Quindi come l’hanno risolta col condono fiscale?

Ieri Conte, Salvini e Di Maio hanno in parte spiegato come si sono accordati sulle misure del decreto fiscale al centro dello scontro di governo

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

Sabato i due vice presidenti del Consiglio Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno annunciato in una conferenza stampa di aver risolto le divergenze sul decreto fiscale, che avevano provocato nei giorni precedenti un duro scontro interno al governo tra Lega e Movimento 5 Stelle, fatto di complottismi, accuse, prese in giro e dichiarazioni spazientite.

In breve: Di Maio si era arrabbiato quando aveva capito che nel decreto fiscale sarebbe stato incluso un condono più ampio di quanto era disposto a tollerare. Dopo giorni di liti e trattative ha ottenuto che la Lega rinunciasse ad alcune delle sue richieste iniziali, in cambio – a quanto sembra – del ritiro di buona parte degli 81 emendamenti che il M5S ha presentato sul decreto sicurezza voluto da Salvini. Queste sono le versioni definitive – salvo sorprese – delle misure del decreto fiscale sulle quali avevano litigato Lega e M5S. Il testo del decreto, in ogni caso, non è ancora stato diffuso, e su alcuni dettagli non c’è ancora certezza: quello che sappiamo lo hanno spiegato Salvini, Conte e Di Maio, oppure arriva da altre fonti nel governo.

Lo “scudo penale”
Era una misura che avrebbe garantito la non punibilità per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio, e per i capitali detenuti all’estero. Sono reati che attualmente prevedono pene da 2 a 8 anni, ma secondo la precedente versione del decreto sarebbero stati perseguibili solo se connessi a reati diversi dall’evasione. La voleva la Lega, ma era il punto centrale dello scontro con il M5S, che non ne voleva sapere: a quanto è sembrato dalla conferenza stampa di ieri, è stato ritirato dal decreto.

Dichiarazione integrativa
Le modalità con cui si potranno far riemergere i redditi non dichiarati sono state uno dei principali motivi di scontro tra Lega e M5S. Nella versione definitiva, hanno spiegato ieri Salvini e Di Maio, si potranno dichiarare fino a 100mila euro all’anno: ma complessivi, e non – diversamente da quanto circolato nelle prime bozze del decreto – per ogni imposta evasa. Varrà per gli anni tra il 2013 e il 2017 per le imposte sui redditi, per le ritenute, per i contributi previdenziali, IVA e IRAP, ma non per le imposte sui redditi e sugli immobili detenuti all’estero, come era stato inizialmente ipotizzato. L’aliquota per questa nuova parte dichiarata sarà del 20 per cento, a eccezione dell’IVA per la quale sarà calcolata un’aliquota speciale.

Le limitazioni sono che potrà ricorrere alla dichiarazione integrativa solo chi aveva fatto comunque una dichiarazione dei redditi, e che la somma oggetto della dichiarazione integrativa non potrà superare il 30 per cento di quella dichiarata per lo stesso periodo: per esempio su 100mila euro dichiarati, se ne possono integrare fino a 30mila all’anno in precedenza evasi.

Il “saldo e stralcio”
Non è una misura già contenuta nel decreto, ma verrà presentata in un emendamento durante l’approvazione parlamentare. Permetterà a determinate categorie definite in “oggettiva difficoltà” – si sono fatti gli esempi di genitori soli con figli o famiglie con disabili – di rottamare delle cartelle esattoriali pagando una quota che varia sulla base della dichiarazione ISEE. Se l’ISEE è sotto i 15mila euro si pagherà il 6 per cento dell’imposta non versata; se è compreso tra 15mila e 22mila euro si pagherà il 10 per cento; se è compreso tra i 22mila e i 30mila euro si pagherà il 25 per cento. Oltre a cancellare interessi e sanzioni, la misura prevederà anche un meccanismo di rateizzazione.

Mini-cartelle
Tutti i debiti fino a 1.000 euro con pubblica amministrazione e fisco accumulati tra il 2000 e il 2010 – compresi, per esempio, multe e bolli auto – saranno cancellati.

Rottamazione-ter
I debiti accumulati tra il 2000 e il 2017 si potranno pagare in due rate annuali per cinque anni, senza sanzioni o interessi di mora. Sarà previsto un tasso di interesse agevolato intorno al 2 per cento. Si potrà aderire entro 7 mesi dall’entrata in vigore del decreto con un modulo sul sito dell’Agenzia delle Entrate.