Stefano Calzati, il bolognese che ha scritto in 3 lingue sul Vietnam

Ora insegna al Politecnico di Milano. "Abbiamo parlato in italiano, francese e inglese"

Stefano Calzati

Stefano Calzati

Bologna, 5 novembre 2018 - Nel 2010, Stefano Calzati, bolognese di 35 anni, è partito per un anno in Australia, dove ha insegnato italiano nelle scuole di Melbourne. Terminata l'esperienza, è rientrato in Europa (oggi insegna al Politecnico di Milano), ma non prima di fare una lunga tappa in Vietnam, dove è rimasto per oltre un mese, per quello che definisce un “viaggio di decompressione”.

“Volevo prendermi un po’ di tempo per riflettere sul futuro e sono sempre stato attirato dal Vietnam, soprattutto per la sua storia recente, simbolo di resistenza per tutto il mondo.” Da questa esperienza Calzati ha tratto un libro 'In Vietnam. Digressioni di viaggio' (Prospero Editore, 306 pagine, 14 euro), che è uscito il 18 ottobre e verrà presentato a Bologna il 9 novembre alle 18 alla libreria Ubik (via Irnerio, 27). “Ho sempre amato la scrittura e il viaggio, così quando sono partito alla volta del Vietnam mi sono ripromesso di prendere appunti per poter scrivere questo diario-reportage una volta tornato a casa.”

Un aspetto peculiare del libro è che i dialoghi con le persone incontrate lungo la strada sono riportati come sono avvenuti, talvolta in inglese, in francese (altra lingua rimasta in Vietnam dopo la decolonizzazione) e in italiano: “In effetti, tornando dall’Australia, e avendo vissuto alcuni anni a Parigi, non ho avuto problemi a farmi capire dalla gente del luogo, e quando si è trattato di scrivere il libro ho pensato che queste lingue arricchissero ulteriormente il racconto”, ci spiega Calzati, che ha vissuto, per studio o lavoro, anche a New York, Amsterdam, Leeds, e Hong Kong.

Dal libro emerge un’immagine contemporanea del Vietnam, attenta alla sua storia, ma anche alle sue mille contraddizioni odierne. “Culturalmente è un paese variegato e la giovialità della popolazione mi ha sorpreso molto, ma ancora di più mi ha colpito vedere i contrasti tra aree urbane e rurali: alcune zone sono ormai ipersviluppate, ma talvolta basta spostarsi di qualche chilometro per vedere emergere una povertà diffusa”.

Il Vietnam di oggi, in effetti, è un Paese arrembante, proiettato ormai sul mercato globale; allo stesso tempo, però, sembra faticare a rimarginare le cicatrici del conflitto contro gli americani negli anni Sessanta-Settanta. “E’ impressionante vedere, ancora oggi, aree devastate dal conflitto”, racconta l’autore, “nella cosiddetta “de-militarized zone” (il confine che segnava il passaggio dal Vietnam del sud, in mano agli americani, al Vietnam del nord, in mano alle forze del comandante Ho Chi Minh), ci sono ancora i crateri delle bombe, mentre le piantagioni di caffè sono cresciute deformate per decenni a causa del napalm”.

Ora Calzati è tornato in Italia da un anno, ma già pensa di ripatire: “Al Politecnico mi trovo bene, lavoro con ottimi colleghi, ma le condizioni contrattuali sono minime, così continuo a cercare altre soluzioni, magari di nuovo in Inghilterra, dove ho fatto il dottorato, sebbene con la Brexit si ora tutto più complicato. Oppure in Nord America, dove avrei terre nuove da esplorare e di cui scrivere. Intanto ho accettato la proposta di una casa editrice belga per dirigere una collana di saggi, ruolo che posso ricoprire anche da qui”. In attesa della prossima meta e del prossimo libro, gustiamoci di questo intrigante diario-reportage sul Vietnam.

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