i 29 paesi dell’alleanza atlantica

Sui 70 anni della Nato pesa l’effetto Trump. Celebrazioni a Washington ma senza capi di Stato

di Gerardo Pelosi

Asse Trump-Bolsonaro, da Nato a migranti

5' di lettura

Oggi a Washington alle 18 (sarà la mezzanotte in Italia) nell'auditorium Andrew Mellon di Costitution Avenue i ministri degli Esteri dei 29 Paesi dell'Alleanza atlantica guidati dal segretario di Stato, Mike Pompeo si ritroveranno per celebrare i 70 anni della Nato. Saranno – è bene dirlo subito - celebrazioni in tono ridotto e senza i capi di Stato o di Governo. I membri europei dell'Alleanza, a cominciare dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel e dal presidente francese, Emmanuel Macron, hanno infatti da mesi remato contro l'evento per oscurare la scena al presidente americano, Donald Trump ed evitare che i festeggiamenti si trasformassero nell'ennesimo atto di accusa americano verso gli europei che spendono molto meno dell'atteso 2% del pil in spese della difesa. I capi di Stato e di Governo si ritroveranno invece a Londra i primi di dicembre per un mini summit che servirà per fare il bilancio del lavoro fatto e gettare le basi per le nuove strategie dell'Alleanza.

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Tra i fondatori del '49 solo Italia tra i Paesi sconfitti
È nello stesso auditorium Andrew Mellon che il 4 aprile del '49 il presidente americano Truman aveva invitato i rappresentanti dei dodici Paesi fondatori per la firma del Trattato Atlantico. La guerra era finita solo da quattro anni e fu considerato un grande successo della diplomazia italiana (in particolare dell'ambasciatore italiano in America dell'epoca, Alberto Tarchiani) che l'Italia fosse riuscita a sedere tra i dodici Paesi fondatori. La Germania aderì infatti solo nel '55. Giocò a nostro favore anche il fatto che la Francia non voleva essere considerata la frontiera Sud dell'Alleanza e sostenne quindi le ambizioni italiane.

Il coraggio di De Gasperi e il morso alla mano
Ma a puntare tutto sulla partecipazione italiana fu il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi che, nei mesi precedenti la firma, tenne testa con coraggio e lungimiranza politica a una pressione fortissima che veniva non solo dall'opposizione comunista ma da una buona metà del suo stesso partito con i dossettiani contrari. Ci vollero tre giorni e tre notti di ininterrotto dibattito in Parlamento per dare, alla fine, il via libera al Trattato con episodi anche violenti come il lancio di tavolette dei banchi parlamentari verso la presidenza o come il morso di un deputato comunista alla mano dello stesso De Gasperi di cui resta ancora traccia nei resoconti parlamentari.

Brosio primo segretario generale italiano dal '64 al ‘71
Il clima di guerra fredda negli anni '50 e '60 aveva del resto assegnato all'Italia un ruolo fondamentale di cerniera tra Occidente e Paesi del blocco sovietico. Eravamo quell'argine che doveva reggere nel caso di una possibile invasione, ipotesi tutt'altro che accademica per le forze del Patto di Varsavia. E si scoprì molti anni dopo (in Germania solo da poche settimane) che esisteva una ramificata e organizzata rete di resistenti conosciuta come Gladio che avrebbe dovuto reagire con operazioni non convenzionali a un evento del genere. Un ruolo che l'Alleanza ci riconobbe assegnando il posto di segretario generale dell'Alleanza a un diplomatico di grande esperienza e valore, Manlio Brosio che resse la Nato tra il '64 e il '71.

Si ritorna alla stagione degli Euromissili?
Una cosa è certa, la Nato sta cercando una sua nuova missione soprattutto dopo l'uscita di Stati Uniti e Russia dal Trattato Inf (Intermediate Nuclear Forces) che ha fatto ripiombare di colpo l'Alleanza in una stagione ormai passata, quella degli SS20 e degli euromissili. Anche quella una stagione in cui l'Italia giocò un ruolo centrale con il Governo Cossiga (Berlinguer si era già detto più sicuro sotto l'ombrello Nato) che diede il via libera all'installazione dei Pershing e dei Cruise a Comiso come risposta agli SS20 russi. Decisione che convinse anche i tedeschi a fare altrettanto. Oggi a preoccupare c'è la decisione americana di concentrare i propri sforzi militari su piccole testate tattiche con effetti più limitati ma anche con maggiore propensione all'utilizzo.

Che fine ha fatto lo spirito di Pratica di Mare?
L'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lo considera un suo grande successo politico diplomatico. In realtà un dialogo strutturato tra la Nato e il suo avversario storico, ossia la Federazione russa erede della vecchia Unione sovietica, esisteva già prima del 2002. Il Joint Council Nato Russia era stato avviato già nel '97. La Nato prendeva le sue decisioni e poi le comunicava alla Russia in un formato 19+1. Il Russia Council avviato nel 2002 è invece un tavolo congiunto (ora a 30) che tranne la sospensione di due anni durante la crisi della Crimea e dell'Ucraina si è sempre riunita (l'anno scorso per sette otto volte).

Decisioni ministro Trenta riducono spese militari
In tutti gli ultimi vertici il mantra guidato dagli Stati Uniti (già prima di Trump) ribadiva la necessità di un Burden sharing, un equilibrio maggiore degli sforzi economici nella difesa tra Stati Uniti e alleati europei. L'obiettivo del 2% del Pil per le spese militari è stato ripetuto varie volte ma quasi tutti gli europei sono lontani dal raggiungerlo. Negli sforzi per avvicinarsi all'obiettivo l'Italia sta però andando in netta controtendenza. I tre capisaldi del contributo all'Alleanza sono le tre C (Cash, Capability e Commitment). Se per il contributo Cash siamo stati sempre carenti, per le capacità l'impegno per gli F35 ci aveva favorito così come la presenza molto attiva in missioni (secondi in Afghanistan e primi in Kosovo). Ma ora la nuova politica del ministro della Difesa del Cinque stelle, Elisabetta Trenta, sta facendo ripiombare l'Italia indietro anche su Capability e Commitment per il ripensamento sugli F35 e la decisione di tagliare le missioni internazionali. Le spese per il personale stanno quindi aumentando rispetto a quelle per ammodernamento e ricerca e sviluppo. Decisioni che preoccupano non solo Washington ma anche gli altri alleati. L'Italia, nel frattempo, ha solo ottenuto una maggiore attenzione da parte dell'Alleanza con un Hub a Napoli che guarda al Sud e al Mediterraneo guidato dal generale Ignazio Lax presentato al Governo giallo verde come uno strumento di controllo ai traffico di immigrati clandestini nel Canale di Sicilia.

L'Italia con Moavero cerca di ricucire con Washington
Non ci sono solo le spese militari ad allargare lo steccato tra Roma e Washington. Prima l'ipotesi di uscita dal gasdotto Tap (infrastruttura alternativa al gas russo) poi le critiche al megaradar Muos in Sicilia infine la sperimentazione con il 5G cinese. Il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio la settimana scorsa ha rassicurato i suoi interlocutori americani a cominciare al consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton. Da stasera sarà a Washington anche il responsabile della Farnesina, Enzo Moavero per le celebrazioni dei 70 anni della Nato e per incontri bilaterali. Moavero incontrerà Bolton, il Senior Advisor del Presidente Trump, Jared Kushner, il Senatore Lindseyk Graham, Presidente della Commissione Giustizia del Senato, il Senatore Mitch Mc Connell, leader della maggioranza al Senato e il membro del Congresso Usa Mark Meadows, Presidente del “Freedom Caucus”. Stasera con i suoi colleghi della Nato Moavero firmerà una dichiarazione congiunta dei Ministri degli Esteri della Nato che ne ribadisce attualità e centralità. Domani Moavero parteciperà alla riunione dei ministri degli Esteri Nato. All'ordine del giorno contrasto al terrorismo e attenzione al quadrante Sud del Mediterraneo.

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