ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùAnna Politkovskaja

Il compleanno insanguinato di Vladimir Putin

Il 7 ottobre è allo stesso tempo il giorno del compleanno del presidente russo e quello dell’assassinio della giornalista e attivista per i diritti umani

di Antonio Armano

5' di lettura

Per un cortocircuito doloso e doloroso della storia, che ha provocato un incendio perenne del calendario, il 7 ottobre è allo stesso tempo il giorno del compleanno di Putin e quello dell’assassinio di Anna Politkovskaja. Ma se il settantesimo genetliaco sarà uno dei più amari nella vita del presidente russo, il quale festeggia l’annessione per decreto legge di territori che sta perdendo sul campo di battaglia, al contrario le opere dalla giornalista sono tornate in grande spolvero nelle vetrine delle librerie e in classifica dopo l’invasione dell’Ucraina. Soprattutto La Russia di Putin, edito da Adelphi, che ha pubblicato anche Diario russo e Per questo.

La breve nota introduttiva a La Russia di Putin è diventata un distico digitale molto condiviso dai lettori sui social-network. Dalla premessa (“Questo libro parla di un argomento che non è molto in voga in Occidente: parla di Putin senza toni ammirati”), fino allo sfogo centrale: “Non vogliamo più essere schiavi, anche se è quanto più aggrada all’Europa e all’America di oggi. Né vogliamo essere granelli di sabbia, polvere sui calzari altolocati – ma pur sempre calzari di tenente colonnello – di Vladimir Putin. Vogliamo essere liberi. Lo pretendiamo. Perché amiamo la libertà tanto quanto voi”.

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Sergej Markov

“L’hanno uccisa il giorno del compleanno di Putin e questo lo scagiona subito. Non poteva esserci regalo più avvelenato. Chi l’ha fatto è certo che odia il nostro presidente”, ha detto il politologo Sergej Markov, in controtendenza rispetto a quanti vedono in quella coincidenza temporale una firma inconfondibile, una improbabilità del caso. La lista delle persone che ce l’avevano con la Politkovskaja è lunga. La giornalista non la toccava piano. Sempre da La Russia di Putin (qui sull’allora ministro della difesa, Sergej Ivanov): “Ogni settimana compare in televisione e trasmette i bollettini di guerra del presidente con un tono che ricorda quello di Goebbels”.

La corruzione dell’esercito russo

I principali e più pericolosi bersagli delle sue denunce sono l’esercito russo, accusato di corruzione, disprezzo della vita umana e razzismo, e quello ceceno “fantoccio” di Kadyrov. E almeno sulla corruzione – piaga dilagante – lo stesso Putin dopo i risultati in Ucraina si sarà ricreduto. Ai funerali della Politkovskaja – uccisa nel 2006 con quattro colpi di pistola mentre scendeva di casa per prendere la spesa in macchina - ha partecipato una folla imponente. Soprattutto considerando che Troekurovskij, il cimitero dove è stata sepolta sotto una lapide che rappresenta una pagine di giornale crivellata, si trova in periferia e non è facilmente raggiungibile. Tra i partecipanti anche lo scrittore Limonov, nazionalista ma allora oppositore di Putin. Qui Carrère lo incontra e con questa scena luttuosa ha inizio il libro a lui dedicato.

Di fronte all’enigma provocatorio della data, Carrère ironizza dicendo che gli sembra ridicolo pensare a una riunione di agenti dell’Fsb, i quali si interroghino sul miglior regalo da fare a Putin per l’imminente compleanno e concludano per la testa della Politkovskaja. Ma per i figli della vittima, Il’ja e Vera, è proprio tra gli uomini dei servizi che bisogna cercare i colpevoli. Gli esecutori verranno condannati nel 2014. Si tratta di un commando ceceno aiutato per motivi puramente economici da agenti corrotti dell’Fsb.Naturalmente il comportamento delle istituzioni non ha contribuito a dipanare i sospetti. Così come in vita si tenevano ufficialmente alla larga dalla Politkovskaja, le autorità l’hanno ignorata anche da morta. Non hanno partecipato al funerale e il presidente ha parlato della vittime in modo sprezzante durante una conferenza stampa insieme ad Angela Merkel a Dresda.

Anna Politkovskaja, secondo Putin, era nota soprattutto all’estero e poco in Russia, al di fuori dei circoli per la difesa dei diritti umani, e non aveva alcuna “influenza politica”. Ammesso che fosse vero, possiamo pensare che la reputazione di fronte al mondo per Putin non avesse alcuna importanza? E siamo autorizzati a credere che l’eliminazione di un altro grande oppositore, l’ex spia Aleskandr Litvinenko, avvenuta a Londra poco dopo – il 26 novembre dello stesso anno – fosse sempre un caso o magari un altro dispetto al presidente? Il tutto con le elezioni in vista.

Una scrittrice e una attivista per i diritti umani

Laureata con una tesi su Marina Cvetaeva, la poetessa finita suicida in una misera capanna a Elabuga, sul fiume Kama, durante gli anni di Stalin, Anna Politkovskaja era, come raccontava il marito e collega Aleksandr, qualcosa di più di una giornalista, una scrittrice e una attivista per i diritti umani. Nel suo tenere sempre lo sguardo all’altezza della gente comune si può accostare alla premio Nobel Svetlana Aleksievič, anche se i suoi testi sono caratterizzati da un tasso molto più alto di sdegno e accusa. Nella nota introduttiva sopracitata scrive: “Le analisi politiche le fanno i politologi. Io sono un essere umano tra i tanti, un volto nella folla di Mosca, della Cecenia, di San Pietroburgo o di qualunque città della Russia. Ragion per cui il mio è un libro di appunti appassionati, a margine della vita come la si vive oggi in Russia. Perché per il momento non riesco a fare un passo indietro e a sezionare quanto raccolto, come è bene che sia se si vuole analizzare un fenomeno. Io vivo la vita, e scrivo ciò che vedo”.

Novaja Gazeta

La Russia di Putin è un libro apparso per la prima volta in Inghilterra nel 2004 con Harville Press e quindi in vari paesi tra cui l’Italia per la traduzione di Claudia Zonghetti, la slavista che ha tradotto anche l’opera di Vasilij Grossman, sempre per Adelphi, e I fratelli Karamazov per Einaudi. In Italia, prima dell’omicidio, era uscito un altro titolo della Politkovskaja, Cecenia. Il disonore russo (Fandango, 2004). Il resto con il grande clamore suscitato dalla morte. Anche in Russia la giornalista era conosciuta per i suoi reportage sulla violazione dei diritti umani nella seconda guerra cecena, i villaggi bruciati, le città rase al suolo, le atrocità e le torture, commesse dall’Armata russa, accusato di razzismo e spirito nazionalista per non dire neonazista. I reportage sono usciti sulla Novaja Gazeta, eroico giornale di opposizione, ora messo a tacere del tutto, il cui direttore, Dmitrij Muratov, ha vinto il Nobel per la pace. Nata a New York, da genitori ucraini (la madre era di Kerč e per metà russa, il padre di Černigov), la Politkovskaja si firmava con il cognome del marito, mentre il suo è Mazepa, lo stesso dell’atamano cosacco ritratto da Gericalut e Delacroix durante la celebre punizione in cui era incorso quando un marito lo ha trovato a letto con la moglie (il “cornuto” lo aveva fatto legare nudo a un cavallo, poi spronato al galoppo). Considerato un traditore in Russia e un eroe in Ucraina, Mazepa ha scaricato in segreto lo zar Pietro il Grande per schierarsi con gli svedesi che garantivano maggiore autonomia e diritti agli ucraini. Anche questa eco onomastica ucraina, oltre al compleanno, getta oggi – in piena guerra - una nuova luce sotto la quale considerare la figura della Politkovskaja.


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