STRATEGIE DI ESPANSIONE

Brand e strategia: così il vino italiano può conquistare il mercato cinese

di Giorgio dell'Orefice

(Marka)

4' di lettura

Sul vino italiano in Cina qualcosa si muove. Non tanto nei conti che anzi nel primo trimestre di quest'anno stanno registrando un complessivo rallentamento delle importazioni da parte della Cina, che sta penalizzando tutti i principali esportatori, in primis la Francia ma anche Australia, Cile e Italia. Sta però cambiando l'approccio da parte dei produttori italiani al più promettente mercato mondiale per il vino e soprattutto sta cambiando l’atteggiamento dei consumatori cinesi, che mostrano una grande curiosità per l'Italia e del vino italiano.

Ad esserne convinto è Sun Yongjian, presidente di ShenYang Mengze, uno dei principali distributori di vino in Cina, che opera nel Nord Est del Paese. È l'importatore cinese della multinazionale di origine australiana Penfolds, che produce vino in Australia per commercializzarlo in Cina e nel Sud-Est asiatico e che nel proprio network ha anche una proprietà in Toscana nel Chianti Classico (Castello di Gabbiano) e che è in questi giorni in Toscana proprio per conoscere da vicino alcune realtà del vino made in Italy e per fare uno scouting di cantine che possano rientrare nel portafoglio del distributore cinese. ShenYang Mengze vanta un giro d'affari di circa 20 milioni di euro, è legato a 140 distributori sul territorio cinese e detiene 29 flagship store. Inoltre opera a stretto contatto con 80 ipermercati, 60 Grocery's Store, 85 tra bar e Hotel, 200 gruppi di acquisto e due piattaforme di e-commerce.

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Sun Yongjian nel proprio tour in Toscana di questi giorni è stato accompagnato da Lamberto Frescobaldi, vicepresidente dell'Unione italiana vini e da Silvana Ballotta, Ceo di Business strategies, società fiorentina specializzata nell'internazionalizzazione nel settore agroalimentare. Business strategies vanta una sede a Shanghai e dal 2008 a oggi ha gestito circa 150 milioni di euro di fondi comunitari per la promozione del vino all'estero.

Strategia diversa da regione a regione
«Questa missione in Toscana – spiega il vicepresidente dell'Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi – denota due cose. Da un lato il cambio di passo dei produttori italiani nell'approccio al mercato cinese. Molti hanno capito che la Cina è un intero continente e che una strategia vincente può essere quella di muoversi con azioni mirate per zona, ancora molto diverse tra loro per potere d'acquisto, gusti dei consumatori e persino per la lingua. Il mercato cinese sta cambiando a una velocità impressionante. Anni fa ci consigliavano di non offrire formaggi ai cinesi perché a loro sconosciuti, mentre in un recente viaggio ho potuto vedere che molti, in particolare nelle città più evolute come Pechino e Shanghai, ormai consumano regolarmente formaggi sullo stile europeo. Sta cambiando anche il loro modo di stare a tavola. Fino a non molti anni fa a tavola si consumavano insieme cibi dolci e salati, il che rendeva difficile individuare vini da abbinare. Adesso non di rado si assiste nei ristoranti a pranzi di diverse portate secondo uno stile molto vicino al nostro. Dobbiamo comunicare di più e meglio perché i vini oggi più apprezzati dai cinesi sono meno complessi di quelli italiani, con acidità e tannini meno spiccati. Vini più semplici da bere come i Bordeaux».

Consumatori cinesi più consapevoli
«Molto sta cambiando e anche rapidamente – aggiunge la Ceo di Business Strategies, Silvana Ballotta –. Fino a non molti anni fa il consumatore medio cinese non distingueva il Prosecco da un Nero d'Avola. Adesso, in città che già vantano un consumo di vino consolidato, mi sono sentita fare richieste molto mirate su vitigni e annate. Insomma i cinesi quando cominciano a cambiare lo fanno a una velocità impressionante. Tuttavia dal canto nostro dobbiamo essere consapevoli che il lavoro da fare è ancora tanto».

Serve un brand del vino italiano
«Il vino italiano ha innanzitutto bisogno di creare un brand – spiega Sun Yongjian -. In Cina in questo momento c'è molto interesse per la cultura e lo stile italiani ma anche per il vino. E per questo è molto importante promuovere corsi di formazione sia per i professionisti che per i consumatori. Il vino italiano è molto complesso con tutti i suoi vitigni e le sue tipologie. Il consumatore cinese è curioso, sul vino vuole provare nuove esperienze è l'Italia può offrire risposte a questa richiesta. L'Italia in questo momento è ai primi posti nell'interesse dei cinesi ma il vino italiano deve avere un brand forte e deve essere spiegato nella propria complessità. Spiegare e far provare le differenze è la grande sfida».

Ma molto curiosi sono anche i produttori italiani nei confronti del mercato cinese, nel senso che vogliono avere qualche elemento in più riguardo alle preferenze dei consumatori asiatici. È un mito o corrisponde alla realtà che i cinesi prediligono i vini dolci? «Non parlerei di vini dolci – aggiunge il presidente di ShenYang Mengze – di certo apprezzano molto i sentori fruttati e floreali e i vini rotondi e non acidi, ma non direi per questo dolci. Credo che questo sia il momento giusto perché il vino italiano possa conquistare una posizione in Cina pari a quella degli altri produttori. Il cibo cinese si sposa molto bene con i vini italiani. Noi punteremo in primo luogo sui vini da uve Sangiovese e sull'Amarone. L'interesse verso l'Italia in Cina è massimo e il nostro sistema sta iniziando a muoversi nella giusta direzione per promuovere i suoi vini».

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