Cesena, il vescovo sul dormitorio inaugurato in curia: “Speriamo che altre diocesi ci seguano”

Monsignor Regattieri: “Siamo i primi in Italia? Non lo so, noi facciamo solo il nostro dovere”

Douglas Regattieri (Foto Ravaglia)

Douglas Regattieri (Foto Ravaglia)

Cesena, 26 novembre 2018 - Un nuovo spazio, aperto tutte le notti dell’anno, per quattordici senzatetto. Il palazzo vescovile di Cesena apre letteralmente le sue porte ai bisognosi e trasforma alcuni dei suoi locali, in un dormitorio per chi è senza dimora. Primo caso in Italia, l’apertura è stata fortemente voluta dal Vescovo Douglas Regattieri e ha richiesto un investimento di circa 100mila euro, a carico della diocesi. Oltre al dormitorio con quattordici posti letto, la struttura conta bagni e una sala comune, in cui consumare pasti. È stata inaugurata sabato e ora il vescovo spera faccia da apripista per le altre diocesi italiane.

Monsignor Douglas Regattieri, da otto anni vescovo della diocesi di Cesena-Sarsina, quale messaggio ha voluto lanciare con l’apertura di una casa di accoglienza notturna nei locali del Vescovado, dove lei abita?

“Una sollecitazione a tutti perché cresca l’attenzione ai poveri, che per noi cristiani è parte costitutiva della nostra fede. La chiesa diocesana non può non essere attenta ai bisogni degli ultimi. L’anno scorso alcune associazioni, comprese la Caritas che fa tanto per i bisognosi e ogni giorno mette a disposizione la sua mensa per poveri, in inverno organizzarono l’accoglienza temporanea notturna in una casa privata cittadina, ma terminato l’inverno la casa è stata chiusa. E’ restato però il bisogno e ci siamo attivati”.

Un dormitorio nei locali dove si trovavano gli uffici della Curia, nel complesso attiguo alla Cattedrale, nel cuore della città.

“Sono locali che si sono resi disponibili dopo il trasferimento degli uffici nell’edificio dell’ex Sacra Famiglia in via Don Minzoni. I lavori di adattamento alla nuova funzione sono costati centomila euro, a carico della diocesi, il dormitorio con 14 letti è stato affidato alla gestione della Comunità Papa Giovanni XXIII”.

Pare che sia il primo caso in Italia di un vescovo che trova spazio per i poveri nel palazzo vescovile.

“Non saprei se siamo i primi, tentiamo di fare la nostra parte e speriamo che ce ne siano altri”.

Già una parte degli spazi lei aveva deciso di destinarli ad una Casa famiglia. Ora ha completato l’opera?

“Nel giugno 2017 è stata inaugurata la casa famiglia che fa capo anch’essa alla associazione papa Giovanni XXIII ed ospita bambini e persone disagiate. Rimanevano gli altri spazi e ho ritenuto che dovessero diventare un centro di accoglienza notturno per integrare la sua offerta a quella della struttura dell’Asp (Aziende pubbliche di servizi alla persona) in via Strinati”.

Lei aveva anche sollecitato parrocchie, movimenti religiosi, associazioni e privati ad accogliere i profughi. Un leit motiv, il sostegno agli ultimi, del suo mandato episcopale?

“Come potrebbe essere diversamente? Senza la carità effettiva, la fede è vuota. Papa Francesco ha detto che l’attenzione ai poveri non è la moda di un pontificato. Neppure di un episcopato, aggiungo, né di un parroco o di un’associazione: è l’esigenza della vita cristiana. Ma non solo. Nelson Mandela diceva che una nazione dovrebbe essere giudicata da come tratta non i cittadini più prestigiosi, ma quelli più umili”.

Il dormitorio è stato intitolato alla memoria di una coppia di laici cesenati, Consilio e Bruna Piraccini. Perché?

“Perché dettero l’esempio. Lei è morta nel 2010, lui nel 2012: è stata una coppia diaconale che si è spesa per i poveri con ammirevole ed esemplare dedizione, indicandoci la strada”.