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Cina, Xi Jinping «firma» in Italia e Francia: ecco le differenze tra i due documenti

di Riccardo Sorrentino

5' di lettura

Perché la Francia sì e l’Italia no? Il memorandum d’intesa tra Roma e Pechino ha suscitato preoccupazioni e scandalo, negli ambienti europei. La lunga, corposissima dichiarazione congiunta tra Parigi e Pechino, invece, è quasi passata inosservata. Perché? Ha forse avuto successo la “rappresentazione” voluta da Emmanuel Macron, che ha convocato a Parigi anche la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker? O il potere contrattuale della Francia, in Europa, è molto superiore a quello italiano?

Forma e contenuto
Sono domande serie (che ripropongono però un’ulteriore, analoga domanda: perché?). Forse però la ragione più immediata è da cercare nella forma e nel contenuto dei documenti firmati da Xi Jinping che - pur se entrambi di valore più simbolico che concreto - sono molto diversi.

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Italia: né accordo, né dichiarazione
La forma, innanzitutto. Il documento italiano è un memorandum d’intesa tra i due governi. Non è un trattato: Roma e Pechino hanno messo in chiaro che il documento «non costituisce un accordo internazionale da cui possano derivare diritti ed obblighi di diritto internazionale». L’Italia, inoltre, si riserva di interpretare il memorandum in conformità «con gli obblighi derivanti dalla appartenenza dell’Italia all'Unione Europea». Conseguenze giuridiche e finanziarie sono dunque escluse, anche se il memorandum - a confermarne la natura intermedia tra comunicato e accordo - «acquista efficacia alla data della firma».

Francia: una semplice dichiarazione
È però un memorandum d’intesa, che prelude e spesso dà corpo ad accordi politici più intesi - intese tra le aziende, come quella tra la China Aviation Supplies Holding Company e la Airbus, sono a parte - mentre la Francia ha scelto una forma meno stringente: un comunicato congiunto che, allo stesso modo, rivela intenzioni comuni ma è meno stringente sul piano politico. L’Italia, insomma, ha scelto rapporti più stretti con la Cina rispetto alla Francia.

Riempire il vuoto lasciato dagli Usa
La forma scelta da Parigi ha permesso a Emmanuel Macron di discutere con la Cina tutti gli aspetti della politica estera francese (su cui l’Unione europea non ha grandi competenze): dai temi più generali come il multilateralismo e il sistema internazionale che ruota attorno all’Onu, si passa via via al cambiamento climatico ( e quindi all’Accordo di Parigi ) e al finanziamento delle misure necessarie per affrontarlo, alla tutela della biodiversità, alla lotta alla criminalità ambientale e all’inquinamento della plastica. Tutti temi lasciati “vuoti” dagli Stati Uniti.

La governance mondiale
Le questioni economiche sono affrontate in via di principio, partendo da temi generali come la governance economica globale, fino alla riforma della Wto - un altro tema che vede Washington piuttosto fredda - per la quale si rimanda però ai lavori della commissione congiunta Ue-Cina, e quella del capitale dell’Fmi (alla quale la Cina tiene molto). Più in dettaglio i due paesi si impegnano a sostenere i lavori del Gruppo di lavoro internazionale per definire le linee guida del credito all’esportazione con sostegno pubblico, che potrebbe alterare il level playing field tra le diverse nazioni (e suscitare tentazioni mercantiliste, che l’Italia denuncia spesso).

Siria, Corea e Sahel
Temi di interesse generale come istruzione, sanità (Aids, tubercolosi, malaria), terrorismo (l’Agenda di Parigi «No money for terror») si alternano a questioni strettamente militari come la migliore applicazione del divieto delle armi chimiche, l’uso militare dello spazio e quello terroristico del cyberspazio. Poco, di tutto questo, è pura retorica: si ribadisce piuttosto l’impegno a collaborare in iniziative concrete già esistenti ed espressione di una politica estera ad ampio spettro seguita da Parigi. Diritti dell’uomo, crisi siriana, Corea del Nord, Sahel e Mali completano la parte strettamente politica del comunicato congiunto.

«La Cina sostiene l’integrazione europea»
Nulla di tutto questo appare nel memorandum italiano, in linea con la natura più economica che politica del documento (a parte un riferimento all’Accordo di Parigi sul clima). È proprio sulle questioni economiche, infatti, che le differenze tra Italia e Francia diventano importanti. Nel momento in cui si abbandona la politica estera in senso stretto, il documento di Parigi afferma subito «l’importanza del ruolo della Ue», aggiungendo che «la Cina sostiene l’integrazione europea e gli sforzi della Francia che puntano a promuovere la riforma della Ue». I due paesi inoltre sottolineano «la necessità di sviluppare il partenariato globale strategico tra la Ue e la Cina». Le competenze sono rispettate.

Investimenti e indicazioni geografiche
Anche in questo caso, non si tratta (solo) di retorica: il riferimento immediato è all’intesa sugli investimenti (da concludere «in uno spirito di benefici mutui e reciproci») e sulle indicazioni geografiche che saranno discusse il 9 aprile a Bruxelles, ma anche alla «strategia della Ue sulla connettività euroasiatica e l’iniziativa cinese Belt and Road», la via della Seta.

Un memorandum concentrato sulla via della Seta
Il documento italiano salta tutto questo (comprese le indicazioni geografiche a ci tiene molto). I riferimenti alla Ue sono presenti, ma quasi in secondo piano. Si definisce una collaborazione stretta sull’iniziativa della via della Seta («Le parti si adopereranno insieme nell’ambito dell’iniziativa Belt and Road») e se occorrerà tener conto delle «discussioni» in sede Ue, manca quel riferimento alla reciprocità che è al centro delle preoccupazioni di Bruxelles, che vuole costruire un rapporto paritario con la Cina.

Il coinvolgimento della Aiib
Italia e Cina, quindi, non solo «promuoveranno il dialogo sulle politiche relative alle iniziative di connettività e sugli standard tecnici e regolamentari», ma «si adopereranno congiuntamente nell’ambito della Banca asiatica di investimento per le infrastrutture (Aiib)»: si scende quindi in dettagli che sarebbe stato opportuno, per gli stessi interessi italiani, definire dopo un’intesa Ue-Cina. La partecipazione all’iniziativa della via della Seta, inoltre, non è limitata né concentrata sui «paesi terzi», come insiste l’Unione europea per limitare e contenere lo sviluppo della sfera di influenza cinese.

Appalti, commercio e investimenti
Roma ha però fatto un passo ulteriore, mettendo tra parentesi le competenze della Ue senza averne il potere contrattuale. Il memorandum sottolinea «l’importanza di procedure di appalto aperte, trasparenti e discriminatorie», che l’Unione europea, o almeno alcuni suoi partner, sembrano invece voler limitare. Soprattutto i due paesi «ribadiscono la comune volontà di favorire un sistema commerciale e di investimenti libero e aperto» e «contrastare squilibri macroeconomici eccessivi». Non manca inoltre un riferimento, sia pure circostanziato, a «collaborazione in materia di investimenti e finanziamenti», su cui la Ue sta discutendo, sia pure «a livello bilaterale e multilaterale». Cultura e ambiente, sempre nell’ambito dell’iniziativa della via della Seta, completano la lista.

Il fastidio dell’Europa
La parte relativa alle modalità di collaborazione scende ancora di più nello specifico: si aprono le porte a «programmi pilota» e «modelli di collaborazione», che coinvolgano anche paesi terzi senza alcun riferimento all’Unione europea che sta definendo una politica comune su questi stessi temi. Non può sorprendere il fastidio europeo per le iniziative italiane: il valore simbolico del documento consiste nel sostenere gli interessi cinesi, nella misura in cui coincidono con quelli italiani, anche nelle trattative europee. Non a caso Macron ha richiamato Xi a rispettare l’integrità dell’Unione europea. L’immediata conseguenza per il nostro Paese, a questo punto, non potrà che essere la perdita di credibilità, nelle trattative Ue, sul tema dei rapporti con la Cina. Francia e Germania (la Spagna sembra più interessata all’America Latina) guideranno le danze. Roma resterà ai margini.

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