Terrorismo, sognava una strage. Contatti a Reggio Emilia

Due fermi: il camionista aveva nella rubrica il numero di un reggiano

Giuseppe Frittitta, il palermitano fermato

Giuseppe Frittitta, il palermitano fermato

Reggio Emilia, 18 aprile 2019 - «Vivere in un Paese di Kufr (miscredenti, ndr) e voler essere musulmano al 100% ti porta a sentirti come intrappolato in un carcere», diceva uno. «Dire che ti capisco benissimo è poco», rispondeva in chat l’altro. Entrambi sognavano di lasciare l’Italia per unirsi allo Stato Islamico nella guerra contro gli «infedeli». Entrambi bramavano il martirio per unirsi alle «spose paradisiache». Entrambi si stavano addestrando «per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, anche rivolti contro uno Stato estero» e per raggiungere «una preparazione fisica e militare idonea a combattere a fianco dei miliziani dell’Isis in Siria o in altre località».

Per questo, il 18enne marocchino Ossama Ghaffir, residente nella novarese Cerano, e il 24enne camionista siciliano di Bagheria (trapiantato da un anno nella bresciana Alfianello) Giuseppe Frittitta alias «Yusuf» sono stati fermati ieri all’alba dagli agenti della della Digos di Palermo con l’accusa di aver istigato pubblicamente altre persone a commettere atti terroristici, condividendo materiale jihadista sia su profili social aperti che su gruppi di conversazione privati. Il loro è un profilo da «lupi solitari», cioè persone che si sono radicalizzate in Rete, senza necessità di appoggiarsi a un’organizzazione strutturata e spinti solo dall’odio verso i «Kuffar», gli «infedeli».

Proprio nella rubrica di Frittitta figurano i nomi di «diversi soggetti italiani convertiti alla fede islamica, noti per il loro livello di radicalizzazione». Tra questi, dicono i magistrati, c’è un 35enne reggiano convertito all’Islam, «pluripregiudicato e sorvegliato speciale». Sarebbe questo l’indice della «progressiva radicalizzazione» del Frittitta: «i contatti che intratteneva, sul web e fuori dal web, con soggetti caratterizzati da un preoccupante livello di estremizzazione e di minaccia per la sicurezza nazionale».

«Si tratta di una vera e propria Jihad 2.0 – argomentano nel decreto l’aggiunto Marzia Sabella e il pm Calogero Ferrara – portata avanti da mujaheddin virtuali, che promuovono una guerra culturale, anche a colpi di tweet e di notizie artatamente piegate alla propaganda radicale».

«Dobbiamo vivere in Marocco», suggerisce il 24enne a Ghaffir nel febbraio 2019, salvo poi aggiungere: «Con destinazioni ultime invariate... Kurasan, Iraq, Libia...». In tre parole: pronti a partire: «La legge di Allah non si applica se non con la spada, e bisogna essere crudeli con i traditori e con i ribelli». E ancora: «È ora! È arrivata l’ora del combattimento».