Rimini, Sigismondo d'Oro. Eron manda il vu’ cumprà a ritirare il premio

La commozione di Tosi. Gnassi ricorda il giornalista ucciso in Francia

Sigismondo d'Oro, un momento della premiazione (foto Bove)

Sigismondo d'Oro, un momento della premiazione (foto Bove)

Rimini, 22 dicembre 2018 - Il teatro Galli vestito a festa per il Sigismondo d’oro. Per la prima volta la sala del teatro ieri ha ospitato la cerimonia di consegna della massima onorificenza cittadina, quest’anno conferita allo storico gestore dell’Embassy Elio Tosi e all’artista Eron. Ma non è stato l’unico ‘colpo di teatro’ di questa edizione. Eron non si è presentato: ha mandato a ritirare il premio per lui Mbacke Dieng (ma tutti lo chiamano Mamadou), vu’ cumprà senegalese molto noto a Rimini, amico dell'artista. Una scelta che non deve stupire, perché da molti anni ormai Eron tenta di comunicare, attraverso le sue opere, messaggi a sfondo sociale: contro il razzismo, contro le discriminazioni di ogni genere, contro i muri (quelli reali e quelli culturali) alzati contro profughi e immigrati. Mandare un venditore ambulante senegalese a prendere il premio al posto suo è stata insomma una scelta coerente con il suo percorso artistico.

A Eron va il Sigismondo «per aver portato l’arte nei luoghi della vita di tutti i giorni a Rimini e nel mondo», costruendo «un ponte tra tradizione e contemporaneità» grazie «alla straordinaria abilità manuale e di pensiero». C’era eccome invece Tosi, visibilmente emozionato. A lui il Sigismondo «per aver vestito di stile, discrezione, creatività, la cultura dell’accoglienza, contribuendo al successo e alla fortuna del modello turistico riminese», ed essere stato così «pioniere di un nuovo modo di esaltare Rimini e la sua dimensione internazionale».

A loro modo, in epoche e stili diversi, hanno portato il nome di Rimini nel mondo. Uno con la sua arte, l’altro con la cucina e con quella cultura dell’accoglienza che ha praticato e insegnato negli oltre 40 anni passati all’Embassy, e negli altri locali (compreso il Paradiso) dove ha lavorato. Eron ed Elio Tosi, premiati ieri con il Sigismondo d’oro, sono i volti di una Rimini che oggi come ieri vuole essere una città «europea», affacciata sul mondo. Una «città meglio italiana», come l’ha definita ieri il sindaco Andrea Gnassi nel suo discorso al Galli, prima della consegna del Sigismondo d’oro.

Per farlo, per riuscirci, «Rimini deve uscire dal Truman show» della società di oggi. Deve «ricostruire le piazze, i teatri, le scuole». In una parola, per il sindaco, «occorre ridare dignità ai luoghi della nostra vita e della nostra storia». Solo così «potremo allontanare le paure». Non a caso Gnassi cita le parole di Antonio Megalizzi, giovane giornalista morto nell’attentato a Strasburgo: «Il nostro cervello, d’istinto, ci invita a distogliere l’attenzione dalle nostre colpe e a proiettarle sugli altri».

Ecco, «Megalizzi – aggiunge il sindaco – è uno dei tanti ragazzi italiani che ha combattuto paura e rassegnazione con il sogno dell’Europa; è la ‘generazione Erasmus’ che ha nei sogni, nella libertà, nel coraggio, nel rispetto delle regole, la spinta per realizzarsi. Questo è il nostro obiettivo. Ci assumiamo la responsabilità di cambiare. Senza alibi, senza dare colpe agli altri, cambiamo la città. Non una città più italiana, urlata più per paura o perché non ha un progetto forte. Una città meglio italiana, europea».

Una Rimini così «investe sempre di più sull’università. Abbiamo aumentato il nostro impegno, anche perché altri si sono sfilati senza dare spiegazioni». Una stoccata, quella di Gnassi, a Riccione e ad altri, tiratisi indietro dal sostegno al campus. Una Rimini che «nel 2019 terminerà i lavori alla rete fognaria, che significa: mare pulito». E che non mollerà di un centimetro «per rifare il suo lungomare», a nord e a sud. «Lo Stato e le altre istituzioni non possono sottrarsi, facciano la loro parte insieme a noi per migliorare Rimini».