TENSIONI COMMERCIALI

Dazi, passo formale Usa: ma la Cina vuole l’accordo

dal nostro corrispondente Riccardo Barlaam

Ultima spiaggia per l'intesa sui dazi

3' di lettura

NEW YORK - È ufficiale. Gli Stati Uniti hanno notificato l'aumento dei dazi dal 10% al 25% nei confronti di 200 miliardi di dollari di prodotti Made in China. L'aumento dei dazi minacciato dal presidente Trump con un tweet domenica entrerà dunque in vigore dalla mezzanotte e un minuto di venerdì, salvo un’intesa in extremis che resta possibile: il portavoce della Casa Bianca ha detto infatti che la Cina vuole un accordo commerciale e dunque le speranze per un’intesa non sono ancora svanite. Dal canto suo, Pechino è pronta a contromisure immediate nel caso in cui i nuovi dazi americani scattino questo venerdì.

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Nel frattempo però l’Ufficio del rappresentante speciale al commercio (Ustr) ha annunciato che la notifica dei nuovi dazi è stata pubblicata sul Federal Register, l'equivalente americano della Gazzetta Ufficiale. Con documenti dell’Ustr viene avviata la procedura con la quale aziende americane possono chiedere un’esenzione dei dazi se viene provato che danneggiano il loro business. Una procedura già seguita con le tariffe su acciaio e alluminio.

Il presidente in un tweet dai toni elettorali è tornato ad attaccare la Cina, accusata dagli Stati Uniti di essersi tirata indietro rispetto ad impegni già presi per giungere a un accordo commerciale. «La ragione dei passi indietro e del tentativo di rinegoziare l'accordo commerciale da parte della Cina è la sincera speranza che sarà in grado di negoziare con Joe Biden e di conseguenza continuare a sfruttare gli Stati Uniti negli anni a venire...». Subito dopo Trump ha lanciato un secondo tweet sul tema della trade war dai toni più positivi, nel quale scrive: «La Cina ci ha appena informato che il loro vice premier sta venendo negli Stati Uniti per fare un accordo. Vedremo, ma sono molto contento intanto che oltre 100 miliardi all'anno di tariffe riempiono le casse degli Stati Uniti ».

I cinesi già ieri, da fonti vicine al governo, avevano fatto trapelare che sarebbero stati pronti, a loro volta, un minuto dopo l'entrata in vigore dei dazi americani venerdì prossimo ad annunciare i loro controdazi verso i prodotti americani.

Si ritorna alla trade war e al muro contro muro gettando all'aria la tregua tra Cina e Stati Uniti che dura dalla cena al G 20 in Argentina del primo dicembre. Tutto questo mentre in un clima surreale il capo della delegazione cinese, il vice premier Liu He, arriva oggi a Washington per incontrare giovedì e venerdì, come precisa una nota del ministero del Commercio cinese, il rappresentante speciale al commecio Robert Lighthizer e la delegazione americana per tentare di comporre un accordo commerciale che in queste ore sembra davvero una missione impossibile. Fonti americane sostengono che con questa mossa procedurale la Casa Bianca spera di convincere Pechino ad aprirsi a ulteriori concessioni. Liu He poche ore fa aveva detto che la Cina «non accetta di negoziare con la pistola puntata». Ma alla fine il capo delegazione cinese è partito alla volta di Washington per negoziare.

I mercati finanziari globali da lunedì sono sull'ottovolante e sono scesi ai minimi da cinque settimane. A Wall Street hanno perso terreno in questi giorni i titoli della aziende americane più esposti sul mercato cinese come Apple, Boeing, Caterpillar.

Determinante nel cambio di atteggiamento da parte americana è stato il capitolo degli aiuti concessi alle aziende cinesi dal piano “Made in China 2025” in settori strategici come le tcl e le reti (Huawei) e l'energia.

Pechino che ha già concesso molto agli Stati Uniti, in questi cinque mesi di tregua e undici round negoziali, non intende rinunciare a quelli che sono i princìpi della sua economia di stato alla base delle politiche industriali. Aiuti che gli americani ritengono pratiche di concorrenza sleale.

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