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Fondi per i migranti, Riace vince il ricorso contro il Viminale

di Donata Marrazzo e Francesca Milano

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4' di lettura

Il Comune di Riace vince contro il ministero dell’Interno: il Tar Calabria ha infatti accolto il ricorso presentato dal vice sindaco Giuseppe Gervasi del Comune di Riace, a cui il Viminale aveva tolto i fondi dello Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Secondo i giudici il ministero non avrebbe mai puntualmente contestato al Comune di Riace le irregolarità rilevate nella gestione dei migranti né gli ha mai assegnato un termine per rimediare alle criticità.

In questi casi «è necessario - spiega Aldo Travi, membro dell’associazione ItaliaStatodiDiritto che è intervenuta in sostegno dell’amministrazione comunale - che il ministero preannunci le proprie contestazioni sulla gestione dei centri di accoglienza, mettendo le amministrazioni locali in condizione di porre rimedio alle eventuali irregolarità contestate ed è altresì giusto che il ministero assuma decisioni prevedibili e non contraddittorie, e eviti cambi di rotta destabilizzanti per gli operatori e per le amministrazioni».

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Il finanziamento che è stato sottratto al Comune di Riace ammonta a 2.021.404 di euro all’anno per il triennio 2017/2019: si trattava di fondi utilizzabili per l’accoglienza di 165 migranti.

Il ricorso è stato presentato dall’avvocato Lorenzo Trucco, presidente dell’associazione studi giuridici sull’immigrazione, con gli avvocati Nazzarena Zorzella e Daniela Consoli.

Con una prima ispezione del Servizio centrale del Viminale avvenuta nel luglio 2016 e una seconda datata dicembre 2016 gli uffici avevano rilevato alcune criticità, che avevano permesso al ministero la decurtazione del punteggio attribuito al prefetto del Comune di Riace. In totale, l’amministrazione si era vista cancellare 44 punti (2 per il mancato aggiornamento della banca dati gestita dal Servizio centrale; 8 per la mancata corrispondenza tra servizi descritti nella domanda di contributo e servizi erogati; 14 per l’erogazione dei servizi a favore di soggetti diversi da quelli ammessi all’accoglienza; 10 per la variazione dell’ente attuatore senza la preventiva autorizzazione del ministero; 10 per la mancata presentazione della rendicontazione).

Secondo l’avvocato Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Asgi, «il procedimento è nullo e lo Sprar a Riace doveva continuare a operare. Al comune, come prevede il decreto ministeriale dell’agosto 2016, non è stato consentito di ottemperare alle inosservanze rilevate entro il termine assegnato, pena la decurtazione del punteggio. Al progetto di accoglienza sono state applicate penalità che ne hanno determinato la chiusura. Il Tar ha riconosciuto illegittima la procedura. E ha tenuto conto anche del rinnovo accordato nel 2017 per l’anno successivo. Come mai non sono emerse allora le carenze rilevate qualche mese dopo dal Viminale? Quello che è certo è che il comune ha diritto di rimanere nel sistema di protezione. E che le penalità attribuite allo Sprar non sono state regolarmente accertate. Per capire cosa accadrà in futuro dobbiamo attendere l’esito delle amministrative».

«Il Collegio - scrivono i giudici del Tar - reputa che la contraddittorietà tra la prosecuzione autorizzata a dicembre e la successiva nota di gennaio sia manifesta». Nella sentenza i giudici hanno anche contestato al ministero anche di aver fondato la revoca dei finanziamenti su «difficoltà del sistema Riace» già note e che, anzi, non avevano a suo tempo impedito la precedente decisione di prosecuzione del finanziamento al Comune. Il ministero, secondo l’associazione ItaliaStatodiDiritto, «ha improvvisamente attribuito a comportamenti del Comune che ben conosceva da tempo una portata impeditiva della prosecuzione del progetto, con una contraddittoria e destabilizzante inversione di rotta rispetto al passato».

Secondo il Tar il ricorso del Comune era fondato perché «la decurtazione del punteggio è avvenuta senza il rispetto delle forme e condizioni stabilite dall’articolo 27, comma 2, Dm 10 agosto 2016 in ordine alla previa diffida, e la conseguenziale revoca dei contributi è stata disposta sulla base di rilievi concernenti essenzialmente il progetto attuato nel triennio 2014/2016, in palese contraddizione con la circostanza che nel dicembre 2016, in presenza dei medesimi rilievi, quello stesso progetto era stato autorizzato dall’amministrazione alla prosecuzione».

Riace va al voto il 26 maggio. Mimmo Lucano, il sindaco sospeso del borgo dell’accoglienza, rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta “Xenia” sulla gestione dei migranti, è candidato consigliere con Maria Spanò: l’ex assessore ai Lavori pubblici del Comune si presenta come sindaco. È indagata anche lei per falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative.

«Sono contento - ha commentato Mimmo Lucano, sindaco di Riace - , ero fiducioso perché ho capito che stavano facendo una forzatura, anche dal
punto di vista amministrativo. Era tutto prestabilito perché bisognava raggiungere l’obiettivo di azzerare Riace e allora è stato come un tiro incrociato da diversi punti di vista. È una notizia positiva ma comunque hanno distrutto Riace». Adesso il Comune rientrerà nello Sprar, «ma col decreto sicurezza 1 e anche con il 2 sono tutti gli Sprar ad essere a rischio», sottolinea Lucano.

I migranti che erano stati accolti a Riace intanto sono stati tutti trasferiti.
«Adesso il Tar dice che abbiamo ragione - aggiunge Lucano - ma intanto lo Sprar di Riace è stato azzerato. Riace non era uno Sprar, era un progetto di comunità,
era tutta una comunità dove c’erano attività, integrazione. C’è stato un valore sociale e culturale, l’asilo nido, l’ambulatorio medico, gli immigrati erano protagonisti sul territorio con la raccolta differenziata, il turismo solidale, le attività culturali. In un periodo in cui l’equazione è “immigrazione uguale dramma sociale”, Riace aveva dimostrato concretamente il contrario».


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