LA CRISI DEL PAESE SUDAMERICANO

Trump: «In Venezuela l’uso della forza è un’opzione». Maduro: «La gente si sta armando, si fermi»

Venezuela, Maduro resiste: "E' un golpe"

3' di lettura

Nel giorno in cui la crisi in Venezuela sembra mettersi in pausa - nessuna manifestazione di piazza, nessun comizio, nessun incidente - Nicolás Maduro evoca la possibilità di una guerra civile e Donald Trump continua a non escludere l'uso della forza. Non si fermano intanto gli sforzi di chi cerca una soluzione pacifica con il gruppo di contatto internazionale promosso dall’Ue e dall'Uruguay che si prepara a incontrarsi martedì a Montevideo.

L’incontro negato
Il presidente del Venezuela Nicolás Maduro chiese un incontro a Donald Trump nei mesi scorsi ma il presidente degli Stati Uniti rifiutò. Lo ha svelato, in un’intervista alla Cbs, lo stesso Trump che ha definisce un’«opzione» l’uso delle forze militari americane nel paese sudamericano. Ma Maduro lo invita a fermarsi: «Stai facendo errori che ti sporcheranno le mani di sangue». Intanto l’ambasciatore del Venezuela in Iraq, Jonathan Velasco, ha annunciato di aver deciso di sostenere Juan Guaidò quale legittimo presidente del suo Paese, divenendo così il primo diplomatico venezuelano a disconoscere la legittimità di Maduro. «L’Assemblea nazionale - dice in un video - è l'unico potere della Repubblica che ha etica, legittimità e legalità».

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La riunione del Gruppo di contatto
Si terrà giovedì a Montevideo il Gruppo di contatto internazionale sulla crisi venezuelana, apertasi dopo l’autoproclamazione a presidente a interim da parte dell’oppositore Guaidó (presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana) lo scorso 23 gennaio.L’annuncio è arrivato dall’Alto Rappresentante Ue Federica Mogherini ed il Presidente dell’Uruguay, Tabaré Vázquez. Il gruppo di contatto riunirà l’Ue e otto Stati membri (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito) e paesi dell’America latina (Bolivia, Costarica, Ecuador e Uruguay). Il Parlamento europeo ha riconosciuto Guaidó come «presidente ad interim legittimo» ma gli eurodeputati di Lega e Movimento 5 Stelle hanno votato contro il provvedimento.

L’ultimatum dei sei Paesi europei a Maduro
Stasera scadranno gli otto giorni di tempo dati dai governi di Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Portogallo e Olanda prima di riconoscere presidente ad interim Juan Guaidò, se Maduro nel frattempo non avrà convocato nuove elezioni. Cosa che Maduro ha nuovamente escluso. «Non accettiamo ultimatum da nessuno. È come se avessi detto all'Ue: “Ti do sette giorni per riconoscere la repubblica di Catalogna, altrimenti prenderemo provvedimenti”. La politica internazionale non può essere basata su ultimatum».

L’opzione militare
Ieri il consigliere per la Sicurezza nazionale americana, John Bolton, aveva avvertito Maduro che se non accetterà di lasciare il potere con le buone «potrebbe finire a Guantanamo», la base statunitense sull’isola di Cuba utilizzata per rinchiudere persone accusate di terrorismo. Oggi Trump, rispondendo a una domanda, ha parlato di «opzione» riferendosi all’utilizzo della forza militare contro il presidente chavista del Venezuela. Che, ha svelato il presidente americano, gli aveva chiesto un incontro. Ma Trump ha detto no. Un rifiuto motivato così: «Viste le cose terribili che stavano accadendo in Venezuela. Era il paese più ricco in quell’area del mondo, e ora guardate alla povertà». Resta l’ipotesi di un attacco militare da parte statunitense: «Non voglio dirlo - ha detto Trump - ma sicuramente è qualcosa, è un’opzione». Maduro gli replica attraverso un’altra intervista alla tv spagnola: «La gente si sta già armando. L'opzione militare è sul tavolo di Trump. Cosa dovrebbe fare un Paese? Arrendersi?». Quindi l’invito rivolto a Trump a «fermarsi»: «Stai facendo errori che ti sporcheranno le mani di sangue». Maduro ha ribadito il suo essere «aperto al dialogo», anche se ha lanciato messaggi inquietanti. Le probabilità di una guerra civile? «Nessuno può rispondere con certezza. Dipende dal livello di pazzia dell’impero settentrionale e dei suoi alleati», ha sottolineato.

Le proteste
Domenica migliaia di persone erano scese di nuovo in piazza per sostenere Guaidó , leader dell’opposizione riconosciuto quale «presidente incaricato» da gran parte della comunutà internazionale, Stati Uniti in testa. Ma anche i sostenitori di Maduro (che può contare sull’appoggio di Russia e Cina) si erano riuniti a Caracas in occasione del 20esimo anniversario dell’arrivo al potere di Hugo Chavez. «Il mondo fermi la pazzia di Donald Trump - aveva detto Maduro - non vogliamo un nuovo Vietnam».

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