Ravenna, battaglia legale sull’eredità di don Brioschi

A processo per circonvenzione l’uomo cui il sacerdote diede 400mila euro per gratitudine

Don Edoardo Brioschi: è stato parroco di San Bartolo per mezzo secolo

Don Edoardo Brioschi: è stato parroco di San Bartolo per mezzo secolo

Ravenna, 28 settembre 2018 - Chiamateli, se volete, risparmi di una vita fatta di carità pastorale e cura delle anime. Ma quello lasciato da don Edoardo Brioschi, per più di cinquant’anni parroco di San Bartolo, passato a miglior vita – si fa per dire – nel novembre 2016 all’età di 91 anni, era un vero e proprio tesoro. Un patrimonio di 2,3 milioni di euro che al termine di una vertenza extragiudiziale, insorta sulla interpretazione di due testamenti lasciati dal don, è stato ripartito tra Curia, opera Santa Teresa e una famiglia cui il religioso era molto legato. Ma proprio sul conto dell’ultimo beneficiario è scaturito un procedimento penale che da ieri vede rinviato a giudizio per circonvenzione di incapace un 70enne di San Bartolo, cui don Brioschi nel 2014 aveva dato un assegno da 400mila euro in segno di gratitudine verso il padre, che per molti anni si era occupato dei terreni della parrocchia e aveva fatto lavori sempre a titolo di amicizia. Una generosità improvvisa alla quale la Procura non crede, anche in ragione di una consulenza del medico legale Roberto Zanfini che aveva valutato il sacerdote, poco prima che morisse, affetto da un principio di demenza senile che lo portava a «eseguire scelte economiche di cui non comprende la portata» e a confondere gli euro con le lire. Ma il medico riconosce anche che il prete aveva confermato «più volte che era sua intenzione essere riconoscente nei confronti di una famiglia che l’ha sempre aiutato»: secondo il difensore del beneficiario, avvocato Massimo Martini, la prova della sua buona fede.

A dare il via alle indagini, poi affidate alla polizia, era stato un esposto del settembre 2014 di un funzionario della banca ravennate dove don Brioschi teneva depositati titoli per 2,3 milioni di euro. Ciò in quanto un giorno il religioso si era presentato chiedendo di eseguire un bonifico di due milioni di euro a favore di un conoscente, poi emettendo assegni a favore dello stesso con importi rilevanti, ma che in realtà non erano coperti da liquidità ma solo dai titoli. Quando il fortunato beneficiario si presenta allo sportello per depositarne uno da 400mila euro, che a proprio dire il prete gli aveva consegnato senza che lui gli avesse chiesto nulla, la banca fa presente al sacerdote che un lascito di quella portata andava supportato da un atto notarile sotto forma di donazione. Seguono trattative, ma alla fine il beneficiario per avere i suoi soldi fa partire un precetto con pignoramento, cui la banca si oppone con successo e blocca tutto. E nel frattempo la Procura avvia un procedimento urgente per la nomina di un amministratore di sostegno.

Eppure alla morte di don Brioschi spuntano due testamenti olografi in cui il defunto destina il proprio patrimonio a Curia, opera Santa Teresa – dove aveva trascorso gli ultimi anni di servizio sacerdotale – e appunto alla famiglia di San Bartolo. Testamenti che la difesa del 70enne ha prodotto per dimostrare che il lascito corrisponde alla cifra contestata. Nel frattempo le parti in causa hanno trovato l’accordo, ottenendo ciascuno la propria fetta, l’odierno imputato a dire il vero ben più dei 400mila euro indicati dall’assegno iniziale. Ma ora, lui soltanto, ha questa gatta da pelare di natura giudiziaria. Ieri, davanti al Gup Corrado Schiaretti, ha rifiutato il patteggiamento, ritenendo di essere nel giusto, così il processo che lo vede imputato partirà a inizio dicembre davanti al Tribunale. Quel tesoro val bene il rischio di una condanna.