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Ciancio, Dda: linea editoriale per celare le imprese dei boss

Mario Ciancio Sanfilippo (Fotogramma)

2' di lettura

Mario Ciancio Sanfilippo ha imposto «la linea editoriale della testata giornalistica con più lettori in Sicilia Orientale improntata alla finalità di mantenere nell'ombra i rapporti tra la famiglia mafiosa e le imprese direttamente o per interposta persona controllate dalla medesima». Così la Dda catanese spiega il sequestro e la confisca dei beni dell'imprenditore catanese. «Il giudice ha accertato la pericolosità sociale qualificata da parte di Mario Ciancio Sanfilippo fondata sulla verifica del fatto che vi é stato un apporto costante e di rilievo nei confronti di Cosa nostra», ha detto il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro parlando del sequestro dei beni per almeno 150 milioni di euro dell'imprenditore ed editore Mario Ciancio Sanfilippo.

Rapporti con esponenti di vertice di Cosa Nostra dagli anni Settanta
«Vi sono gravi indizi», ha detto la procura catanese, che indicano che Ciancio Sanfilippo ha dato un rilevante contributo «al raggiungimento delle finalità perseguite dalla famiglia catanese di Cosa Nostra dagli anni Settanta dello scorso secolo sino al 2013». Ciancio secondo la Dda ha intrattenuto «rapporti sinallagmatici con gli esponenti di vertice della famiglia catanese di Cosa Nostra sin da quando la stessa era diretta da Giuseppe Calderone, rapporti poi proseguiti ed anzi ulteriormente intensificati con l'avvento al potere di Benedetto Santapaola alla fine degli anni Settanta del secolo scorso ed al ruolo di canale di comunicazione svolto dallo stesso Ciancio per consentire ai vertici della predetta famiglia mafiosa di venire a contatto con esponenti anche autorevoli delle Istituzioni».

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Ha agito nell’interesse proprio e di Cosa nostra
«Il Tribunale, letti i documenti e ascoltate le argomentazioni del pm e della difesa, ha ritenuto che Mario Ciancio Sanfilippo sin dall'avvio della sua attività, nei primi anni '70, e fino al 2013 abbia agito, imprenditorialmente, nell'interesse proprio e nell'interesse di Cosa nostra e che in ragione di ciò il suo patrimonio si sia implementato illecitamente, giovandosi anche di finanziamenti occulti e che anche il predetto sodalizio mafioso si sia rafforzato grazie ai fortunati investimenti realizzati per il tramite del Ciancio», ha detto il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. «L'età avanzata e il tempo risalente degli ultimi accertamenti (2013) hanno indotto il Tribunale - ha detto ancora - a escludere l'attualità della pericolosità sociale, ma tale conclusione, per disposto di legge, non consente al soggetto ritenuto pericoloso di continuare a detenere il patrimonio acquisito in ragione delle illecite cointeressenze, sicché il Tribunale ne ha disposto la confisca».

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