SALE IN ZUCCA

I 90 anni dei “benedetti” Patti Lateranensi

di Giancarlo Mazzuca

Foto d'archivio di Benito Mussolini con prelati in Vaticano per la firma dei Patti Lateranensi (Ansa)

2' di lettura

Esattamente 90 anni fa, l'11 febbraio 1929, andò in onda la firma dello storico accordo tra il cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato di Pio XI, e Benito Mussolini: i Patti Lateranensi. Si risolse così, almeno formalmente, la “questione romana” ponendo fine a una lunga guerra di posizione tra Stato e Chiesa scoppiata già nel 1849 con la Repubblica del triumvirato. Quella “santa alleanza” era composta da tre parti: il Trattato, che istituiva l'enclave della Città del Vaticano, il Concordato, che regolava i rapporti tra l'Italia e la Santa Sede, e l'accordo finanziario che, come liquidazione degli arretrati stabiliti dalla vecchia legge delle Guarentigie (1871), garantiva alla Santa Sede 750 milioni di lire più un miliardo in titoli (tradotti in euro, qualcosa come 746 milioni ai valori del 2013).

Proprio sulla Conciliazione ho appena scritto un libro, “Quei Patti benedetti” (Mondadori), con la postfazione del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il saggio cerca di chiarire gli aspetti più interessanti dell'intesa conclusa da “un papa alpinista, un alpinista immune da vertigini e abituato ad affrontare le ascensioni più ardue, come si autodefinì papa Ratti, e da un ex mangiapreti come il duce che lo stesso pontefice chiamò “l'uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare”. In particolare, il cardinale Ravasi sottolinea che il rapporto del credente con il potere politico ha un risvolto strettamente cristiano e cita anche questa frase di Martin Luther King: «La Chiesa non è la padrona o la serva dello Stato, ma è la sua coscienza».

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Al di là degli aspetti più strettamente storici, dobbiamo anche chiederci cosa resta oggi di “Quei Patti benedetti” perché l'11 febbraio del 1929, quello stesso '29 del crollo di Wall Street, non ha certo dissipato tutte le nubi nei rapporti tra l'Italia e la Santa Sede anche se, dopo la caduta del fascismo e della monarchia, quello stesso spirito della Conciliazione sia stato ripreso dal Concordato del 1984 sottoscritto dal cardinale Agostino Casaroli e da Bettino Craxi. In effetti, già prima delle leggi razziali del 1938, Mussolini era tornato a essere piuttosto un mangiapreti e lui stesso paragonò i successivi rapporti tra Italia e Vaticano alla luna di miele tra due giovani sposi che è di breve durata.

Anche nel mondo ecclesiastico si registrarono, in effetti, diversi malumori tanto che Giovanni Battista Montini si chiese allora cosa fossero serviti tanti anni di battaglie per arrivare a una simile tregua. Alla domanda del futuro Paolo VI avrebbe risposto, sia pure indirettamente, Alcide De Gasperi che non era certo un fascista: «… di fronte a Mussolini che picchiava forte alla porta di bronzo, il Papa non poteva non aprire. .. La conclusione è, vista oggi in Italia, un successo del regime, ma vista nella storia del mondo è una liberazione per la Chiesa e una fortuna per la Nazione italiana». Di più: secondo lo statista trentino, persino il suo maestro don Sturzo, se fosse stato papa, avrebbe firmato quei Patti. Davvero benedetti a questo punto.

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