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  • Martedì 29 gennaio 2019

Il complotto contro Islamberg

Quattro giovani sono stati arrestati con l'accusa di voler attaccare una comunità musulmana statunitense che secondo l'estrema destra ha legami col terrorismo

Un controllo all'ingresso di Islamberg. (AP Photo/Mark Lennihan)
Un controllo all'ingresso di Islamberg. (AP Photo/Mark Lennihan)

Alle pendici dei monti Catskill, nello stato di New York, c’è una comunità chiamata “Islamberg”: fu fondata negli anni Ottanta da un gruppo di famiglie musulmane, composte in prevalenza da afroamericani newyorkesi che volevano allontanarsi da un ambiente che reputavano ostile e poco sicuro. L’enclave esiste ancora oggi, e nel corso dei decenni ha costruito solide e serene relazioni con i vicini all’esterno della comunità: nonostante questo Islamberg negli ultimi anni è finita al centro di diverse teorie del complotto nate online negli ambienti dell’alt-right, la nuova estrema destra statunitense. La settimana scorsa la polizia ha arrestato quattro giovani uomini con l’accusa di aver messo insieme un arsenale di armi da fuoco e di esplosivi artigianali per colpire la comunità musulmana di Islamberg.

Una ragazza studia mentre un uomo taglia la legna a Islamberg. (AP Photo/Mark Lennihan)

Islamberg fu fondata nel 1980 e oggi ha circa 200 abitanti che vivono in un’area di circa 24 ettari, raggiungibile con una strada sterrata privata. Nonostante l’elusività dell’insediamento, i suoi abitanti nel tempo hanno sviluppato buoni rapporti con la polizia e con i vicini: soprattutto perché ci vivono insieme tutto il giorno, negli uffici, negli ospedali, nelle scuole, nelle squadre sportive. Hussein Adams, capo dell’organizzazione Muslims of America e la cui famiglia vive a Islamberg da tre generazioni, ha spiegato al New York Times che la fede degli abitanti della comunità si basa sull’amore e sul rispetto: «Questi ragazzi non sono mai stati a Islamberg, vanno su internet e leggono tutte queste fake news e questa disinformazione, e hanno messo insieme un piano».

«Obbediscono alla legge e sono membri solidi e positivi della nostra comunità», ha detto dei residenti William McEvoy, comandante della polizia locale, che ha ribadito che le teorie del complotto su Islamberg sono infondate. A contribuire alla loro nascita, però, ci furono dei legami poco chiari tra la comunità e Mubarak Ali Gilani, un religioso pakistano che diventò famoso negli Stati Uniti dopo l’omicidio del giornalista del Wall Street Journal Daniel Pearl, assassinato nel 2002 in Pakistan. Pearl stava cercando di ottenere un’intervista con Gilani, che secondo l’intelligence americana non fu coinvolto nell’omicidio.

I fondatori di Islamberg furono effettivamente seguaci di Gilani, che in quegli anni predicava di lasciare le città e la loro “corruzione morale” per creare comunità musulmane autonome, che nacquero anche in altri luoghi degli Stati Uniti. Ma Gilani è anche considerato uno dei fondatori di Jamaat al Fuqra, un’oscura organizzazione religiosa prevalentemente afroamericana con membri in Pakistan e negli Stati Uniti, e che è stata accusata a partire dagli anni Ottanta di diverse attività illegali e violente. La presunta natura terroristica di Jamaat al Fuqra, e i legami tra Islamberg e Gilani, sono sostenuti principalmente dagli estremisti di destra che hanno confezionato le teorie del complotto sulla comunità, simili per esempio a quelle sul Pizzagate.

Su Facebook, su Reddit, su 4chan e su vari forum di estrema destra, Islamberg viene abitualmente descritta come una specie di centrale operativa del terrorismo islamico negli Stati Uniti, con racconti sull’imposizione della Shari’a, sul lavaggio del cervello compiuto ai danni delle nuove reclute e sui campi di addestramento militare. Tutte storie false. Nel 2017 un 64enne residente nella comunità fu arrestato per aver rubato delle munizioni, e fu scoperto in possesso di un piccolo arsenale. Quella notizia portò a una nuova fase le teorie complottiste su Islamberg, nonostante la polizia avesse chiaramente specificato che non c’erano indicazioni riguardo a nessun atto di violenza in programma (e non è così strano negli Stati Uniti che qualcuno possieda molte armi in casa).

Due poliziotti e alcuni leader della comunità di Islamberg, durante una visita delle forze dell’ordine. (AP Photo/Mark Lennihan)

Da quel momento sulle strade che circondano Islamberg cominciarono a circolare delle occasionali ronde, l’insediamento fu sorvolato da droni, e diverse persone furono sorprese mentre cercavano di entrare a spiare la comunità. Iniziarono, in sostanza, le indagini private di chi credeva alle teorie del complotto. Ci furono anche delle piccole manifestazioni: Joseph Glasgow, che ne organizzò una, disse di credere che gli abitanti di Islamberg «non sostengono le stesse cose che sosteniamo noi», e chiese che fosse organizzato un blitz nell’insediamento per ragioni di sicurezza nazionale. Nel 2017 Robert Doggart, un uomo del Tennessee, fu condannato a 20 anni di carcere per aver pianificato di attaccare la comunità. In una telefonata intercettata disse di non voler uccidere bambini, ma che avrebbero potuto verificarsi dei danni collaterali.

Nell’appartamento di uno dei giovani arrestati la scorsa settimana sono stati trovate 23 armi da fuoco e tre bombe artigianali. Tre dei quattro giovani arrestati hanno tra i 18 e i 20 anni, mentre il quarto è un minore.

La moschea di Islamberg. (AP Photo/Mark Lennihan)

Nel 2008 CTC Sentinel, una rivista pubblicata dal centro studi sul terrorismo Combating Terrorism Center, pubblicò un’inchiesta che concluse che non c’era nessuna prova di operazioni segrete a Islamberg, e che l’eventuale presenza di armi era giustificata dalla loro diffusione negli Stati Uniti rurali. William Rosenau, uno degli autori dell’inchiesta, ha detto al New York Times: «credo che il fatto che i membri della comunità siano musulmani e quasi tutti afroamericani sia fonte di grandi preoccupazioni. Credo che non si tratti di nient’altro che di paura religiosa e razziale».