Bologna, estorsione a luci rosse al prete. Condannata

Due anni e otto mesi alla ventinovenne. Il sacerdote di 75 anni le aveva dato 2.400 euro

EFFUSIONI PROIBITE  Una scena tratta dalla miniserie tv degli anni ’80 ‘Uccelli di Rovo’

EFFUSIONI PROIBITE Una scena tratta dalla miniserie tv degli anni ’80 ‘Uccelli di Rovo’

Bologna, 16 novembre 2018 - Quel ricatto al prete le è costato caro: due anni e otto mesi. Lo ha deciso ieri il gup Domenico Panza, condannando la protagonista della storia a luci rosse – L. N., una romena di 29 anni residente in città da tempo – per estorsione ai danni di un sacerdote 75enne, non costituitosi però parte civile.

Alla sbarra con lei, in abbreviato, c’erano anche il fratello 27enne e la fidanzata connazionale di 26 anni, accusati di tentata violenza privata, ipotesi per la quale sono stati condannati a 8 mesi (pene non sospese). L’accusa aveva chiesto quattro anni e sei mesi per l’estorsione e un anno per gli altri due, tutti difesi dall’avvocato Gennaro Lupo.

La vicenda risale al periodo dicembre 2015-gennaio 2016, ma a lungo è stata coperta dal riserbo. Secondo la ricostruzione dell’accusa, il sacerdote al tempo era assegnato a una parrocchia della città ed era finito vittima del ricatto della donna, con la quale aveva avuto alcuni incontri intimi. La donna lo minacciava di diffondere i video hard che li ritraevano insieme se lui non avesse acconsentito a sborsare quanto lei chiedeva. E così, in più tranche, il conto era già salito a un totale di 2.400 euro.

Decisosi a denunciare tutto ai carabinieri, il prete è stato poi vittima, secondo l’accusa, di pressioni indebite da parte del fratello della romena e della sua compagna, affinché lui ritirasse la querela. La versione della donna – finita in arresto all’inizio dell’indagine – è stata, invece, sempre diversa. Secondo l’imputata, che non ha mai negato la relazione intima con il religioso, il sacerdote si era poi innamorato di lei tanto di proporle ingenti somme per aiutarla con l’affitto e con il mantenimento dei due figli piccoli (la donna è separata).

«Ritengo che le prove fornite dall’accusa non siano univoche e non vadano nella direzione indicata dal sacerdote in denuncia – commenta l’avvocato Lupo –. Attendiamo le motivazioni (90 giorni) ma di sicuro sono emersi elemento validi per l’appello».

Tra questi, ad esempio, il fatto che «il sacerdote conservasse immagini della mia cliente sul telefonino, tanto da poterle fornire ai carabinieri per identificarla, nonostante negasse la relazione». E sull’ultimo tentativo di estorsione, che avrebbe fatto scattare l’arresto in flagranza, «perché mai la mia cliente non si sarebbe dovuta presentare a un appuntamento dove, per l’accusa, doveva ricevere i soldi voluti?».

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