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E infine fu un cedro

di Armando Torno

2' di lettura

La storia comincia: il mondo non esiste più. E' stato distrutto da un olocausto nucleare. A raccontare la vicenda, con un flash back, è il narratore onnisciente, il testimone immortale.
Prima di scomparire la Terra non era più un bel posto: un virus aveva distrutto ogni forma di vegetazione, togliendo per sempre le sfumature del verde dalla tavolozza dei colori. Era un mondo unificato da un potere centrale, dominato più che con la forza (restava l'ultima risorsa) attraverso la sottile invadenza dei media.

Interrompiamo un momento l'esposizione per dire che stiamo parlando di un libro di Claudio Gallo dal titolo “L'ultimo albero” (La Vita Felice, pp. 256, euro 16,50). Il sottotitolo dichiara che è un “antiromanzo”, come “I falsari” di Gide; aggiungiamo che è un tentativo di coniugare un fumetto di azione (anche se l'ispirazione è il cinema) con un “conte philosophique”.

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Il racconto ideato da Gallo svela l'inconsistenza metafisica del soggetto, fondamento di qualsiasi narrazione, e quindi del cosiddetto libero arbitrio. Le storie si raccontano da sole. E alla fine non esistono.
Dobbiamo però aggiungere qualcosa sul protagonista, Giulio Brandon, aspirante scrittore, senza lavoro. Riceve, per caso nella metropolitana di Milano, le ultime parole di un uomo morente che gli rivela come una setta stravagante conservi il segreto dell'esistenza di un ultimo albero e gli fa promettere di portare una missiva a Monaco di Baviera.

Dopo molte esitazioni, Giulio parte per la Germania, sorvegliato dall'onnipresente polizia segreta. A Monaco reca il messaggio a uno strano professore di musica ma, mentre lo consegna, i due sono coinvolti in un attentato dei Kaoten, la più pericolosa setta nihilista globale. Il professore muore non prima di aver chiesto a Giulio di portare quella missiva a Londra.
Nella confusione seguita all'attentato, Giulio è rapito da una kaoten, Annelise, che lo costringe ad andare a Londra con lei. La fuga senza fine passa dal Tamigi a Istanbul, dal Bosforo ad Harran (rifugio degli ultimi platonici) e di lì a Buchare e poi nell'Himalaya pachistano. Ai piedi delle montagne più alte c'è una caverna attraversata da un crepaccio: qui è nascosto l'ultimo albero, un cedro.
La scoperta coincide con una serie di esplosioni nucleari scatenate dai kaoten che distrugge il pianeta. La vista dell'albero, custodito da un sacerdote di Shiva, conduce i protagonisti all'illuminazione spirituale: la luce interiore svela l'inconsistenza del mondo proprio mentre le atomiche lo distruggono materialmente. Resta soltanto il narratore onnisciente che riprende il racconto dall'inizio.
Nel corso della vicenda si cita a lungo il Cristianesimo e si fa dire a un frate domenicano :“Solo un dio può adorare un dio”, che è un precetto dell'hinduismo tantrico. Si parla molto anche di Islam; ci sono infine miriadi di citazioni sepolte nel testo e non dichiarate, come la celebre frase di Pound: “Il Dio di tutti nessuno escluso”.

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