scontro sulla basilica di istanbul

«Santa Sofia torni a essere moschea». Erdogan riaccende le tensioni Grecia-Turchia

di Roberto Bongiorni

Una Istanbul da cartolina invernale, Santa Sofia sotto la neve

2' di lettura

Ad alimentare le non nuove tensioni tra Turchia e Grecia non sarà più solo l’annosa questione dell’isola di Cipro, spaccata in due (tra comunità greco cipriota e turco cipriota, quest’ultima sotto il controllo della Turchia dal 1974). E nemmeno la spartizione dei ricchi giacimenti di gas naturale del Mediterraneo orientale. I due Paesi rivali, entrambi membri della Nato, sono ora divisi da un’altra spinosa questione: lo status della più nota basilica bizantina: la maestosa Santa Sofia di Istanbul, dal 1935 divenuta un museo che accoglie ogni anno milioni di visitatori.

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Questa stupenda chiesa cristiana, eretta nel sesto secolo per decisione dell’imperatore bizantino Giustiniano, rimase il luogo più rappresentativo della chiesa greco ortodossa fino al 1452, quando i turchi conquistarono l’allora Costantinopoli, trasformando Santa Sofia in una moschea. Dopo quasi cinque secoli il Governo laico di Kemal Ataturk, considerato il padre della Turchia moderna, decise di adibirla in museo. Era il 1935. E da allora è rimasta tale. Un museo. Aperto a tutti.

Il desiderio del presidente turco Recep Tayyip Erdogan era noto da tempo. Ma negli ultimi giorni lo ha precisato durante un’intervista ad alcune emittenti private locali. Quasi volesse rimarcare che il suo disegno è prossimo al compimento Erdogan è stato fin troppo chiaro: è possibile cambiare il nome da museo di Santa Sofia a Moschea Santa Sofia. Trasformare dunque lo status di questo museo.

«Non è solo un grande tempio della Cristianità – ha ribattuto il ministro greco degli Esteri, George Katrougalos – ma appartiene all’umanità intera. Mettere in dubbio il suo status non è solo un insulto ai sentimenti dei cristiani, ma è un insulto anche alla comunità ed alla legge internazionale».

Ma Erdogan sembra voler approfittare della strage di musulmani avvenuta nella moschea neozelandese per lanciare un messaggio. Quasi volesse far leggere nella riconversione del monumento bizantino una reazione alla strage di Christchurch e al dilagare della propaganda anti-islamica. D’altronde, prima di compiere l’eccidio, il fanatico autore della strage aveva diffuso su Internet dei proclami che esortavano tutti i cristiani del mondo a combattere per «riconquistare Santa Sofia, tenuta in ostaggio e profanata dai musulmani».
Forse saranno i turisti a riportare il buon senso tra i due belligeranti.

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