Terrorismo a Ravenna, Corano in tasca e minacce. Marocchino espulso

A rischio radicalizzazione bloccato dalla Digos in zona piazza San Francesco

Operazione anti terrorismo

Operazione anti terrorismo

Ravenna, 21 ottobre 2018 - "Lo devo fare, bisogna che lo faccia qualsiasi cosa succeda, mi devo decidere a farlo...». Lo avevano sentito più volte pronunciare questa frase in maniera concitata. E il timore è che ciò che voleva decidersi a fare, non sarebbe affatto stata una cosa buona. Anche perché il protagonista di questa vicenda – un marocchino di 42 anni, disoccupato e da qualche anno in città – secondo gli inquirenti manifestava i chiari sintomi di chi stia vivendo una fase particolarmente mistica della propria vita: una sorta di auto-radicalizzazione la sua (non frequentava le moschee) con tanto di Corano sempre nello zainetto e di preghiera scritta su un quadernino che custodiva sempre a portata di mano. Il rischio era insomma quello di una possibile deriva lungo un piano inclinato che lo avrebbe potuto fare scivolare verso scelte pericolose per il resto della comunità.

Dopotutto non solo era solito mostrare il dito medio di ambo le mani alzate al cielo di fronte alle telecamere di videosorveglianza del centro; ma quando qualcuno lo guardava, lui con pollice alzato e indice spianato mimava il gesto della pistola.

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E così dopo averlo tenuto d’occhio per qualche settimana, il 5 ottobre scorso la polizia lo ha bloccato in zona piazza San Francesco. A quel punto il 42enne – con permesso di soggiorno scaduto e mai rinnovato e con precedenti di polizia per porto abusivo di coltelli – è stato accompagnato al cie, centro di identificazione ed espulsione, di Torino. Qui, dopo la convalida del provvedimento da parte del giudice di pace, lunedì scorso è arrivato l’epilogo con l’esecuzione dell’espulsione ordinata dal prefetto per pericolosità sociale e il conseguente rimpatrio.

Secondo l’indagine portata avanti dalla Digos ravennate, diretta dal vicequestore Ornella Lupo, il 42enne era giunto in città perché qui vive una familiare con la quale tuttavia negli ultimi tempi l’uomo aveva perso ogni contatto. Di giorno bazzicava nel centro storico, perlopiù in zona biblioteca Oriani. E di notte trovava riparo in case abbandonate o ruderi alle porte della città. Gli inquirenti ipotizzano che vivesse di espedienti o di piccolo spaccio.

Una prima volta era già stato fermato e identificato con conseguente espulsione ma senza esecuzione immediata del provvedimento. E così aveva continuato a vivere in centro dove in molti avevano notato la sua riottosità. Un profilo critico quello delineato dagli agenti della Digos sulla base di atteggiamenti di evidente rancore e di manifesto disagio rispetto al contesto socio-culturale occidentale. Urla, calci e insulti ai passanti fino al gesto della pistola appunto. E poi quella frase dal contenuto inquietante pronunciata ad alta voce e sentita da più passanti. Solo l’ultimo passo verso il predellino dell’areo per Rabat.