Photo per mostrare alcuni dei suoi lavori a sua discrezione, e farsi un po’ di pubblicità. Mamo ha deciso di pubblicare le foto del suo progetto Dreaming Food, realizzato nel 2011 negli stati dell’Uttar Pradesh e del Madhya Pradesh, in India, con l’intento di parlare di povertà e spreco di cibo (soprattutto in occidente nel periodo natalizio). Le foto sono queste:

https://www.instagram.com/p/BlimtuvnQ9S/?taken-by=worldpressphoto

Nella presentazione del progetto Mamo l’ha definito “un lavoro concettuale” ed è stato lui stesso a spiegare che il cibo usato era finto e le foto erano state inscenate. Questi aspetti – insieme all’ultima riga di descrizione: «ho portato con me un tavolo e del cibo finto e ho detto alla gente di sognare un po’ di cibo che vorrebbero trovare sulla loro tavola» – sono quelli che hanno provocato maggiori critiche. Qualcuno ha accusato Mamo di mancanza di rispetto, di aver sfruttato le persone nelle foto e di un generico cattivo gusto nella realizzazione del progetto. L’attuale photoeditor del Washington Post, Olivier Laurent, ha definito il progetto «mal pensato» e «strumentale», aggiungendo che non avrebbe mai dovuto essere realizzato. Altri hanno parlato di “pornografia della miseria”. È giusto usare delle persone che vivono una condizione di sofferenza in questo modo?

Mamo ha risposto che con le sue foto voleva solo parlare del problema dello spreco di cibo nei paesi sviluppati mettendolo di fronte a quello della fame in quella zona del mondo. Martedì ha diffuso una dichiarazione in cui spiega che l’idea originaria era di «creare un contrasto tra una tipica tavola occidentale con cibo di lusso in un contesto povero che potesse enfatizzare questo contrasto». Ha poi spiegato di aver realizzato il lavoro in collaborazione con un’organizzazione locale attiva sul territorio, che i bambini e le persone ritratti non erano né malnutriti né malati, e che hanno partecipato volentieri e volontariamente al progetto quando gli è stato proposto.

L’unico obiettivo era che la gente occidentale pensasse, in modo provocatorio, allo spreco di cibo. Forse non ha funzionato affatto, forse l’ho fatto nel modo sbagliato, ma ho lavorato onestamente e rispettosamente con tutte le persone coinvolte.
Sono un essere umano e posso fare errori. Voglio offrire le mie più sentite scuse a chiunque si sia sentito offeso e ferito da queste foto, e alle persone che ho fotografato. Non era affatto mia intenzione screditarli. Sono innamorato dell’India e della sua gente. Sono sempre aperto alle critiche sul mio lavoro, ma non ho mai sentito nella mia vita così tanto odio come nei commenti ricevuti nei giorni scorsi.

Le altre polemiche intorno alle foto di Mamo sono dovute al fatto che il progetto sia stato promosso sulla pagina Instagram di un importante premio di fotogiornalismo, confondendo i piani di lettura e di interpretazione del lavoro. Sebbene non sia chiaro come possa essere definito il progetto, è difficile considerare Dreaming Food come un lavoro fotogiornalistico: non mostra un contesto e situazioni reali, ma creati completamente a tavolino. Per capire come mai in tanti abbiano trovato inappropriato vedere il lavoro di Mamo sulla pagina del World Press Photo basta pensare alle polemiche che ci furono per la foto che vinse il concorso nel 2013, e che fu molto criticata solo per alcuni interventi di post-produzione.

Michele Smargiassi, giornalista esperto e appassionato di fotografia, ha scritto su Repubblica che proprio il fatto che l’aspetto “teatrale” delle foto sia così evidente sarebbe potuto essere sufficiente per evitare alcune delle polemiche degli ultimi giorni. «L’aspetto palesemente di fiction, la messinscena plateale di queste immagini (evidente soprattutto per chi vede tutta la serie) [..] dovrebbe essere sufficiente per convincere il lettore che non si tratta di una beffa ai danni di bambini ignari e crudelmente ingannati».

Il World Press Photo ha risposto a queste critiche spiegando semplicemente che sono i fotografi ad avere il controllo e la responsabilità di quello che pubblicano durante quella settimana. Al contrario altri, tra cui Olivier Laurent, ritengono che l’organizzazione dovrebbe controllare cosa viene postato sul suo profilo Instagram esattamente come avviene per altri canali di comunicazione, come Facebook, Twitter o il sito stesso.